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I veri numeri degli F-35, i caccia dello spreco

*** Fonte: Campagna “Taglia le ali alle armi” – (Scheda curata da Massimo Paolicelli e Francesco Vignarca con la collaborazione di Rossana De Simone e Gianni Alioti)

Il Joint Strike Fighter F35 è un cacciabombardiere di quinta generazione con capacità di trasporto di ordigni nucleari ed ottimizzato per il ruolo aria terra. E’ un aereo con caratteristichestealth, cioè bassa rilevabilità da parte dei sistemi radar e net-centriche, cioè in grado di interagire con tutti i sistemi di comunicazione, informazione e scambio dati a disposizione sul luogo del conflitto.

Il velivolo sarà prodotto in tre versioni: F35A a decollo convenzionale (CTOL); F35B a decollo corto e atterraggio verticale (STOVL) per portaerei con ponte adatto; F35C per portaerei con catapulte (CATOBAR).

Il progetto è realizzato dagli Stati Uniti in collaborazione con altri 8 pesi partner, eccone la situazione attuale a livello internazionale

Nazione

Livello

Investimento sviluppo

Velivoli previsti

Situazione attuale

Usa

2443

(1)

Regno Unito

1

10%

138

Decisione dopo Defence and Security Review (2)

Italia

2

3,9%

131

Il 15.2.2012 annunciato taglio 41 velivoli (3)

Paesi Bassi

2

3,9%

85

Dopo votazione contraria in Parlamento programma in ripensamento (4)

Australia

3

1-2%

100

Deciso acquisto altri 24 Boeing Super Hornet (5)

Canada

3

1-2%

80

Sospeso in attesa di reale valutazione costi (6)

Turchia

3

1-2%

100

Rinviato l’acquisto dei primi 2 F35 (7)

Norvegia

3

1-2%

48

Ha minacciato di ripensare le sue scelte (8) rientrato dopo accordo su missili

Danimarca

3

1-2%

48

Ha riaperto la gara di acquisto (9)

TOTALI

3173

(1) Il Pentagono pur riscontrando alto numero di problemi (per costi e disguidi tecnici) sta continuando ad accordare a Lockheed Martin contratti con aumenti di remunerazione

(2) La decisione del numero di velivoli acquistati dalla Gran Bretagna sarà definita con il Defence and Security Review, nel 2015. Alcune voci parlano di 48 velivoli, anche se ancora non è neanche chiaro di quale versione.

(3) Il 15.2.2012 il Ministro della Difesa, ammiraglio Giampaolo Di Paola ha annunciato in Parlamento un taglio di 41 velivoli, portando la necessità a 90 F35.

(4) L’Olanda ha avviato un’inchiesta parlamentare (dopo un massiccio voto contro il progetto) ed ha annunciato di prendere una decisione definitiva dopo l’esito di valutazioni operative ed economiche.

(5) Questa scelta indica la decisione non mantenere l’F35 come piattaforma esclusiva, ma come elemento mixabile con altri velivoli.

(6) Sospesa la gara per l’acquisizione del nuovo caccia: si dovranno fare ulteriori valutazioni e nel caso il Canada sceglierà un altro velivolo; il tutto nasce dalla polemica per le omissioni sui costi del Governo: uno studio indipendente (Kpmg) ha confermato quanto già sottolineato da entità di controllo pubbliche, stabilendo il costo in 40 anni di oltre 45 miliardi di dollari, tre volte le previsioni governative;

(7) Per problemi di costi e capacità tecniche la Turchia ha rinviato l’acquisto dei primi due F35 congelando di fatto la propria scelta.

(8) La Norvegia ha minacciato di ripensare le sue scelte se gli StatiUniti non danno garanzie sulla partecipazione all’integrazione sul velivolo del missile da crociera Kongsberg Joint Strike Missile.

(9) La Danimarca ha riaperto la gara per decidere quale aereo prendere tra l’F35, il Super Hornet, ed altri modelli. La decisione avverrà alla fine del 2015.

Le fasi previste del progetto sono 5

* CDP Concept Demonstration Phase dal 1996 al 2001;

* SDD System Development and Demonstration dal 2002 al 2010;

* PSFD Production Sustainment and Follow–on Development a partire dal 2008;

* LRIP Low-Rate Initial Production, produzione a basso ritmo con inizio 2010 e conclusione 2016 ma sicuramente in ritardo

* FRIP Ful Rate Production, produzione a pieno regime, stimata a partire dal 2016.

LE MAGGIORI CRITICITA’ DEL PROGRAMMA

Le maggiori critiche del programma sono da tempo evidenziate dal Government Accountability Office (GAO) e dallo stesso Pentagono. Si tratta principalmente dell’inarrestabile lievitare dei costi degli aerei, il ritardo nell’avanzamento del programma e di molti problemi tecnici riscontrati.

Anche altri Paesi hanno avviato loro controlli sul progetto, principalmente per monitorare i costi. L’Italia no!

All’aumentare dei problemi da risolvere ne deriva specularmene un lievitare dei tempi, che per la prima volta hanno portato a sanzioni e multe verso Lockheed Martin (prime contractor del JSF) da parte del Pentagono.

Contestualmente i problemi tecnici portano a continui abbassamenti anche degli standard operativi, il che mette in dubbio il raggiungimento di quelle capacità militari che hanno spinto le Forze Armate di molti paesi ad imbarcarsi nel programma.

LA PARTECIPAZIONE DELL’ITALIA

Le Forze Armate affermano che il progetto è indispensabile perché andrebbe a sostituire tre linee di velivoli: i Tornado, gli AMX e gli AV-8 B per un totale di 160 velivoli che nell’arco dei prossimi 15 anni usciranno dal servizio (da notare come in molte comunicazioni anche ufficiali si esagerava questa prevista sostituzione sostenendo che i caccia da rimpiazzare erano oltre 250…)

Quello che la nostra Difesa non è mai stata in grado di giustificare (se non con un tautologico “indispensabili”) è perché si sia scelto proprio l’F35 e non è mai stata chiarita la relazione con i 90 caccia intercettori Eurofighter che già possiediamo.

Il primo a Parlare di F35 in Italia fu il Ministro della Difesa Beniamino Andreatta. L’Italia ha aderito da subito al progetto dal 1998. Dopo il parere favorevole delle Commissioni Difesa della Camera e del Senato del 9 e 15 dicembre 1998 l’Italia ha aderito come partner informato alla fase CDP con un contributo di 10 milioni di dollari. Confermato il parere positivo delle due Commissioni, ma con osservazioni, nel giugno 2002 il nostro Paese aderisce alla fase SDD impegnandosi con 1.028 milioni di dollari (1.190 milioni di euro dell’epoca). Il 7 febbraio 2007 l’Italia ha sottoscritto il Memorandum of Understanding (MoU) relativo alla fase PSFD con un impegno finanziario di 904 milioni di dollari. Il MoU contiene un impegno di acquisto indicativo di 131 velivoli, dei quali 69 nella versione CTOL e 62 nella versione STOVL.

L’8 aprile 2009 le Commissioni Difesa di Camera e Senato esprimono parere favorevole con condizioni la prima e osservazioni la seconda sul programma del Governo, che prevede anche la realizzazione presso l’aeroporto militare di Cameri (NO) di una linea di assemblaggio finale e di verifica (FACO) per un costo di oltre 800 milioni di euro.

Le condizioni poste dalla commissione Difesa della Camera sono:

–       la conclusione di accordi industriali e governativi che consentano un ritorno industriale per l’Italia proporzionale alla sua partecipazione finanziaria anche al fine di tutelare i livelli occupazionali;

–       la fruizione da parte dell’Italia dei risultati delle attività di ricerca relative al programma;

–       la preventiva individuazione di adeguate risorse finanziarie che non incidano sugli stanziamenti destinati ad assicurare l’efficienza della componente terrestre e, più in generale, dell’intero strumento militare.

La Commissione ha inoltre chiesto che il Governo renda comunicazioni sugli sviluppi del programma con cadenza annuale. Si tratta di condizioni in parte già richieste da precedenti riunioni parlamentari e mai soddisfatte nella realtà. Sul punto 3 poi, è bene ricordare che il Parlamento ha approvato l’11 dicembre 2012 una delega al Governo che prevede un taglio 30.000 militari e il 30% delle strutture, portando i risparmi conseguiti sull’investimento, in particolare sull’F35, asse portante della nuova strategia militare voluta dal Ministro Ammiraglio Di Paola per il nostro Paese. 

L’Italia ha giustificato la sua adesione al programma sia perché la sua produzione creerebbe posti di lavoro con alto contenuto tecnologico, sia per il fatto che rappresenterebbe un aereo di quinta generazione con una interoperabilità integrata.Ma per quanto si possa sostenere che l’F-35 sarà l’aereo del futuro, la sua elettronica sarà superata nel momento in cui entrerà in servizio (e gli aggiornamenti saranno costosi), sull’interoperabilità con le forze statunitensi, la NATO ha sempre affermato che non esiste solo un tipo di aereo o nave o fucile e, rispetto alla redditività del programma, essere partner dà solo il diritto di competere per i contratti senza alcuna garanzia. E’ Lockheed Martin a decidere di subappaltare al miglior offerente e al miglior tasso di cambio, ma non solo, le aziende che investono per un contratto ottenuto, non hanno alcuna garanzia di rinnovamento dello stesso. L’Italia, il secondo più grande partner straniero, ha ottenuto il diritto di istituire, a proprie spese, lo stabilimento FACO presso la base militare di Cameri, ma ciò non le dà alcun privilegio speciale quando si tratta di fare offerte per il lavoro di produzione. 

LE BUGIE VOLANO BASSE

Per giustificare l’acquisto dei caccia F-35, di fronte alla critica della nostra campagna e ora di ampie parti dell’arco politico, la Difesa e chi ha voluto il programma ha da sempre portato avanti giustificazioni date da ritorni economici ed occupazionali. Sostenute però con dati imprecisi se non falsi e mai entrando nel merito della scelta. La nostra richiesta è che si torni a parlare del caccia F-35 (o della sua cancellazione) a partire da criteri di fondi e strategici per il nostro paese a partire da un ripensamento del Modello di Difesa.

Di seguito comunque i motivi per cui la Difesa ha cercato di far volare delle bugie che si sono invece rivelate poco credibili.

COSTI

Riassumiamo gli oneri previsto per l’Italia nelle prime tre fasi (dollari USA): Fase CDP 10 milioni, Fase SDD 1.028 milioni e Fase PSFD 904 milioni. A questi costi esterni vanno poi aggiunti gli oltre 800 milioni di euro per la costruzione della FACO di Cameri.

Va ricordato che allo stato attuale è possibile uscire dal progetto senza alcuna penale da pagare (basta non ordinare nuovi caccia) contrariamente a quanto sempre affermato da politici e funzionari della Difesa. Gli oneri totali sostenuti dall’Italia come indicato annualmente dalla Nota Aggiuntiva al Bilancio della Difesa a partire dall’anno 2003  fino al 2012 sono stati pari a 1946,7 milioni di euro.

La Difesa ha sempre cercato di abbassare i costi di acquisto dei caccia, riferendo anche in sedi ufficiali (audizioni presso Commissioni Parlamentari con documenti annessi) stime non aggiornate o costi di sola produzione base (URF) incapaci quindi di dare conto dell’effettivo costo per le casse dello Stato di ogni singolo velivolo. Riteniamo questo un comportamento non accettabile a fronte di un esborso così pesante di fondi pubblici e anche per questo aspetto (così come su quello relativo ai problemi tecnici) chiediamo che si apra un’indagine sia parlamentare che da parte della nostra Corte dei Conti.

Sulla base dei dati aggiornati di costo (documentazione ufficiale USA sui lotti che coinvolgeranno anche l’Italia) e tenendo conto del nuovo crono-programma di acquisto dei caccia recentemente rilasciato dalla nostra Difesa, la campagna “Taglia le ali alle armi!” è in grado di stimare i seguenti costi complessivi per il programma JSF 

Acquisto di 90 caccia previsti 10,8 miliardi di € (di cui 4,3 per gli STOVL)

Acquisto F-35 compresi costi di sviluppo 14 miliardi di euro

Da notare che ciò significa un costo medio per aereo di 120 milioni di euro (compreso sviluppo) e che stiamo parlando di stime attuali che non tengono conto di successivi prevedibili aumenti e che anzi ipotizzano una decrescita del costo unitario (come gli uffici del programma JSF hanno da sempre promesso senza mantenerlo mai). Non vengono nemmeno considerate le esigenze di “retrofit” già emerse sulla base del fatto che i primi aerei ad uscire dalla produzione non avranno una configurazione definitiva.

Considerando poi, sulla falsariga di quanto fatto per i programmi canadesi e olandese, il costo totale “a piena vita” del programma (quindi con gestione e mantenimento completi) le nostre stime portano a un costo di quasi 52 miliardi di euro.

RITORNI OCCUPAZIONALI

Si è sempre favoleggiato di un ritorno occupazionale (in particolare sull’area novarese) di 10.000 posti di lavoro: da principio dovevano essere “nuovi” e da subito per il programma, poi si è colto che sarebbero stati comprensivi di indotto e probabilmente derivanti dallo spostamento degli occupati Eurofighter. Tralasciando la cronistoria (comunque possibile) delle bugie e degli annunci falsi su questo aspetto, ci concentriamo su dati reali e ultimi annunci della Difesa.

Alla fine 2012 gli occupati a Cameri erano di poche centinaia confermando il sottoutilizzo di una struttura pensata per ben altri ritmi di produzione che non si raggiungeranno mai.

La Difesa continua a rilanciare i 10.000 posti di lavoro non considerando che la stessa industria (Finmeccanica) è passata da una stima di 3000/4000 addetti ad una più realistica di circa 2000 (vicina a stime sindacali  che si attestano su poco sopra le mille unità e a precedenti comunicazioni del sottosegretario Crosetto). Tutto questo dimostra come non ci possa essere alcun essere pensante che possa sostenere in Italia o altrove che gli F-35 vadano comprati per ragioni occupazionali. Come è possibile sostenere che si raggiungeranno le 10.000 unità occupate con l’indotto? E saranno occupate pienamente o solo per porzioni di anni (e per quanti anni?). La posizione della campagna è in questo senso chiara e sfida apertamente la Difesa a dimostrare altrimenti (non bastano dichiarazioni da comunicato stampa).

Se infatti consideriamo che in fase di picco la produzione EFA per Alenia non ha raggiunto mai le 3000 unità è un falso affermare (come fatto anche ad alti livelli) che i 10.000 posti di lavoro previsti per JSF derivano da spostamenti di lavoratori Eurofighter.

Comunque anche tenendo per buone le 2500 unità di impiego diretto (interne a Finmeccanica – fase di picco) per arrivare al totale promesso le 50 ulteriori aziende coinvolte dovrebbero impiegare ciascuna circa 150 persone stabilmente sul programma: impossibile pensarlo per ditte che per la maggior parte sono piccole o medie imprese e considerando che nessuna di esse nelle dichiarazioni recenti ha diffuso totali occupazionali maggiori delle 120 unità.

Ciò significa che continuare a riproporre la “storiella” dei 10.000 occupati a questo punto non configura più solamente una mancanza di prudenza nelle stime, ma un vero e proprio tentativo di depistaggio che invece il prossimo Governo dovrebbe rifiutare facendo partire una valutazione indipendente anche a questo riguardo

RITORNI INDUSTRIALI

Nelle comunicazioni ufficiali ed anche nei recenti dati diffusi dalla Difesa anche ai giornalisti si favoleggiano ritorni dell’ordine del 100% mai confermati. Addirittura nel 2007 (e la leggenda è continuata) si sosteneva di avere superato tale cifra, sommando però anche le ipotesi di contratto e non solo gli accordi realmente sottoscritti.

Nella realtà oggi le nostre industrie hanno ottenuto circa 800 milioni di dollari di appalti a fronte di una spesa già sostenuta dall’Italia di circa 3 miliardi di euro (ritorno poco sopra il 20% della spesa) il che rende ancora più insensati i 14 miliardi di ritorni “possibili” che la Difesa continua a sbandierare. Non si capisce come sia possibile arrivare ad un 100% del ritorno se ora siamo a livelli molto più bassi ed anche i nostri aerei non verranno costruiti integralmente da noi. Dei primi 140 milioni di dollari sicuramente versati dall’Italia per componenti speciali dei lotti 6 e 7 (senza quindi contare il costo pieno dell’aereo) nessun centesimo è rientrato nel nostro paese perché le lavorazioni sono state divise tra Texas, California, Florida e in alcuni casi anche Regno Unito.

Che le aziende italiane abbiano investito sperando in contratti di ritorno non è una motivazione sufficiente a costringere il nostro paese ad un investimento così ingente. Persino per Alenia Aeronautica, fin dall’inizio indicata come partecipante di primo piano al programma per la costruzione dei cassoni alari, le prospettive non sono confermate. Delle oltre 1200 ali ipotizzate ne sono state messe sotto contratto solo 100 e anche altri competitor si affacciano a questa torta produttiva che potrebbe essere molto meno remunerativa del previsto.

Non è inoltre possibile sapere come siano conteggiati gli 800 milioni: è il totale delle commesse con provenienza esterna al nostro paese oppure il totale dei contratti sottoscritti, con il rischio di subappalti che diminuirebbero conseguentemente la reale portata di tali ritorni? Anche su questo chiediamo chiarezza alla Difesa, che nei suoi grafici mostra sempre confidenza sulle possibilità maggiori senza dare dettagli su stime più realistiche.

L’ALTERNATIVA CONVIENE

Con il costo di 1 cacciabombardiere F35 (stima media di 130 milioni di euro) potremmo:

–       costruire 387 asili nido con 11.610 famiglie beneficiarie e circa 3.500 nuovi posti di lavoro; oppure

–       21 treni per pendolari con 12.600 posti a sedere; oppure

–       32.250 borse di studio per gli studenti universitari; oppure

–       258 scuole italiane messe in sicurezza (rispetto norme antincendio, antisismiche, idoneità statica); oppure

–       14.428 ragazzi e ragazze in servizio civile per un anno; oppure

–       17.200 lavoratori precari coperti da indennità di disoccupazione; oppure

–       14.742 famiglie con disabili e anziani non autosufficienti aiutate con servizi di assistenza.

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