* Commissione Internazionale Rete dei Comunisti
Le impressionanti e guerrafondaie, in senso non solo socio-economico, pressioni della Troika (FMI, UE e BCE) sul governo di Cipro cominciano a farsi sentirepesantemente su tutti i lavoratori, tanto più che al momento Limassol non ha ricevuto l’appoggio richiesto alle massime autorità governative e economiche russe, che pur masticando amaro sembrano voler evitare lo scontro con l’UE per difendere i depositi russi presso le banche cipriote. Ma non sono i depositi russi l’origine della crisi, la messa in mora del sistema bancario cipriota, piuttosto discende dai piani di ristrutturazione del debito greco disegnati dall’UE e dal FMI che sono costati alle banche di Cipro una riduzione del valore dei titoli pari 6 miliardi di euro a fronte di un PIL di 17miliardi.
Secondo i disegni dei tecnocrati dell’Eurotower e del Fondo Monetario la concessione del “prestito” di 10 miliardi di euro al Governo di Nicosia, passa per l’accettazione dei piani di ristrutturazione che prevedono oltre il ben noto recupero di 5,8 miliardi di euro dai conti correnti bancari, le privatizzazioni di importanti settori , la supervisione e la ristrutturazione del sistema bancario e il monitoraggio sulla politica economica. La stessa Troika contesta a Cipro di essere un paradiso fiscale, ma in egual modo la Triade evita dimettere in discussione paesi Off Shore come Malta ed il Lussemburgo, dove industriali e finanzieri dell’Europa del nord mettono al sicuro i propri capitali. A questa anomalia si aggiunge la scelta da parte della BCE e dell’UE di ignorare la clausola di salvaguardia, decisa a Bruxelles, sui depositi fino a 100mila euro, in questo caso saranno quindi dei liberisti convinti a violare la proprietà privata. E’ il riflesso della competizione e della lotta senza esclusione di colpi che avviene nel seno stesso della borghesia e che questa crisi sistemica tende ad accentuare e a portare a galla. Un concetto stigmatizzato dal Ministro delle Finanze Tedesco Wolfang Schuable :” chi deposita soldi in un paradiso fiscale deve sapere che corre dei rischi”.Dopo il quinto “salvataggio” appare quindi sempre più evidente che le ricette della Troika mirano tra le altre cose a stabilire una gerarchia ed una selezione all’interno dell’Unione Europea e in alternativa ai suoi margini.
Le aperture alle richieste di Bruxelles e Francoforte, come le scelte del Governo del Presidente Anastasiedes, dovranno essere ratificate dal parlamento e sopratutto dovranno confrontarsi con le proteste popolari . I ciprioti conoscono bene gli effetti dei piani di aggiustamento imposti dalla Troika alla vicina Grecia, e con buona probabilità il forte radicamento sociale di Akel e del sindacalismo di classe, consentiranno al popolo cipriota di esprime un ruolo all’interno di questa crisi economica e politica. Sarà importante seguire con attenzione gli sviluppi della crisi cipriota che è tutta interna agli sviluppi del conflitto di classe nell’Europa Mediterranea.
La crisi sistemica capitalista rappresenta l’occasione per i settori dominanti della borghesia europea di accaparrarsi fette importanti di mercato, quote di aziende e imponendo oltre alla politica economica e valutaria anche una nuova e più agguerrita e competitiva divisione del lavoro all’interno della stessa Unione Europea con salari fortemente diversificati. Questo processo, tutt’altro che indolore, non può che accentuare le divaricazioni all’interno tra “nord e sud” determinando una diversa percezione di se all’interno della classe lavoratrice europea, ad esempio tra quella legata alla locomotiva tedesca e quella dei PIIGS.
Di fronte alle politiche di aggiustamento proposte dalla Troika e alla improbabile, perché non compatibile con le forme e modalità dell’attuale competizione globale, gestione della crisi con ricette keynesiane, pensiamo che la crisi profonda del capitalismo offra invece l’occasione alle forze di classe per una critica spietata e per avanzare le nostre proposte.
Pensiamo che sia possibile rivendicare l’uscita dall’euro e che questa possa essere una battaglia di classe comune dei movimenti sociali e delle organizzazioni sindacali di classe in primo luogo dei paesi della periferia europea. Ma a questa rivendicazione di per sé insufficiente, va legata al progetto rivoluzionario per la costruzione di una area economica, solidale ed integrata dell’Europa Mediterranea sganciata dall’Unione Europea, un area che nei nostri documenti, libri e articoli abbiamo definito ALIAS (Area di Libero Interscambio Alternativo e Solidale) , dotata di una propria autonoma moneta di area , almeno all’inizio di carattere compensatorio, che si accompagni però immediatamente alla nazionalizzazione del sistema bancario e dei settori strategici dell’economia. Crediamo, pertanto,che l’esempio dei paesi dell’ALBA , che in America Latina hanno rotto con le politiche del FMI e dell’imperialismo USA sviluppando rotture rivoluzionarie in chiave antimperialista e di reale transizione al socialismo ,offra delle valide indicazioni.
Una simile proposta può prendere corpo solo grazie alla ripresa del protagonismo nelle lotte dei lavoratori dell’Area Mediterranea, una sorta di ALBA Mediterranea, mettendo in relazione le lotte ai processi di riorganizzazione politica e di accumulo di forze della classe, dei paesi mediterranei dell’Africa ed Europa. A ben guardare è stato proprio grazie ad un lavoro di lunga lena che i movimenti sociali e politici della Bolivia, del Venezuela o dell’Ecuador sono riusciti,nel tempo, a esprimere un egemonia intorno all’idea di uno sviluppo equo e solidale e complementare a compatibilità socio-ambientale ,fuori dalle infami leggi del profitto , tale da ricomporre e portare a sintesi le aspirazioni di un blocco sociale più ampio deciso e organizzato , capace di farsi governo di democrazia popolare partecipata che marci sul terreno della transizione del socialismo nel e per il XXI secolo.
La crisi di Cipro è la conferma dell’inadeguatezza e della sconfitta sociale del progetto dell’Unione Europea, oggi più che mai la sinistra di classe dell’Europa Mediterranea, quella che coincide con i PIIGS e dell’Africa Mediterranea, è chiamata, non solo a sostenere le lotte contro il pagamento del debito e contro i piani di aggiustamento imposti dalla Troika, ma è chiamata a dirigere un processo per un cambio rivoluzionario capace di fare i conti con la costruzione di un progetto alternativo e antitetico a quello del polo imperialista europeo, ossia indicando un uscita di classe e anticapitalistae socialista dalla crisi sistemica.
Di seguito ci fa molto piacere presentare un articolo dell’economista e compagnogrecoLeonidas Vatikiotis, uscito all’inizio dell’attacco della BCE nei confronti dell’economia cipriota.
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Cipro ha possibilità solo fuori dall’euro.
Leonidas Vatikiotis– Atene
La decisione del parlamento cipriota di rifiutare il riscatto imposto dall’Eurogruppo è una grande vittoria per gli europei che stanno lottando contro il quarto Reich tedesco e il suo programma neoliberale. La piccola isola ha dato una lezione di lotta contro le parole d’ordine tedesche. La soluzione dell’Eurogruppo presupponeva un castigo collettivo contro i ciprioti che non hanno avuto responsabilità nei rischiosi investimenti delle loro banche. Al contrario, la responsabilità del fallimento delle banche cipriote è della UE e del Fondo Monetario Internazionale che hanno disegnato il piano di ristrutturazione del debito greco a marzo del 2012.
I leaders europei sapevano che le vittime di questo piano non sarebbero state solo le banche greche, il sistema pensionistico o le imprese pubbliche di fornitura, in quanto colpiva molto le banche cipriote per la loro alta esposizione al debito ellenico. La banca di Cipro era in una situazione molto instabile e l’effetto domino era prevedibile.
L’Eurogruppo invece di scusarsi con i cittadini di Cipro per la sua catastrofica storia (segnata dall’invasione turca del 1974) ha iniziato una campagna di stigmatizzazione dei ciprioti per preparare la strada a passare il conto del riscatto.
Nella fase precedente al riscatto, la stampa tedesca ha ripetutamente scritto sulla mancanza di volontà dei contribuenti europei di riscattare gli oligarchi russi, nascondendo che il riscatto non si è reso necessario per l’esistenza di crediti dubbi nella banca del paese (come nei casi di Irlanda o Stati Uniti), ma a causa dell’impatto della ristrutturazione del debito greco.
L’obiettivo finale dei tedeschi è condurre Cipro alla povertà, grazie alla deviazione dei depositi dalle banche cipriote verso altri paradisi fiscali che circondano la Germania, come il Lussemburgo. È più che risaputo che Cipro è anche una destinazione preferenziale per il lavaggio del denaro, però opera sotto la stretta supervisione della Germania. In questo senso, violando il sacro principio della protezione dei depositi sotto i 100.000 euro, Berlino ha inviato un messaggio alle elites economiche europee: “Solo i tedeschi possono decidere sulla diplomazia economica”.
La maggiore incognita sta in quello che succederà il giorno dopo. Ora il danno a Cipro è irreversibile. Il mondo finanziario capisce che ora non può più credere nei leader politici ciprioti. L’unica alternativa per Cipro, se vuole mantenere la sua attuale posizione, è uscire dalla zona dell’euro, tornare alla sua moneta (la lira) e concludere un accordo strategico con la Russia per poter operare come controparte economica e mantenere così vivi i suoi interessi.
Però, prima di tutto, Cipro deve continuare la sua politica di togliere la Troika dall’isola, definendole “persone non gradite” e cancellando le misure di austerità che sono state imposte ai cittadini negli ultimi anni. Cipro deve seguire la strada segnata dall’Islanda, rifiutando il suo piano di riscatto finanziario. La banca deve essere nazionalizzata e il debito pubblico non deve essere pagato.
Chissà se dopo tutto il rifiuto del parlamento cipriota non sia un buon inizio per i cittadini europei…
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