“Bella manifestazione, rimane il problema del che fare?”
di Claudia Cernigoi (Trieste)
scrivo queste righe a poche ore di distanza dalla manifestazione di ieri, dopo essermi ricaricata un po’ (non ho più vent’anni e nemmeno cinquanta…)
Intervento polemico nei confronti di tutti i giornalisti che si indignano parlando di censure possibili o minacciate dagli organi del potere, ma non si tirano indietro dal censurare loro le notizie, quando non piacciono (e, guarda caso, non piacciono di solito quando sono contrarie al potere costituito).
Ieri c’erano in piazza a Roma decine di migliaia di persone (forse non le 150.000 di Cremaschi, ma comunque tantissime), e come hanno reagito gli organi di informazione? tralasciando il fatto che i quotidiani del gruppo Espresso non sono usciti per lo sciopero, ed il Fatto quotidiano che ha fatto un servizio decente, navigando qua e là sui notiziari in rete e spulciando qualche quotidiano, posso dire questo.
la notizia relegata in trafiletti nelle pagine interne, grande risalto alla possibile “pericolosità” dei manifestanti (erano attesi, diceva La7, “centri sociali” e “movimento Notav”, brutti cattivi e pericolosi, ma che la manifestazione fosse indetta da sindacati, sia pure di base, nulla) e poi alle uova lanciate contro i muri, le scritte un (dicasi uno di numero) cassonetto bruciato, uno spezzone che ha proseguito dopo la fine del corteo innescando un tentativo di scontri (che non sembra siano avvenuti). Il Gazzettino di Venezia ha citato, unico tra centinaia di messaggi, il cartello di un toscano che diceva “Monti illuminaci, datte foo” (naturalmente tradotto in “datti fuoco”.
Delle decine di migliaia di altri contenuti, nulla.
Non una parola sugli striscioni delle federazioni USB di tutta Italia, a partire da quello dell’Ilva di Taranto che recitava “vogliamo morire di salute”, sulle parole d’ordine per i diritti dei lavoratori, degli studenti, dei cittadini, per la difesa dell’ambiente, per una vita migliore, tanto per dirla in due parole, una vita migliore alla quale possiamo pretendere anche di avere diritto in questi tempi di progresso, in cui, stando a quanto dicono i nostri governanti, viviamo.
Peccato che secondo loro il progresso si misura in colate di cemento e non in assistenza sanitaria, gli investimenti non nella cultura ma nell’edilizia selvaggia, nei rigassificatori e non nel risparmio energetico, e pazienza se in questo progetto di progresso chi ci sguazzerà sicuramente (come sguazza da decenni) sarà ancora una volta la criminalità organizzata, nelle spese militari e non nell’assistenza sociale e nella creazione di posti di lavoro eco e socio compatibili.
Perciò chi parla contro va criminalizzato, e se non riescono le infiltrazioni e le provocazioni e si arriva a centomila persone che sfilano ordinatamente nella capitale, allora bisogna zittire, censurare, minimizzare, non parlare.
Che il regime (sì, regime, perché questo governo non è stato deciso da libere elezioni) si comporti in questo modo, non mi fa particolare specie, è il suo compito istituzionale censurare l’opposizione.
Che gli organi di stampa si appiattiscano a tal punto ad un regime che taglia anche i finanziamenti a loro, è cosa che invece può ancora indignarmi, non solo come cittadina e militante, ma anche come appartenente alla categoria giornalistica, alla quale ho scelto di appartenere più di trent’anni fa, appena finito il liceo, perché ritenevo necessario produrre informazione e non propaganda, permettere alla gente di conoscere i fatti andando oltre le censure del potere, perché solo in tale modo si poteva creare un’opinione pubblica in grado di decidere a chi affidare il governo del Paese.
L’utopismo di chi era cresciuto negli anni 70 con il modello del giornalismo d’inchiesta USA (ricordate il Watergate?), ed anche italiano, basti pensare ai “pistaroli” come Nozza, ed a coloro che diedero corpo alla controinchiesta sulla “Strage di stato”.
Una cultura che si è persa, oggi l’informazione (quella vera, non la propaganda) si ha solo grazie al volontariato di chi vive gli avvenimenti e ne parla sulla rete, ma purtroppo raggiunge poco più che non gli addetti ai lavori.
Così non possiamo stupirci se abbiamo la classe politica che abbiamo, se la maggior parte della popolazione accetta supinamente quello che la classe politica gli impone, perché tanto non c’è alternativa.
Chiusura dubbiosa: una bella manifestazione, tanta gente, tanti messaggi, mi sono trovata bene e sono sempre ottimista, ma rimane il problema del che fare, e soprattutto come farlo, perché alla fine eravamo in tanti, ma pochi rispetto al totale della popolazione attiva, perché i sindacati che contano non sono quelli che erano in piazza, ed i lavoratori seguono i sindacati che contano, non le avanguardie, anche se magari sarebbero d’accordo con loro, stesso discorso per i partiti, ammirevole il fatto che Comunisti italiani e Federazione della sinistra siano stati presenti nonostante la dissociazione dell’ultimo momento del Pdci che ha coinvolto la Federazione in toto, ma rimane il problema di cosa sarà della Federazione nel prossimo futuro elettorale.
Rilevo la completa assenza dei “grillini”, per valutare il loro ruolo rispetto alla politica del governo in carica. Movimento vintage, ci ha definiti la Repubblica: peccato che il vintage si riferisca al periodo migliore dell’Italia, quello delle conquiste sociali e dei diritti, quelli che il “moderno” governo Monti ha ormai completamente cancellato, in nome di un “rigore” che colpisce solo le fasce più deboli.
Aspettando con trepidazione il risultato delle elezioni siciliane
Claudia Cernigoi, che come nome di battaglia da oggi si chiamerà Vintage
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Nel “No Monti Day” il nostro spartiacque politico
di Patrizia Turchi (Savona)
La manifestazione del 27 ottobre 2012 deve rappresentare finalmente lo spartiacque che chiarisce le posizioni politiche dei soggetti partitici e dei movimenti che fanno riferimento alla sinistra alternativa, antagonista e comunista che è all’opposizione sociale e politica di questo governo, e dei partiti che lo sostengono.
La premessa è e rimane quella lanciata dal nostro appello http://sinistrainparlamento.blogspot.it/2012/10/perche-la-sinistra-dalternativa-ritorni_8.html e le motivazioni restano, ben salde, quelle che abbiamo indicato: http://sinistrainparlamento.blogspot.it/2012/10/autonomia-sinistra-una-spiegazione_8.html, http://sinistrainparlamento.blogspot.it/2012/10/pragmatismo-e-autonomia-di-pensiero.html.
Se è pur vero che vi sono delle incognite all’orizzonte che incombono come la legge elettorale, ve ne sono altre delle quali non dobbiamo farci carico e neppure rappresentare una variabile (esito delle primarie, esiti giudiziari, ecc).
Se siamo convinti che debba essere tempo di un sano pragmatismo, non possiamo però prescindere dalla definizione che sta avvenendo in queste settimane in termini di collocazione o meglio di “annidamento” che alcuni soggetti politici hanno realizzato: parliamo qui dell’accorato appello di Salvi e Patta per “colloquiare” col PD, della presa di posizione del PdCI rispetto alle Primarie del centrosinistra e alla assenza conseguente al No Monti day. Così come non possiamo sottacere la diaspora -ancora sotto traccia ma già visibile- in SEL.
Il giorno 3 novembre si svolgerà l’assemblea nazionale della federazione della sinistra, ed è opportuno che anche in quella sede sia dato atto che quell’esperienza, nata dalle ceneri della Sinistra Arcobaleno, è fallita miserevolmente, a cominciare dagli esiti elettorali successivi ma soprattutto dalla incapacità a dare un segno vero di opposizione e quindi di riconoscibilità e identità (salvo due soli e sparuti episodi) alle logiche maggioritarie e alle politiche neo-liberiste degli alleati in sede locale. Incapacità, o meglio confusione di obbiettivi e di strategia -troppo spesso camuffata da tattica, che non poteva non riverberarsi nel momento cruciale: quello cioè rappresentato dalle elezioni politiche del 2013.
E gli “annidamenti”, le diaspore, gli approcci triangolari a cui si accennava prima scoperchiano definitivamente i nodi dolenti.
Si volti pagina dunque, senza tentennamenti o impervie quanto inopportune proposte referendarie.
La massima unità d’azione e di piazza deve concretizzarsi in una azione comune di lotta, che deve poter trovare spazi e modi anche di rappresentanza politica, senza cedimenti né perdita d’identità.
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Riflessioni sul NO Monti Day
Una valutazione critica da Infoaut
1.Una prima considerazione che viene da fare a caldo, dopo il corteo di ieri, è senz’altro data dall’analisi della composizione della piazza. Comunisti di ogni tipo, partitini e sindacati, venivano osservati come fossero alieni da centinaia di persone che erano scese in piazza con l’unica intenzione di dimostrare che effettivamente c’è un’opposizione sociale in questo paese al governo Monti. Chi però era sceso in piazza con questa intenzione, non ha potuto far altro che limitarsi ad osservare dal marciapiede sfilare il corteo: non era una piazza inclusiva. Seppure la piattaforma che lanciava il corteo era molto ampia e neutra (forse troppo!) e permetteva a chiunque di declinarla nella maniera che più gli apparteneva, partecipare al corteo risultava difficile per chiunque non si fosse portato una bandiera rossa da casa.. Nonostante questo, è innegabile che la data era ben calata: c’è voglia di mobilitarsi, di mandare a casa tutta questa classe dirigente.
2. Altra annotazione è quanto valore possa avere qui ed ora soffermarsi nel dire ‘No Monti’, slogan che risulta quantomeno parziale. Da una parte vediamo come il leit-motiv del premier sia ‘ce lo chiede l’europa’: lui stesso si pone quindi come uno strumento delle politiche dell’Unione Europea, deresponsabilizzandosi. In questa situazione dunque, come può lo slogan ‘no monti’ racchiudere una critica complessiva alla gestione dell’europa? D’altra parte, invece, vediamo come sia pericoloso individuare in una sola persona la propria controparte; difatti il NoBDay a cosa a portato se non al fatto che un intero paese, mentre festeggiava la caduta di Berlusconi, accettava in silenzio il commissariamento del proprio governo? Bisognerebbe dare delle indicazioni politiche, indicare una direzione.
3.Lo spezzone degli studenti è stato l’unico spezzone vivo all’interno del corteo, che ha provato a fare un passo in avanti, trovando l’assemblea conclusiva a San Giovanni quantomeno insufficiente. Si è provato quindi a cercare di osare un po’ di più, sentendo sulle proprie spalle tutta la responsabilità di interpretare il sentimento, di chi fino a quel momento, si era ritrovato ad essere solo spettatore del corteo. La gestione delle forze dell’ordine della piazza è stata forse prevedibile ma sicuramente indicativa. Non un poliziotto, finanziere o vigile urbano si è parato di fronte allo spezzone che ha raggiunto la tangenziale, mentre tutte le strade laterali sia del corteo autorizzato che del corteo improvvisato dagli studenti erano bloccate con ingenti schieramenti di forze dell’ordine. Il tentativo che è stato fatto sembra essere quello di pacificare il corteo, non reprimendolo –perché sia mai che Monti si svesta della sua maschera di tutore della democrazia!- ma piuttosto rendendolo inefficace, canalizzandolo in un percorso già praticato; non lasciando aperto nessuno spazio politico in più se non la mera difesa di ciò che già è stato conquistato. La sfida per le prossime date di mobilitazione è capire come renderle efficaci e quindi come rompere questo meccanismo.
4. Seppure siamo tornati a casa con un po’ di amaro in bocca abbiamo verificato nella composizione e nella partecipazione al corteo che ci sono ampi margini per il movimento in questo paese. A tal riguardo la suggestione che ci viene dal resto dei paesi Pigs nel mobilitarsi il 14 novembre, è senz’altro interessante. Nel nostro paese questa giornata si somma allo sciopero della Fiom del 16. Facendo tesoro dei limiti evidenziati nel NoMontiDay, cerchiamo un modo per superarli praticamente e –perché no?!- facciamolo partendo da queste non lontane giornate di mobilitazione di metà Novembre.
Nota della redazione: valutazioni legittime quelle di Infoaut, purtroppo somigliano un pò troppo a quelle de “Il manifesto” verso la manifestazione della Federazione della Sinistra del 12 maggio scorso. Ma le due manifestazioni erano e sono molte diverse, anche a colpo d’occhio. Tante bandiere con la falce e martello da quando in qua sono diventate un disvalore? Oltre a queste ce n’erano anche tante altre e moltissimi striscioni di realtà di lotta. Separati fino ad oggi non sono andati troppo lontano (come del resto dimostrano tutte le manifestazioni nei paesi Pigs), insieme possono costruire un percorso interessante per il conflitto politico e sociale nel nostro paese coordinato con quello degli altri paesi. L’importante è non perdersi di vista e portare il confronto del merito. Il vero limite è quello di passare da una scadenza a un’altra senza mai sedimentare qualcosa di solido in mezzo. La Val di Susa resta ancora una eccezione, ma è appunto, una eccezione. Buon lavoro a tutte a tutti.
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No Monti Day e elezioni siciliane. Nove sfide prima che la sinistra torni all’Ottocento
videointervento di Jacopo Venier (direttore di Libera Tv)
http://www.libera.tv/videos/3692/no-monti-ed-elezioni-siciliane-nuove-sfide-per-la-sinistra-prima-che-torni-lottocento—di-jacopo-venier.html
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