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Il Sudafrica e la lotta di classe

 
Per ciò che rappresentano obiettivamente, ma anche per il peso simbolico e politico che acquistano in un paese segnato storicamente dalla violenza dell’apartheid. La violenza intervenuta, e specialmente l’azione della polizia, non possono meritare che la viva condanna delle forze che come il Partito Comunista Portoghese sono solidali con la lotta dei lavoratori, con la difesa dei loro diritti e che da sempre sono schierate a fianco di quel popolo contro l’oppressione sociale e razziale e per la realizzazione e l’approfondimento della rivoluzione democratica e nazionale iniziata con la sconfitta dell’apartheid.
Ma questa indiscutibile condanna e l’espressione della solidarietà ai lavoratori della milionaria industria di estrazione mineraria non deve, e non può, ignorare le ragioni di fondo di questi avvenimenti e l’evoluzione della situazione politica nell’Africa del Sud e delle sue forze sociali e politiche.
 
A due decenni dalla vittoria del popolo sudafricano e dell’ANC, la ragione di fondo di tali avvenimenti risiede nel mantenimento di una situazione che, in molteplici aspetti, può essere caratterizzata come di “apartheid sociale”. Nonostante le evoluzioni positive persistono gravi problemi ereditati dal sistema di segregazione razziale, come la disoccupazione (che in senso stretto colpisce circa il 25% della popolazione, e in senso lato circa il 40%); la povertà; l’alto tasso di impiego nella cosiddetta “economia informale” (circa il 40% degli impieghi) e, prima di tutto, l’immensa disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza e della terra, che continua ad avere una fortissima componente razziale.
 
Le politiche definite dall’ANC per correggere le asimmetrie nella distribuzione della ricchezza, dei posti di lavoro e della terra e nella partecipazione all’attività economica, nonostante le buone intenzioni, non hanno risolto l’essenziale di questi problemi, e uno dei caratteri dell’evoluzione dal 1994 è rappresentato dall’emergere di una nuova grande borghesia nera, che in molti casi assume il ruolo di “faccia visibile” dei grandi gruppi economici delle potenze coloniali, che esercita influenza nell’apparato dello stato sudafricano e che, soprattutto nell’era “Mbeki”, ha guadagnato peso nell’ANC introducendo contraddizioni nel suo seno e in seno a uno dei pilastri fondamentali dell’alleanza tripartita: il potente COSATU, la centrale sindacale di classe a cui il NUM, il sindacato dei minatori è affiliato, e il cui congresso nel prossimo mese precederà il congresso dell’ANC di dicembre, in cui si discuterà dell’attuale politica e direzione dell’ANC capeggiata da Jacob Zuma, che per vari aspetti ha rotto, seppur non sostanzialmente, con le politiche perseguite fino al 2009.
 
E’ alla luce della complessa ed esplosiva situazione sociale sudafricana; delle contraddizioni e dei processi di chiarificazione in corso in seno all’ANC e allo stesso COSATU; della frustrazione di strati operai della popolazione nera sudafricana in rapporto all’ANC; dell’azione delle multinazionali dell’industria mineraria che, cercando di minare gli accordi di contrattazione collettiva, istigano divisioni nel movimento operaio e finanziano sindacati populisti come l’AMCU (che alcuni sostengono avere matrice tribale e che già varie volte sono stati accusati di fomentare violenza tra i lavoratori), che si deve leggere gli avvenimenti di Marikana. Avvenimenti, che pur avendo una base reale di frustrazione e di rivolta di lavoratori super-sfruttati, consigliano di guardare a ipotesi di strumentalizzazione delle contraddizioni sociali e politiche per dare spazio al populismo e “spezzare la schiena” all’alleanza tripartita colpendo  il COSATU, una strategia importante per chi vorrebbe mettere in discussione o condizionare gli sviluppi in seno all’ANC. Avvenimenti che dimostrano una volta di più il ruolo centrale della classe operaia nell’evoluzione delle società e della politica e che consigliano di non dimenticare l’azione dell’imperialismo che, come la storia recente della Zimbabwe dimostra, ha sempre tentato di creare e trarre partito dalle difficoltà e dagli errori per far tornare indietro la storia della decolonizzazione africana.

* da “Avante”, settimanale del Partito Comunista Portoghese
 
Traduzione a cura di Marx21.it

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