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Il caso “Datagate – Edward Snowden”

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Dichiarazioni di Julian Assange dopo un anno da rifugiato politico nell’Ambasciata dell’Ecuador a Londra

Sabato, 22 giugno 2013

http://wikileaks.org/Statement-by-Julian-Assange-after,249.html

Julian Paul Assange (Townsville, 3 luglio 1971) è un giornalista, programmatore e attivista australiano, noto principalmente per la sua collaborazione al sito WikiLeaks, del quale è

co-fondatore e caporedattore a partire dal 2007.

Il 28 novembre 2010, dopo averlo annunciato diverso tempo prima, WikiLeaks rende di pubblico dominio oltre 251.000 documenti diplomatici statunitensi, molti dei quali etichettati come “confidenziali” o “segreti”.

Per questo, negli Stati Uniti lo attende un processo per spionaggio. L’accusa per spionaggio, negli Stati Uniti, può costare l’ergastolo e anche la pena di morte.

Il 18 novembre 2010 il tribunale di Stoccolma spicca un mandato d’arresto in contumacia nei suoi confronti, mentre Assange si trovava a Londra, con l’accusa di stupro, molestie e coercizione illegale. Il reato contestatogli sarebbe quello di aver avuto in Svezia rapporti sessuali non protetti, seppur consenzienti, con due donne, e di aver successivamente rifiutato di sottoporsi ad un controllo medico sulle malattie sessualmente trasmissibili, condotta considerata criminosa dalla legge svedese.

Molti hanno sollevato dubbi sulla natura del provvedimento, in buona sostanza mettendo in rilievo la coincidenza temporale con la pubblicazione da parte di Wikileaks dei documenti diplomatici statunitensi.

Assange teme a ragione che, una volta estradato in Svezia, il governo di Stoccolma lo possa consegnare nelle mani degli Stati Uniti, o di subire una “extraordinary rendition”.

Verso metà giugno 2012 la Corte Suprema britannica rigetta il ricorso di Assange contro la sua estradizione.

Assange si rifugia subito dopo presso l’ambasciata dell’Ecuador a Londra, chiedendo asilo politico in quanto perseguitato.Il 16 agosto 2012 il governo del socialista Rafael Correaconcede lo status di rifugiatopolitico ad Assange, mentre questi si trova ancora nell’ambasciata a Londra.

Ecco le sue dichiarazioni in occasione di un anno come rifugiato politico all’interno dell’ambasciata dell’Ecuador di Londra, e in coincidenza straordinaria con il caso “Datagate” che vede coinvolto l’ex funzionario CIA e NSA Edward Snowden.

“Ora è giusto un anno da quando sono entrato in questa ambasciata e vi ho cercato rifugio dalla persecuzione nei miei confronti.

A seguito di tale decisione, sono stato in grado di sottrarmi con relativa sicurezza ad un’indagine degli Stati Uniti in cui vengo accusato di spionaggio.

Ma oggi, ha avuto inizio il calvario anche di Edward Snowden.

Due pericolosi e sfrenati processi hanno messo radici negli ultimi dieci anni, con conseguenze fatali per la democrazia.

La segretezza delle amministrazioni governative si sta espandendo su dimensioni terrificanti.

Allo stesso tempo, la privacy di ogni singolo individuo è stata segretamente sradicata.

Poche settimane fa, Edward Snowden ha denunciato un programma in corso – che coinvolge l’amministrazione Obama, il sistema spionistico e i giganti dei servizi internet – per spiare tutti nel mondo.

Naturalmente, come avviene di regola da parte dell’amministrazione Obama, Snowden è stato accusato di spionaggio.

Il governo degli Stati Uniti sta spiando su tutto e tutti, su ciascuno di noi, ma è Edward Snowden ad essere accusato di spionaggio per averci informati.

Ciò ci porta al nocciolo della questione, per cui il segno della distinzione internazionale e del servizio per l’umanità non è più il Premio Nobel per la Pace, ma un atto d’accusa di spionaggio da parte del Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti.

Edward Snowden è l’ottava “gola profonda” ad essere accusata di spionaggio sotto questo presidente.

Lunedì, il processo spettacolo nei confronti di Bradley Manning entra nella sua quarta settimana.

[Bradley Manning (Crescent, 17 dicembre 1987) è un militare, informatico e attivista statunitense con cittadinanza britannica.

È accusato di aver scaricato decine di migliaia di documenti riservati mentre svolgeva il suo incarico di analista informatico in Iraq, e di averli rilasciati all’organizzazione WikiLeaks.

Dopo dieci mesi di isolamento nel carcere militare di Quantico, Virginia, è stato trasferito a Fort Leavenworth a seguito della pressione internazionale sulle sue condizioni di detenzione.

Ciò nonostante, ancora nel marzo 2012, il Relatore speciale dell’ONU sulla tortura Juan Mendez ha formalmente accusato gli Stati Uniti di trattamento crudele, disumano e degradante per la forma di detenzione inflitta a Manning.

Nel 2011 e nel 2012 Manning viene candidato al Premio Nobel per la Pace.]

Dopo una sequela di maltrattamenti a lui impartita, il governo degli Stati Uniti sta tentando di condannarlo per avere “aiutato il nemico”.

In questi giorni la parola “traditore” è stata sbandierata ai quattro venti.

Ma qui, chi è il vero traditore?

Chi è stato che ha promesso una generazione di “speranza” e “cambiamento”, e ha solo tradito quelle promesse con miseria deprimente e stagnazione?

Chi ha prestato giuramento di difendere la Costituzione degli Stati Uniti, solo per nutrire la bestia invisibile di una legge segreta che piena di vitalità sta divorando questa Costituzione dall’interno?

Chi è che ha promesso di presiedere l’Amministrazione Più Trasparente della storia, solo per schiacciare informatore dopo informatore sotto una ridda di accuse di spionaggio?

Chi ha concentrato nel suo esecutivo i poteri di giudice, giuria e boia, e ha affermato la giurisdizione su tutto il pianeta, su cui esercitare questi poteri?

Chi si arroga il potere di spiare su tutta la terra – di spiare ognuno di noi – e quando viene colto in flagrante, ci spiega che “noi dobbiamo fare una scelta”?

Chi è questa persona?

Dobbiamo fare molta attenzione su chi chiamiamo “traditore”.

Edward Snowden è uno di noi.

Bradley Manning è uno di noi.

Loro sono giovani, persone inclini ad una mentalità tecnica, appartenenti alla generazione che Barack Obama ha tradito.

Loro appartengono alla generazione che è cresciuta su internet, e sono stati conformati dalla rete.

Il governo degli Stati Uniti ha sempre più bisogno di analisti di intelligence e di amministratori di sistemi, e sarà costretto ad attingerli da questa generazione e da quelle che la seguiranno.

Un giorno, questa generazione dirigerà la NSA [Agenzia per la sicurezza nazionale che attua spionaggio elettronico], la CIA e l’FBI.

Questo non è un fenomeno in via di dissoluzione.

Tutto ciò è inevitabile.

E per cercare di schiacciare sotto pesanti accuse di spionaggio questi giovani datori di informazioni, il governo degli Stati Uniti sta scontrandosi con una generazione, e questa è la battaglia che sta per perdere.

Questo non è il modo di sistemare le cose.

La sola maniera per mettere a posto le cose è la seguente:

cambiare politica;

smetterla di spiare il mondo;

sradicare le leggi segrete;

cessare con le detenzioni a tempo indefinito e senza processo;

basta con l’assassinio di persone;

basta con le invasioni di altri paesi e basta inviare lontano i giovani statunitensi per ammazzare o essere ammazzati;

basta con le occupazioni e smetterla con le guerre segrete;

basta rovinare giovani: Edward Snowden, Barrett Brown, Jeremy Hammond, Aaron Swartz, Gottfrid Svartholm, Jacob Appelbaum, e Bradley Manning.

La messa in stato di accusa di Edward Snowden ha lo scopo di intimidire qualsiasi paese che potrebbe essere considerato in procinto di alzarsi in piedi per difendere i propri diritti.

Non deve essere permesso a questa tattica di entrare in azione.

Lo sforzo di trovare asilo per Edward Snowden deve essere intensificato.

Quale sarà il paese coraggioso che si solleverà a sua protezione, e riconoscerà il suo servizio in favore dell’umanità?

Dite ai vostri governi di farsi avanti. Di farsi avanti, e di mettersi a fianco di Snowden.”

Il caso di Edward Snowden, la cosiddetta talpa del “Datagate” che ha sconvolto gli Stati Uniti e il resto del mondo, è ora al centro dell’attenzione della stampa internazionale.

Con una conferenza live-chat trasmessa sul sito del The Guardian, Edward Snowden, l’attivista protagonista del cosiddetto Datagate, attualmente ricercato dalle autorità statunitensi per aver trasmesso alcune informazioni riguardanti l’Agenzia per la Sicurezza USA, era intervenuto per spiegare le sue ragioni.

Snowden parlava da una località non specificata, presumibilmente da Hong Kong, e rispondeva a domande rivoltegli dagli utenti della rete.

“Il governo statunitense, come ha fatto con altri informatori, ha immediatamente e prevedibilmente distrutto ogni possibilità di un processo equo in patria, dichiarandomi apertamente colpevole di tradimento. Tutto quello che posso dire è che il governo statunitense non riuscirà a coprire tutto questo mettendomi in prigione o uccidendomi. La verità sta arrivando, e non può essere fermata”.

L’attivista ha poi denunciato il comportamento di Barack Obama il quale, a suo dire, non avrebbe rispettato le promesse fatte, ed avrebbe consentito che si moltiplicassero le attività abusive dell’agenzia di sicurezza NSA.

Ultimi sviluppi della vicenda alla data 23 giugno 2013.

Edward Snowden lascia Hong Kong: con una mossa a sorpresa la “talpa del Datagate” vola a Mosca ed il viaggio gli è stato organizzato da Wikileaks. L’autore della fuga di notizie sui dati NSA, aiutato dal gruppo di Assange, è atterrato in Russia, dove ha chiesto asilo politico all’Ecuador, lo Stato che già “ospita” – nella sua ambasciata di Londra – il fondatore di Wikileaks, Julian Assange. I Russi: “Passerà la notte in un hotel all’aeroporto.”

Gli Stati Uniti vengono avvisati dalle autorità di Hong Kong della partenza: una comunicazione, quella dell’ex colonia britannica, in cui si mette anche in evidenza come la richiesta di arresto e di estradizione di Snowden non fosse in linea con la legge vigente.

http://www.info.gov.hk/gia/general/201306/23/P201306230476.htm

Il governo della Regione ad Amministrazione Speciale di Hong Kong – HKSAR dichiara in merito al signor Edward Snowden

HKSAR, 23 giugno 2013

Il signor Edward Snowden ha lasciato Hong Kong in data odierna (23 giugno) spontaneamente, diretto verso un terzo paese tramite un canale normale e legale.

In precedenza, il governo degli Stati Uniti aveva inviato una richiesta al governo della HKSAR per l’emissione di un mandato di arresto provvisorio nei confronti del signor Snowden.

Dal momento che i documenti forniti dal governo degli Stati Uniti non erano pienamente conformi alle prescrizioni giuridiche secondo il diritto di Hong Kong, il governo della HKSAR ha richiesto al governo degli Stati Uniti di fornire informazioni aggiuntive in modo che il Dipartimento di Giustizia abbia la possibilità di considerare se la richiesta del governo degli Stati Uniti sia in grado di soddisfare le attinenti condizioni di legge.

Visto che il governo della HKSAR non ha ancora ricevuto informazioni sufficienti per elaborare la richiesta di un mandato provvisorio di arresto, non vi è alcuna base giuridica per impedire al signor Snowden di lasciare Hong Kong.

Il governo della HKSAR ha già informato il governo degli Stati Uniti della partenza del signor Snowden.

Nel frattempo, il governo della HKSAR ha formalmente scritto al governo degli Stati Uniti chiedendo chiarimenti su precedenti rapporti circa l’“hacking” contro sistemi informatici di Hong Kong da parte di agenzie governative statunitensi. Il governo della HKSAR continuerà a seguire le vicende in merito in modo da proteggere i diritti legali del popolo di Hong Kong.

Fine del messaggio / domenica, 23 giugno 2013 / diffuso alle ore 16:05, ora di Hong Kong

Letteralmente, uno schiaffo per Washington che, comunque, assicura: “Continueremo a perseguire la “talpa” cercando la collaborazione dei paesi nei quali tenterà di viaggiare”. E la prima misura degli Stati Uniti contro Snowden è quella di revocargli il passaporto: iniziativa che potrebbe complicare ma non mandare all’aria i piani di viaggio della “talpa”, diretto in Ecuador.

Mentre il presidente Barack Obama viene tenuto costantemente informato sul caso, la caccia resta aperta per gli Stati Uniti, ormai in “conflitto” non più con uno, ma con tre giganti: Hong Kong, la Cina, e ora la Russia.

Snowden diventa così un vero e proprio delicato caso diplomatico, che apre un nuovo fronte di scontro con Pechino, che si dice “profondamente preoccupata” per i cyber-attacchi delle agenzie di informazione usamericane, e con Mosca, con la quale le divergenze sono ampie su più fronti, in particolare sul fronte della Siria.

E al malumore di Washington per la fuga di Snowden dà voce il Congresso.

Il senatore Charles Schumer non usa mezzi termini per attaccare e criticare Mosca, dicendosi quasi sicuro che il presidente Vladimir Putin ha approvato lo sbarco in Russia di Snowden, e questo avrà “serie conseguenze” sulle relazioni fra i due paesi.

Schumer si spinge anche oltre e lascia intravedere come, a suo avviso, anche Pechino abbia avuto un ruolo nella vicenda.

“Gli Stati Uniti devono usare tutte le opzioni legali a disposizione per prendere Snowden”, afferma invece il presidente della commissione di intelligence della Camera, Mike Rogers.

“La caccia è partita. Vorrei che fosse catturato e giudicato. Dobbiamo sapere le informazioni di cui è in possesso, che potrebbero essere pericolose e rischiose”, rincara la dose la senatrice Dianne Feinstein.

“Snowden – afferma Keith Alexander, il capo della NSA – ha già causato danni significativi e irreversibili al nostro paese e ai nostri alleati”.

Alexander assicura che sono già state messe in atto misure per rafforzare i programmi della NSA ed evitare ulteriori fughe di notizie. Ma non riesce a dare una risposta al perché e al come la NSA non sia riuscita a catturare Snowden quando si trovava ancora alle Hawaii, prima che volasse a Hong Kong, dove si è trattenuto alcune settimane.

La “talpa”, ora a Mosca, non può lasciare l’aeroporto in quanto senza visto per entrare nel paese: trascorrerà la notte nell’albergo del Terminal E, dove è atterrato il volo Aeroflot che lo ha portato da Hong Kong.

Snowden è stato accompagnato durante il volo da una delle più strette collaboratrici di Wikileaks, Sarah Harrison, a dimostrazione dell’aiuto ricevuto da parte di Assange. I due hanno viaggiato in classe economica e al loro arrivo hanno trovato alcune auto ad attenderli.

L’ambasciatore dell’Ecuador a Mosca si è recato nello scalo della città e ha incontrato Snowden. Poco dopo l’incontro l’ufficializzazione: la “talpa” ha chiesto il diritto d’asilo. E lo ha fatto allo stesso Stato che offre garanzie ad Assange, che considera l’Ecuador un “paese democratico”. La richiesta sarà “presa in considerazione” da Quito.

Il ventinovenne Snowden lavorava per la NSA, l’Agenzia per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, quando ha denunciato i programmi di sorveglianza telefonica e via web, approvati dal Congresso statunitense nel corso dell’amministrazione Bush.

Secondo quanto ha rivelato l’avvocato di Facebook, Ted Ullyot, il popolare social network avrebbe ricevuto tra nove e diecimila richieste di dati di utilizzatori, nell’ambito del programma di controllo Prism, organizzato dall’NSA, l’agenzia per la Sicurezza Nazionale americana, come denunciato da Edward Snowden.

Facebook avrebbe rilasciato nel complesso informazioni riservate su circa ventimila utenti.

Ha spiegato Ullyot: “Spesso respingiamo queste richieste in maniera definitiva, oppure chiediamo al governo di ridurre le sue richieste, o semplicemente gli diamo molti meno dati di quelli voluti. E rispondiamo solo nel quadro della legge”.

Sarebbero comunque numerosissime le aziende legate al mondo del web che hanno stretto un accordo col governo federale per diffondere notizie.

Tra queste c’è anche Microsoft, che ha ammesso di aver passato al governo USA dati collegati a oltre 31mila utenti, in risposta a circa settemila richieste dalle varie agenzie.

Intanto, in un’intervista al “South China Morning Post”, Snowden ha dichiarato: “Non so quale informazioni la NSA trarrebbe da questi calcolatori, ma so solo che sfruttando questa tecnologia guadagnano un accesso non autorizzato ai computer civili, violando la legge. Questa è una questione etica”.

Dopo le ammissioni dei giorni scorsi riguardanti Microsoft e Facebook, sono seguite quelle di Apple.

Anche la Apple è coinvolta nello scandalo Datagate.

Infatti, l’azienda di Cupertino ha confermato che fra dicembre 2012 e il maggio 2013 ha ricevuto da parte delle autorità statunitensi tra le quattro e cinquemila richieste di dati, riguardanti circa diecimila account o dispositivi utenti.

Ha spiegato in un comunicato internet l’azienda: “Non forniamo a nessuna agenzia governativa accesso diretto ai nostri server, e ogni agenzia del governo che ci chiede contenuti riguardanti gli utenti deve avere una richiesta del tribunale”.

La Apple ha anche precisato che le richieste riguardavano per la maggior parte indagini penali, ricerche di bambini e di persone affette da Alzheimer scomparse, casi di tentato suicidio.

“Il nostro team legale” – ha proseguito il colosso di Cupertino – effettua valutazioni su ogni richiesta e, solo se appropriata, raccogliamo e consegniamo alle autorità il pacchetto più ristretto possibile di informazioni”.

Comunque, Apple smentisce categoricamente che nei dati consegnati all’Agenzia di Sicurezza Nazionale ci siano conversazioni che avvengono su iMessage e FaceTime.

Nel contempo, proseguono le rivelazioni del quotidiano britannico The Guardian , al quale il giovane informatico Snowden ha consegnato documenti riservati del programma di sorveglianza statunitense.

Secondo quanto riportano i media, il Government Communications Headquarters, l’agenzia governativa britannica che si occupa di sicurezza, spionaggio e controspionaggio, avrebbe controllato i telefoni e le e-mail dei rappresentanti dei Governi che avevano preso parte al G20 economico di Londra tenutosi il 5 settembre 2009.

Addirittura, si parla di un internet-cafè appositamente messo sotto sorveglianza, dove gli agenti avrebbe spiato le conversazioni dei leader, per fornire un vantaggio alla Gran Bretagna nell’ambito degli incontri. Sembra che l’uso dello smartphone e del Blackberry abbia reso più facile spiare le comunicazioni.

Un clima di tensione ha sfavorevolmente condizionato le relazioni intercorse durante l’ultimo G8 in Irlanda del Nord. L’imbarazzo da parte del Premier inglese David Cameron era palpabile.

Tuttavia, non è chiaro ancora come il giovane Snowden abbia avuto accesso ai dati segreti. Tra le ipotesi, quella che i servizi degli Stati Uniti fossero al corrente dell’operazione dei servizi segreti britannici. Lo spionaggio dei leader del G20 di Londra ordinato dall’allora governo di Gordon Brown potrebbe essere stato fatto in accordo con alcuni agenti statunitensi.

The Guardian parla di uno “spionaggio sistematico”, sottolineando tuttavia che “le attività di spionaggio durante il G20 sembrano essere state organizzate più per scopi mondani che per garantirsi vantaggi agli incontri”.

Ad essere spiati sono stati i delegati di alcuni paesi alleati, quali Turchia e Sudafrica, con lo scopo di migliorare la posizione di negoziazione della Gran Bretagna.

Sembra che anche l’ex Presidente russo, Dmitri Medvedev, sia stato spiato, però non dall’intelligence britannica, ma da quella statunitense.

Secondo il Guardian, i dettagli dell’attività di spionaggio sono stati raccolti dalla National Security Agency (NSA) in un dossier, condiviso poi con alti funzionari del Regno Unito, Australia, Canada e Nuova Zelanda.

Dopo che nelle ultime ore le autorità USA, indignate per le informazioni diffuse dall’ex dipendente della NSA, avevano annunciato l’incriminazione di Snowden e la richiesta di estradizione ad Hong Kong – la Regione ad Amministrazione Speciale in cui l’uomo si trovava, e la richiesta di estradizione veniva ignorata dalla Cina! – il ricercato è volato verso la Russia.

A Mosca, Snowden sarebbe rimasto per imbarcarsi su un altro velivolo che lo avrebbe dovuto condurre verso un paese non-amico degli USA, disposto a concedergli asilo politico. Tra i paesi papabili si era pensato all’Ecuador, lo Stato che sta proteggendo Julian Assange dalle incriminazioni e dal rischio di detenzione.

Ma anche Cuba sarebbe tra le nazioni che potrebbero accogliere Snowden per garantirgli l’impunità. Proprio su Cuba si sono concentrate gran parte delle attenzioni dei giornalisti che hanno tentato di capire dove fosse l’uomo nelle ultime ore.

In particolare si erano diffuse voci secondo le quali Snowden si trovava a bordo di un aereo di linea che copriva la distanza tra Mosca e l’Avana. Dopo numerosi lanci d’agenzia secondo i quali il ricercato per Datagate si trovava su quel velivolo, sono giunte le smentite.

Quindi l’attivista non è partito per l’Avana e si trova ancora in Russia.

Infatti, immediatamente dalla Casa Bianca è partita la richiesta di estradizione per Edward Snowden accompagnata dall’assicurazione rivolta al presidente russo Vladimir Putin che “l’estradizione si fonda su chiare basi legali”.

Per contro, Vladimir Putin nega l’ estradizione della “talpa del Datagate”, adducendo il fatto che non esistono “trattati in materia” tra Russia e Stati Uniti, e che per la Russia Snowden resta un uomo “libero”.

Comunque Washington non accetta ed esige l’immediata espulsione di Snowden “sulla base dello status dei suoi documenti di viaggio e delle accuse nei suoi confronti”, come affermato dalla portavoce della Casa Bianca Caitlin Hayden.

Dunque, l’imbarazzo per il presidente Barack Obama è sempre più forte.

Gli Stati Uniti – beffati prima dalla Cina, che ha lasciato scappare la superspia del Datagate, poi dalla Russia, che non ha nessuna intenzione di estradarlo verso gli USA – appaiono impotenti, anche se la Casa Bianca alza i toni, chiedendo alla Russia di espellere Snowden “immediatamente, senza indugi”.

E per Obama si fa sempre più infuocata la crisi innescata dall’ex consulente della NSA sul fronte internazionale, ma anche sul fronte interno, con le polemiche sulla gestione della vicenda che continuano a montare. Polemiche che oggi affiorano sulla stampa, con dichiarazioni di esponenti politici repubblicani, ma anche democratici.

Ma la vicenda Snowden ha rinfocolato anche una serie di critiche che da tempo si fanno sempre più pressanti.

Non sono passati nemmeno sei mesi da quando è iniziato il secondo mandato e la presidenza Obama si trova in una “zona morta”, scrive Politico, che cita una serie di recenti battute d’arresto per il presidente.

La rivista ha ascoltato diversi esponenti politici – repubblicani e democratici – secondo i quali i cinque anni di esperienza, da quando Obama è alla Casa Bianca, hanno mostrato che non ci sono serie conseguenze politiche o personali per chi si mette di traverso sulla strada del presidente.

Una visione che il senatore repubblicano John McCain, mai tenero con Obama, allarga a livello internazionale.

“In cinque anni abbiamo mandato al mondo il segnale che noi guidiamo da dietro, che siamo impotenti, che non agiamo quando diciamo che agiremo”, ha affermato, parlando dagli schermi della NBC. “Ciò di cui abbiamo bisogno – ha detto – è mostrare più leadership”.

E anche secondo l’ex candidato vicepresidente Paul Ryan, la vicenda Snowden “mostra un’amministrazione che appare ogni giorno di più incompetente”.

Elaborazione e traduzioni di Curzio Bettio, Soccorso Popolare di Padova

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