Questo movimento è una delle espressioni più avanzate del conflitto di classe che oggi in Italia ed Europa, come tale và quindi analizzato e sostenuto ben oltre la concezione angusta di chi lo riduce a mera cronaca sindacale o a semplice vertenzialismo giudiziario sul lavoro.
Nel quadro della scarsa conflittualità sociale che si registra in Italia, nonostante la gravità della crisi che colpisce le masse, alcune lotte sviluppano contenuti qualitativi molto avanzati che anticipano tendenze e forme nuove per la ricomposizione dell’antagonismo di classe e di massa.
La “logistica”, insieme ad Ilva di Taranto, al San Raffaele, al No Tav Val di Susa, al No Muos di Niscemi, al movimento per la casa, sono, tra le poche e circoscritte realtà di conflitto, le punte più qualificanti contro il nuovo modello imperialista euro atlantico in Italia.
In questi conflitti, si misura anche il grado effettivo di radicamento sociale e di credibilità chiunque si proponga come avanguardia del movimento di classe, questi soggetti politici dovranno prendere coscienza che il loro appello generale potrà concretizzarsi, come strumento di egemonia, soltanto se sarà fondato su esperienze reali di direzione di classe e sull’unità tra teoria e prassi.
Entrando con l’analisi nello specifico del settore della “Logistica”, emerge come fatto significativo come questa branca dell’economia industriale sia oggi una componente produttiva non delocalizzabile, infatti, lo stoccaggio e la grande distribuzione sono indispensabili per tutte le merci prodotte altrove e quindi sono fattori di cui il capitale non potrà mai fare a meno sia nel territorio italiano che europeo.
In questo contesto anche la Tav va inquadrata pertanto, come parte integrante del vasto sistema della “logistica”, nella riorganizzazione economico produttiva che sta trasformando il nord Italia di fatto in un gigantesco “magazzino” per tutta l’Europa…
Da un documento della Rete di sostegno e del Coordinamento delle lotte (aprile 2013) “Le cooperative di lavoro, nuova forma di sfruttamento dei lavoratori”:
“In questo quadro non possiamo dimenticare l’evidente disegno politico-economico di trasformare il nord Italia e in particolare anche il nostro territorio in un immenso polo logistico per le merci di tutta Europa, ponendo fine alla Lombardia produttiva “locomotiva” dello sviluppo italiano per lasciare il posto alla nuova Lombardia “autostrada d’Europa”, prospettando quindi a noi e ai nostri figli un futuro in un magazzino lavorando per qualche cooperativa. A questo si aggiunge la devastazione ambientale che è legata a questo progetto, e ai profitti dei grandi costruttori, che già subisce e che continuerà a subire il nostro territorio, dalla TEM alla Pedemonatana al TAV in Val Susa: tutte queste opere fortemente contestate dalla cittadinanza che vive su quei territori sono funzionali a questo progetto di valorizzazione del grande capitale italiano ed europeo.”
Il quadro di riferimento generale, politico, economico e sociale diventa “l’Europa a due velocità”, il nuovo vero modello di divisione del lavoro neocorporativo tra Europa “Carolingia” ed Europa “mediterranea”, in cui i confini non saranno riducibili soltanto alla carta geografica, ma che attraverso la selezione dei flussi migratori verranno costituite vere e proprie “isole” di sfruttamento intensivo interne alle periferie metropolitane del centro continentale. Il “Quarto Reich” come versione aggiornata ed attualizzata del progetto hitleriano in cui “i popoli inferiori debbono essere asserviti alla razza dei Signori” ovvero “l’esercito di riserva della forza lavoro” da “selezionare” e/o…. da “eliminare” a seconda delle necessità delle classi dominanti e di quelle cooptate e coinvolte.
Sta prendendo forma, con la concentrazione dei capitali generata dalla crisi sistemica del capitale, un vero e proprio nuovo Taylorismo transnazionale attraverso il quale, per arginare “la caduta del saggio di profitto globale”, si aggiunge al “plusvalore” estorto nelle “fabbriche del mondo”, anche il nuovo “plusvalore metropolitano” da estorcere alla forza lavoro del centro imperialista.
Crescono la forme nuove dello sfruttamento del lavoro salariato e di estorsione di “pluslavoro non pagato” “ (“plusvalore” assoluto e relativo”) esteso a tutto il territorio urbano ed alle periferie delle regioni del nord Italia, con la formazione di un nuovo proletariato, precarizzato e prevalentemente immigrato, adibito al facchinaggio, carico e scarico, servizi ausiliari, stoccaggio e distribuzione, supporto “logistico” indispensabile nello smistamento delle merci di diversa provenienza internazionale via terra o via mare.
Le dimensioni economico finanziarie del settore della “logistica”, fonte di nuovi giganteschi profitti, sono ormai tali da essere sempre più oggetto di concentrazione nelle mani di potenti multinazionali. Questi grandi gruppi monopolistici, una volta assunto il controllo incontrastato di questo settore, si avvalgono a loro volta, di variegate filiere di appalti e subappalti che, per comprimere al minimo il costo del lavoro, mettono in atto una complessa operazione in cui i confini tra economia legale ed illegale scompaiono in una vasta e nebulosa “area sommersa”.
In un simile contesto è pertanto anche inevitabile, nel contempo, la formazione anche nello smistamento e nel trasporto delle merci, di un nuovo caporalato (Cooperative di comodo, padroncini, intermediari, committenti fittizi, prestanome..), ed è altrettanto inevitabile che insieme ad esso cresca e si affianchi anche una “nuova aristocrazia salariata” (Capetti, magazzinieri, guardiani e camionisti incentivati con straordinari massicci, “fuoribusta” ed agevolazioni varie), questa area di lavoratori “relativamente privilegiata e garantita” è spesso di conseguenza più disponibile al crumiraggio sistematico ed anche al “controllo gerarchico” sui lavoratori subalterni addetti al “facchinaggio”, sulla manovalanza generica, sul precariato avventizio. Inoltre, connesso a questo dispositivo di controllo, si mamnifesta anche il crumiraggio organizzato dalla Cgil in alcuni centri di smistamento Coop.
Ma ciò che conta veramente comunque, come aspetto “principale” alla radice di questo fenomeno economico sociale in crescita nel cuore delle“metropoli imperialiste europee”, è che siamo di fronte ad un nuovo settore del proletariato che tende alla “ricomposizione della classe” determinando le condizioni per “nuovi rapporti di forza tra le classi”. IL capitale globalizzato produce ancora inevitabilmente una nuova generazione dei “suoi propri becchini”.
Con il conflitto sono fra l’altro emerse molteplici forme creative di unità, collegamento e passaparola tra gruppi di lavoratori immigrati di diverse nazionalità di origine.
Da un documento del Csa Vittoria del 6 aprile2013
“Il superamento divisioni etniche la lotta all’interno dei magazzini, cominciata alcuni anni fa e che dopo la prima vittoria alla Bennet di Origgio, per cui decine di compagni e compagne sono ora sotto processo, ha saputo allargarsi creando solidarietà. Una solidarietà attiva e militante che ha portato ogni volta centinaia di lavoratori e compagni a sostenere gli scioperi di altri magazzini, superando paure e razzismo. L’autorganizzazione dei lavoratori, attraverso gli scioperi è riuscita in molte occasioni a piegare cooperative e padroni, nonostante le denunce e le durissime cariche davanti a i cancelli e la viscida collaborazione dei sindacati confederali”.
I nuovi “Agit Prop” itineranti.
Spesso i singoli focolai si sono moltiplicati attraverso il passaparola tra lavoratori immigrati occupati nelle aziende della logistica sparsi nelle varie province e regioni, ha trovato nel contempo a supporto fondamentale di questa proliferazione di lotta diffusa, in forma nuova ed originale anche l’intervento organizzato di quadri e militanti del Si Cobas e di alcuni “centri sociali“, i nuovi veri e propri “Agit-Prop itineranti”, degni eredi della migliore tradizione della militanza proletaria e rivoluzionaria dei “bolscevichi” e dei “wobblies”, pronti a spostarsi sul territorio per sostenere attivamente le varie iniziative di lotta degli operai, nei picchetti, negli scioperi e nella comunicazione e nell’organizzazione. Una forma organizzata che mai nessun “social network” potrà sostituire, ma che a sua volta è anche in grado di fare un uso finalizzato e corretto della “rete”.
Una azione di classe e di massa che si è sviluppata con modalità “a macchia d’olio” e che, proprio per lo stato di censura ed oscuramento di tutti i giornali e tv di regime, ripropone pur in condizioni storiche diverse, un metodo analogo a quello degli “scioperi del Marzo 1943”.
Un esempio da studiare con grande attenzione da parte dei nuovi soggetti comunisti e di tutto il sindacalismo di classe, importante proprio in previsione di condizioni di lotta più difficili, quando libertà e diritti del lavoro saranno sotto un crescente attacco repressivo da parte del capitale e delle sue istituzioni.
Questo movimento può essere analizzato correttamente solo con il metodo dell’inchiesta materialista sul campo, perché solo con tale metodo si potrà ricavarne tutti gli insegnamenti che contiene, quindi deve essere sostenuto in pratica con la presenza attiva e militante, va ribadito ancora che bisogna avere coscienza che non si tratta di qualche episodio di“cronaca sindacale”, ma rappresenta concretamente l’ingresso sulla scena di un “nuovo proletariato” in crescita numerica altamente conflittuale, un movimento reale che combatte contro il nuovo “plusvalore metropolitano”, oltre che contro il razzismo e la repressione poliziesca dello stato, generando nuovi livelli di solidarietà di classe ed internazionalista.
Siamo di fronte alla “molteplicità” che bisogna saper cogliere nella contraddizione materiale, per riaprire con l’analisi di classe, andando ben oltre la miopia della cronaca, un nuovo capitolo della storia.
La ricostruzione dell’egemonia di classe deve sempre cominciare dall’organizzazione dei proletari più sfruttati e più lontani da illusioni riformiste ed opportuniste.
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