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Strage di Kandahar: i killer americani sono una ventina

L’autore della strage di Kandahar è un «uomo dai modi pacati» che non ha mai avuto risentimento verso gli islamici, un «soldato decorato» che aveva riportato danni fisici e mentali nelle sue tre precedenti missioni in Iraq e nonostante questo era stato costretto a partire di nuovo per il fronte. È questa la descrizione che fa del sergente della Joint Base Lewis-McChord di Seattle l’avvocato Henry Browne che rappresenta il militare accusato di aver ucciso 16 civili afghani alcuni giorni fa colto da un raptus omicida. Browne ha affermato che il suo cliente il giorno prima del massacro compiuto nei due villaggi nella regione di Kandahar aveva visto un suo amico perdere una gamba in un’esplosione. «Io credo che dobbiamo sottolineare che si tratta di un soldato con un curriculum esemplare, un soldato decorato che è rimato ferito nel corpo e nella mente in Iraq e che nonostante questo viene rimandato al fronte» ha detto l’avvocato che ha ricordato che il militare è felicemente spostato ed è padre di due figli, di 3 e 4 anni. Ha quindi definito «ricostruzioni fantasiose» quelle che parlano di problemi familiari o di alcolismo del militare. «È una tragedia totale, non ci sono dubbi, ma credo che il messaggio per tutti che si tratta di uno dei nostri ragazzi e che deve avere un giusto processo», ha poi concluso. Mercoledì il militare è stato trasferito fuori dall’Afghanistan e portato in una base militare Usa in Kuwait da dove, forse già oggi, potrebbe essere trasferito in una base militare negli Stati Uniti, che potrebbe esse Fort Leavenworth, in Kansas. 

Una ricostruzione toccante quella compiuta sul suo cliente dall’avvocato Browne. Peccato che ai fini di stabilire la verità su quanto è successo veramente possa essere assolutamente ininfluente, visto che un’inchiesta condotta da una missione parlamentare afghana è arrivata alla conclusione che il massacro di civili avvenuto domenica in due villaggi della provincia meridionale di Kandahar è stata opera di almeno 15-20 militari statunitensi e non di uno solo come asserito dalle autorità di Washington. I componenti della missione hanno trascorso due giorni raccogliendo prove, sentendo testimoni e feriti, parlando con i capi tribali della zona.
In dichiarazioni rilasciate all’agenzia Pajhwok un parlamentare afghano, Hamizai Lali, ha detto che l’assurdo attacco è durato più di un’ora e ha coinvolto due gruppi di militari statunitensi. Naturalmente Washington ha individuato un capro espiatorio cercando di scaricare su di lui un crimine che ha avuto per protagonisti parecchi soldati statunitensi.

Per gli Stati Uniti e per i suoi alleati la situazione in Afghanistan si sta facendo di giorno in giorno più pesante. Prima le foto di militari statunitensi che urinano sui cadaveri di alcuni afghani morti, poi il rogo di alcune copie del Corano nella base militare di Bagram e poi la strage di civili stanno alimentando un sentimento di odio e rabbia anche di quei settori della popolazione afghana che finora erano stati tutto sommato tolleranti o indifferenti rispetto alla decennale occupazione straniera del loro paese. In un impeto di nazionalismo ieri il presidente fantoccio Hamid Karzai ha chiesto che il ritiro delle truppe straniere dal paese avvenga con un anno di anticipo rispetto al termine fissato dalla Nato del 2014. 
Come se non bastasse ieri i talebani hanno annunciato l’interruzione dei colloqui con il governo statunitense. I negoziati condotti in Qatar dallo scorso gennaio con alcuni rappresentanti talebani sono apparentemente arrivati a un punto morto. 

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