L’inedita pericolosità dello scandalo Obama-Snowden passa attraverso l’economia dei big data
In pochi giorni due duri colpi, per chi li vuol vedere, a questo genere di ideologia arrivano da due paesi, gli Usa e il Brasile, che nella prima e nella seconda metà della scorsa decade avevano nutrito la punta di diamante di quell’immaginario e di quel corpo di convinzioni. Il primo viene da Obama, il nobel per la pace più bombardiere della storia, che è partito dall’alleanza con il social network alle elezioni per arrivare a spiarli come pratica prevalente e intensiva. Il secondo viene dal partito dei lavoratori (sic) al potere in Brasile, dove il governo che si voleva entro un processo di mediazione tra movimenti, bilancio partecipato, grande business industriale e delle infrastrutture e crescita della borsa di Rio si è trovato di fronte a manifestazioni imponenti composte da praticamente ogni strato della società brasiliana escluso quello dei ricchissimi. E’ finita, per adesso, con la polizia a tentare di reprimere i manifestanti in un centinaio di città indossando, solita ironia della storia e potenza rappresentativa di youtube, anche un bel casco bianco con stampati sopra i colori dell’arcobaleno.
Ma mentre la questione brasiliana ha una propria evidenza e fornisce immediatamente chiavi di lettura, la portata storica del Datagate che ha coinvolto l’amministrazione Obama è molto più profonda di quanto possa immaginare l’ideologia italiana. Per entrare nella portata, e nella pericolosità, dello scandalo Obama bisogna quindi mettere insieme alcuni elementi.
Di sicuro poi la vicenda Snowden è molto più seria di quella Assange facendo sembrare quest’ultimo come un personaggio che appartiene ad un’epoca della rete, quella della rivelazione di documenti riservati delle cancellerie, più dotata di un sapore romantico che di un effettivo potere dell’informazione liberata. Vediamo allora questi elementi.
ALCUNI FATTI ESSENZIALI: LO SCANDALO OBAMA DAL PARADIGMA ECHELON A QUELLO DEI BIG DATA
Al giorno d’oggi non c’è bisogno di citare una mole corposa di testi per capirsi su un fatto ormai autoevidente: il ritardo culturale con il quale i media italiani costruiscono le notizie è frutto di due fattori. Il primo è legato al potere di disinformazione presente nel ritardo culturale. Notizie vecchie quindi imprecise, costruite con categorie approssimative, favoriscono oggettivamente chi ha necessità di disinformare. E il primato dell’informazione professionale, di nicchia, discrezionale verso quella pubblica e generale. . Il secondo è invece legato allo schema antropologico con il quale i media italiani costuiscono la notizia. Schema che si basa sempre su richiami rigidi al passato, secondo il retaggio ciceroniano dell’historia magistra vitae e quello di uno sclerotico storicismo su cui ancora oggi si innestano, assieme al più cortigiano gossip, alcuni schemi cognitivi fondamentali del mainstream mediale italiano. Per cui la vicenda Snowden, e le sue rivelazioni prima sulla raccolta dati in patria effettuata dalla NSA sulla popolazione e poi su una simile raccolta effettuata in Europa è stata rispettivamente classificata, dai media italiani, come vicenda da guerra fredda interna (una sorta di maccartismo digitale) poi come riedizione della guerra fredda esterna (in versione spionaggio, via “cimici”, degli alleati ma anche di nuove frizioni con Mosca sulla sorte di Snowden) e infine secondo il modello Echelon (il grande impianto di spionaggio, emerso tra gli anni novanta e il decennio scorso, a paradigma di raccolta dati prevalentemente securitario-industriale).
Non che in questi schemi non ci sia un granello di verità ma insistere a rappresentare le notizie con forme cognitive di ritardo non permette di cogliere l’evoluzione paradigmatica, del controllo e dell’estrazione dati, che è intrecciata alla vicenda Obama-Datagate. Ma dove si coglie la novità, il salto paradigmatico in questa vicenda?
Sicuramente non nello spionaggio della propria popolazione, sempre praticato secondo le evoluzioni tecnologie e dei dispositivi giuridici, nè quello degli alleati che è sempre servito a ribadire la superiorità tecnologica americana e le gerarchie di potere all’interno delle alleanze. La vera novità, la rottura paradigmatica co gli schemi di controllo del passato la si comincia a cogliere quando si analizzano notizie come questa.
Dallo Spiegel in lingua inglese emerge la dimensione delle rivelazioni di Snowden riguardo all’estrazione di dati dalla Germania verso gli Usa. Dimensione che non riguarda tanto dati provenienti da “cimici” di nuova generazione, comunque limitate a uffici o a diplomatici e top manager, ma proprio l’estrazione di big data provenienti da ampie e significative porzioni di popolazione. Lo Spiegel parla infatti apertamente di mezzo miliardo di connessioni comunicative (telefonate, email, sms, chat, dati skype etc.) spiate in Germania ogni mese. Non si tratta quindi di una questione da barbe finte di una volta, di spiare solo diplomatici, membri di governo top manager e militari. Per quanto producano dati corposi la necessità di aspirare informazioni da queste categorie non spiega il carotaggio di una così immensa parte di dati rappresentativa non di una élite ma di una popolazione. Qualche altro dato? La NSA americana, che ha così riadattato le basi in Germania provenienti dalla guerra fredda, secondo la fonte Spiegel ha aspirato, negli ultimi mesi, dati da 20 milioni di telefonate tedesche e dieci milioni di scambi via Internet tedesca al giorno. A Natale 2012 la NSA americana ha collezionato dati su circa 13 milioni di telefonate tedesche e circa 6-7 milioni di scambi via Internet . In un giorno ad alto traffico lavorativo come il 7 gennaio 2013, la NSA ha messo sotto sorveglianza 60 milioni di connessioni comunicative. La zona più analizzata della Germania è stata Francoforte, maggiore snodo internet del paese e punto di incrocio, sul piano strategico, tra finanza, politica e tecnologia. La Germania risulta sorvegliata quanto l’Iraq e la Cina, che ha protestato in modo vibrante (quanto rimosso in occidente) e dieci volte più della Francia. Siamo di fronte quindi ad un’estrazione dati che va ben oltre la necessità di sorvegliare qualche migliaio di persone strategiche in un paese. O comunque, anche se la logica fosse quella della pesca a strascico (pescare molto per prendere i pesci giusti) siamo di fronte ad un processo di generazione di dati che va ben oltre la sola dimensione della sorveglianza delle élite. Perché quindi spiare la Germania, anche il giorno di Natale, e la sua popolazione come se fosse una potenza nemica da invadere?
La risposta è molto semplice e spiega anche come l’estrazione di dati, da parte della NSA, sulla popolazione americana non abbia fini esclusivamente militari e di controllo. Si annida in una parola semplice, quanto di grande uso nel marketing attuale: economia dei Big Data. Vediamo di cosa si tratta non prima di rilevare come il genere di carotaggio, al quale è stata sottoposta la popolazione tedesca, è avvenuto anche in Italia nell’ordine di quattro-cinque milioni di connessioni comunicative analizzate al giorno (fonte il Giornale, forse imbeccato dai servizi). Ma siamo nel paese in cui fa più scandalo Fiorito che MPS, l’uso smodato di porchetta piuttosto che di derivati finanziari, e quindi silenzio e disattenzione sono sovrani. Infatti nel mainstream nazionale questa reale dimensione del comportamento americano è stata di gran lunga offuscata. Compreso il fatto che gli stessi Usa non hanno negato le accuse e hanno promesso, in futuro, di condividere i dati prodotti. Ma queste sono parole alle quali possono giusto far finta di credere casi umano-politici come Epifani, Renzi e Napolitano. Sempre se non sono troppo indaffarati a riparare le falle nel sistema politico, ancora causate dal pacchetto di parlamentari detenuti dal gruppo Mediaset (espressione di un media governato archeologicamente come la tv), oppure a sopravvivere personalmente alla contrazione economico-finanziaria dell’eurozona.
COSA SONO I BIG DATA
“Cosa sono esattamente i Big Data? I Big Data si caratterizzano attraverso le tre “V”: volume (larga quantità di dati), varietà (larga differenza nella tipologia di dati raccolti), velocità (accumulazione costante di nuovi dati).”
(James Berman, Principles of Big Data. Preparing, Sharing, and Analyzing Complex Information, Elsevier, 2013).
Questo mantra delle 3 “V”, ripreso da Berman ma comune ad ogni sessione divulgativa sui Big Data, fin dall’inizio degli anni 2000, ci introduce ad una dimensione che non è solo di produzione di dati ma anche generatrice di economie e regolatrice, in un prossimo futuro, dell’incrocio tra economia e finanza. Più precisamente i Big Data sono aggregazioni di dati la cui quantità accumulata richiede strumenti innovativi di classificazione ed analisi dal punto di vista quantitativo e qualitativo ma anche innovazioni tecnologiche nella conservazione (un pò come è accaduto per gli hard-disk e le chiavi Usb sempre fare più capaci con la crescita dei pc e della rete). Queste aggregazioni di dati, appunto i Big Data, crescono secondo le leggi delle 3 “v”, alle quali sono state aggiunte altre “v” negli ultimi anni, quindi in volume (tanto che ci sono rilevazioni che parlano del 2013 come l’anno in cui si produrrà, da solo, il 90 per cento dei dati della storia. Per non parlare dei prossimi); varietà (con dati provenienti da Pc, smartphone, tablet, telecamere circuito chiuso, macchinari di ogni genere, semafori, apparecchi medici, aerei e tutto quando sia in grado di produrre dati); e velocità (fino a costruire, praticamente da zero, un business stimato anche all’8 per cento del Pil europeo nel 2020, cioè domani). L’istituzione storica che dal 2001 si occupa di Big Data, la Gartner, è ovviamente privata. Ha clienti nell’amministrazione federale, nel militare, nel business finanziario. E fa capire che, essendo il top storico della ricerca un privato, anche lo spionaggio dei big data ha sempre una doppia ricaduta: militare e di impresa. Ma soprattutto, ed è qui il salto di paradigma nei processi di sorveglianza, i big data non sono solo semplicemente “dati” ma processi digitali che, una volta strutturati, generano una economia, fino, come abbiamo accennato, ad essere stimata (fonte Wall Street Italia) al possibile otto per cento del Pil europeo. I Big data si accumulano su tutto: sanità, sicurezza, borsa, meteo, traffico, finanza, economia, relazioni sociali, stili di consumo, inclinazioni sessuali, politiche e cicli economici. Generano un’economia del loro trattamento e, allo stesso tempo, strutturano l’economia secondo i criteri del loro trattamento. Compongono tecnologie del sapere per favorire processi decisionali. Un cerchio, materiale e digitale, dalle conseguenze, nell’economia come nella politica, tutte ancora da esplorare. E’ evidente che, sia nella sorveglianza della popolazione Usa come di quella tedesca (o cinese), la NSA, che ha rapporti con contractor come la Gartner (che più che un contractor sembra un soggetto pilota), investe solo l’aspetto militare e securitario. Il Datagate non è Echelon-2, come è stato generosamente (o ingenuamente) detto. O meglio, non lo è fino a quando si comprende che, con questo know-how e questa potenza tecnologica di controllo della popolazione propria e straniera nella produzione dati, si possono generare economie di big data. Garantendo l’esistenza un primato tecnologico, del business economico-finanziario che oltrepassa la sola dimensione militare-securitaria (alla quale i big data si intersecano per natura). Echelon è cosi’ società di controllo, Datagate economia di produzione dati. Un’altra concezione del business che si impone oltre che del militare. Prism non è quindi Echelon ma un piano dove si intrecciano economia e militare in modo nuovo. A differenza del Warfare, l’economia trascinata dalle spese militari, qui abbiamo il militare che è direttamente generatore di dati quindi di economie, e di strategie di governo della produzione di ricchezza, e gli stati maggiori dell’esercito e dell’amministrazione intrecciati indissolubilmente con imprese che leggono questi dati, li strutturano e li lanciano sul mercato. Se si vuole, su un altro piano, è quello che è accaduto con l’esercito cinese che, con le sue imprese, ha contributo al take-off del capitalismo prima nelle allora zone speciali poi in tutta la Cina. Prism, oltre ad essere spionaggio e controllo, va visto quindi soprattutto come un monumentale dispositivo di lancio dell’economia dei big data volto a garantire il primato americano in questo settore. Pronto per integrare militare, tecnologia e finanza come già avvenuto all’epoca del rigonfiamento della bolla dei tecnologici (a cavallo tra anni ’90 e anni zero). Estrarre dati da intere popolazioni serve a questo, la sorveglianza è un business importante ma accessorio, la potenza militare si rafforza proprio rafforzando la capacità di creare economia. In questo senso c’è anche il tentativo di sorpassare la concezione del militare come terreno di sostanziale estrazione delle risorse di un paese verso quella del militare come generatore di economie.
COME GLI USA PROCESSANO I BIG DATA ASPIRATI IN EUROPA: LA CATENA DEL VALORE
Il mantra “reducing costs increasing productivity” (sempre Berman) è la consueta legge del valore stavolta applicata all’economia Big Data. Il testo di Berman si vuole come quello in grado di ricostruire la catena di produzione di valore che trasforma i big data da non strutturati a strutturati per passare, dopo una serie di tecniche di ripulitura e di integrazione dei dati, alla fase di analisi. Che è la fase vera e propria della messa a valore, quella per la quale Berman ha costruito il testo, dei Big Data. Che diventano così tecnologie dell’analisi per la decisione e la progettazione di processi e di prodotti. Tecnologie che producono profitto perchè i loro artefatti, che altro non sono che giudizi mediati dall’analisi di megadati, sono in grado di essere accolti dal mercato, riducendo i costi ed elevando la produttività in ogni settore. L’aspetto da rimarcare è che questa catena del valore, sottoposta comunque a tutti i processi di usura tipici delle economie capitalistiche, è già presente nel processo di analisi dei big data americani.
Risulta così interessante dare un’occhiata a golem.de, un sito tedesco sull’Information Technology che, nei giorni caldissimi del datagate, che ha cercato di delineare le modalità di analisi dei dati prodotti dalla sorveglianza di massa alla popolazione.
E’interessante notare come le tre fasi della catena di produzione del valore nei Big Data evidenzate da Bernan (preparing, sharing, analyzing) trovino come attore principale, nella collaborazione (più o meno ammessa) delle major della rete, sia FBI che NSA. La Analysenkette overo la catena dell’analisi, come la chiama golem.de, non è però tanto un processo di spionaggio. Le agenzie di intelligence infatti, processando Big Data, non si comportano solo come soggetti spionistici ma anche, e soprattutto dal punto di vista della produzione del valore, come start-up della costruzione del primato tecnologico, economico nella estrazione di valore dai Big Data stessi. In un modo che evolve, in termini coestensivi, con la legge delle 3 “V” che rappresenta il mondo fenomenico da intercettare se si vuol estrarre valore dai Big Data. Non a caso quindi Zero Hedge, commentando lo stesso articolo del Washington Post analizzato da golem.de, parla di simbiosi tra militare, tecnologico ed economico e di reciproca, mutualistica
cooperazione. Ed anche in Zero Hedge, che ricordiamo è un influente sito di informazione finanziaria dove si scrive collettivamente con lo pseudonimo Tyler Durden (da Fight Club), si afferma che il processo strategico di analisi dei big data passa tra Fbi e NSA. Agenzie di intelligence che, a questo punto, entro questa mutualità tra militare, tecnologico ed economico sono anche vere start-up costruite per dare un vantaggio strategico agli Usa nel nascente mondo dell’economia dei Big Data. Collochiamo quindi correttamente i servizi vetrina di Wired sul futuro economico dei Big Data, con interviste del genere “stella dell’open source riscrive il futuro dei big data” nella loro dimensione. Si prevede che la crescita esponenziale dei grandi dati generi un’economia in grado di produrre davvero punti di Pil. Lo dice McKinsey, una delle agenzie più importanti al mondo di consulenza economico-finanziaria. Ma sopratutto McKinsey afferma che sono tutte
da scrivere le modalità di estrazione dei big data e quelle di costruzione delle professionalità. Cosa accade quindi? Mettiamola così: Wired intervista i geni dell’open source sui big data mentre FBI e NSA fanno da start-up per rendere stabile il primato americano in questo genere di economia. La sorveglianza delle popolazioni avviene quindi nell’ottica di una significativa crescita di punti di Pil. Terreno di esperimento per di queste start-up: il mondo conosciuto. Davvero Google, Microsoft, Facebook, Twitter non possono chiedere di meglio al governo americano.
Nei giorni scorsi la Germania, ai suoi massimi livelli, ha chiesto ufficialmente agli Usa di non essere trattata come un nemico. Bisogna quindi intendersi su cosa sia il nemico in questo scenario. La Kölnische Rundschau, riprendendo questa discussione, ha parlato di Germania trattata come uno “stato canaglia”. Ma va compresa una cosa: amico e nemico qui non si dispongono secondo criteri puramente antropologico-militari. Ma entro questa nuova mutualità di militare, tecnologico, economico e finanziario. Per la Germania e le imprese tedesche di punta si tratta di capire come essere sinergiche a questi processi. Perchè la superiorità Usa (militare, tecnologica, sul campo dell’analisi economica dei big data intesi come volano dell’economia del futuro) è marcata. Anche geograficamente, con basi americane, allargatesi durante il periodo della guerra fredda, ed evidentenmente riconvertite a monitoraggio e produzione di big data sulla popolazione tedesca. Significativamente la base NSA di Teufelberg (vicino Berlino) accreditata come facente parte del progetto Echelon è stata smantellata mentre c’è incertezza sulla location esatta degli attuali impianti NSA in Germania.
La nuova catena del valore, frutto di una evoluzione della concezione del militare, si lascia dietro Echelon come archeologia industriale. E gli altri paesi, per non rimanere indietro, sono costretti prima a protestare pubblicamente poi ad inserirsi, in qualche modo, sulla scia del comportamento americano.
BIG DATA: DALLA SOCIETA’ DI CONTROLLO ALL’ECONOMIA DELL’ANALISI DEI DATI
Queste considerazioni attribuibili allo staff di Angela Merkel, provenienti dal Rheinische Post, meritano un commento.
L’attuale cancelliera teme che gli Stati Uniti, una volta in grado di analizzare i big data sulla popolazione tedesca, possano prevedere i comportamenti dell’elettorato tedesco e l’esito elettorale in maniera
più sofisticata degli stessi partiti tedeschi. Per Berman l’analisi,e quindi l’economia, dei Big Data è in grado di sostituire sia il business che il ruolo dei sondaggi. E’ evidente che avendo enormi dati strutturati sulla popolazione (inclinazioni politiche, scelte comportamentali in materia politica, dibattiti, letture, frequentazioni) la complessità dell’analisi si eleva. E la questione non è solamente elettorale ma riguarda anche il settore finanziario. Porzioni significative del mercato dei future e dei bond sono legati ai risultati elettorali specie per un paese chiave come la Germania. Una maggiore capacità di previsione, non più basata su qualche migliaio di interviste ma sui dati incrociati di milioni di persone, è intuibile quanto potente valore economico-finanziario. A questo punto qualche ragionamento di paradigma (sociale, antropologico, politico) si impone. Gilles Deleuze, all’inizio degli anni ’90 nella sua celeberrima analisi del passaggio dalle società disciplinari alle società di controllo definiva uno spostamento nelle modalità di governo della popolazione e quindi dell’esercizio della politica tout court. Questo spostamento era determinato, nella funzione del governo della popolazione, dal passaggio dalla centralità delle strutture fisiche disciplinari (l’ospedale, la fabbrica, la prigione etc.) a quella delle tecnologie del controllo a distanza. Si era all’inizio degli anni ’90, diversi passaggi delle rivoluzioni tecnologiche dovevano ancora accadere (si pensi non solo al mobile, ma anche ad internet che non c’era ancora) ma l’indirizzo di sostituzione, controllo tecnologico a distanza in luogo di disciplinamento diretto, erano chiari proprio in materia di governo della popolazione. La vicenda Prism, lo scandalo Obama-Snowden, ci aiutano invece ad inquadrare un altro salto di paradigma. Salto che non è solo antropologico-politico ma riguarda anche un nuovo modo di interpretare le leggi del valore. La tecnologia va infatti considerata, se si guarda a tutta la vicenda Datagate, non tanto con il paradigma del controllo a distanza della popolazione ma con quello della produzione di valore. I Big data sono, come abbiamo visto, elementi costituenti delle tecnologie di controllo della popolazione ma soprattutto sono dispositivi di produzione di valore. Del resto lo stesso Foucault, sul quale montava Deleuze per descrivere le società disciplinari e il loro salto di paradigma, ricorda come le grandi istituzioni dell’imprigionamento (la prigione, l’ospedale) possedessero l’esigenza di rendere produttiva la popolazione. Bentham, per Foucault, non è tanto un classico del prigionismo ma della messa a funzionalità produttiva dei comportamenti tramite il disciplinamento dell’istituzione prigione. La fabbrica, in Foucault, deve quindi al benthamismo il prestito di tecnologie e strategie della messa a produzione dei comportamenti. La vicenda Obama-Snowden va quindi letta in questo modo: come il segno di un compiuto passaggio delle tecnologie digitali che fanno direttamente presa sulla popolazione dalla dimensione del controllo a quella, più diretta, di produzione di valore economico. Produzione di valore che avviene attraverso l’analisi dei dati estratti nel monitoraggio della popolazione. Si apre quindi la stagione dell’economia dell’analisi dei dati come elemento regolatore dello sviluppo e della evoluzione delle tecnologie di monitoraggio della popolazione. Controllare il crimimale, il tossico, il reo, il pervertito, l’elettore, la famiglia, il manager, il consumo del teen-ager, l’amorale non è più questione di monitoraggio, di controllo digitale come sorveglianza ma di diretta produzione di dati che generano un’economia i cui processi di estrazione di valore inseguono dei big data che crescono al ritmo impetuoso delle 3 “V”. In questo Prism marca concettualmente il passaggio dell’uso e della pensabilità delle tecnologie di monitoraggio da quelle che era definita come società di controllo a quella che è definibile come economia dell’analisi dei dati.
Con poco rispetto di ciò è società e con molta attenzione a ciò che produce dati e quindi valore. In questo senso la società, definita dell’eccedenza nei paradigmi di analisi securitaria di inzio secolo, con questo genere di economia è presa in considerazione in quando fonte di produzione di dati.
L’inedità pericolosità dello scandalo Obama-Snowden non sta quindi tanto nel fatto che siamo di fronte ad una nuova generazione di tecnologie di monitoraggio della popolazione. Nuova sia rispetto all’uso tecnologico delle società di controllo, sviluppatesi con gli anni ’90 dal braccialetto elettronico a Echelon. Ma in quella dell’evidenza di una sperimentazione di una economia dei big data le cui tecniche di estrazione di valore e le relative tecnologie di governo della popolazione sono in mano ad un gruppo di imprese, ad una amministrazione governativa e a due-tre agenzie di intelligence. Una verticalizzazione del potere del comando sull’economia e sui processi decisionali di tipo politico, tecnologico e commerciale dalle dimensioni imprevedibili e, fino ad adesso, in poche e discrete mani. In questo il militare, che tende a verticalizzare le catene di comando, si fa davvero paradigma dell’economico.
Si tratta infine di guardare al cortile che è casa nostra. Il Corriere della Sera è persino riuscito a dire, dopo aver riconosciuto l’esistenza del fenomeno, che il controllo di massa della popolazione serve per la creazione di nuovi dossier. Come se monitorare chi lavora ad uno Starbucks di Pittsburg, o chi sta sugli spalti dello stadio di Dortmund, avesse un senso dal punto di vista del ricatto politico. Un parlamentare dell’opposizione ha parlato della necessità dell’intervento del Copasir come se, da quegli uffici, potesse effettivamente uscire qualcosa. Il mito dello stato italiano che, basta che lo voglia, è in grado di informarti è duro a morire. Sulla vicenda si trova poi, a parte l’immancabile cospirazionismo, qualche trafiletto sulla privacy c’è anche un qualche abbozzo di pensiero sui beni comuni (a proposito, i dati estratti dagli italiani sono o no beni comuni degli italiani? E chi li rivendica?). C’è chi ha parlato di uscita dell’Italia dalla Nato, rivendicazione giustissima ma che non sposta di un riga questo problema. In una economia dei big data, la superpotenza egemone estrae dati come vuole, li elabora, alimenta il mercato, i finanziamenti e le decisioni necessarie a produrre valore. Non solo nei beni fisici o digitali ma anche in quelli legati all’immaginario. Visto che si parla di fare trame di film, quelli con pubblico di massa, analizzando prima le reazioni dei big data sui precedenti in materia per poi decidere la trama. Che tu esca dalla Nato o meno il processo rimane intatto: dalla fase di sorveglianza (basi estere, satelliti, sottomarini) a quella di alimentazione delle economie a quella del controllo dell’economia tramite le tecnologie prodotte.
E’ chiaro che in Italia mancano strutture pubbliche e sapere collettivo necessari per affrontare il problema. Concettualmente, tecnologicamente e politicamente. Problema che è, come abbiamo visto, sia questione di diritto alla privacy che legato alle modalità di sviluppo del nuovo capitalismo. Anzi, dopo aver avuto Berlusconi e Renzi, due facce del simulacro del nuovo in politica, non ci sarebbe da stupirsi se, in un prossimo futuro, un imprenditore italiano dei big data, a sapere rigorosamente secretato, magari sottoscrittore di Emergency diventasse il nuovo cavallo di battaglia della politica istituzionale. La necessità del “nuovo” nello spettacolo della politica puo’ arrivare ad imporre processi di questo genere. Comunque vada, e qualsiasi siano le traiettorie che prenderà l’economia dei big data, questo paese è completamente indifeso dal punto di vista del sapere e delle tecnologie pubbliche, della qualità dell’informazione, della consapevolezza collettiva e della tutela dei beni comuni digitali. Il pensiero cosiddetto progressista è poi completamente
in disarmo su questi temi. Pronto a divagare su scadenze autoproclamatesi politiche e del tutto prive di senso. I movimenti poi sono troppo grassroot per arrivare ad osservare su questo piano di complessità.
Resta Obama. Inside Job, forse il film più letale per l’ideologia obamiana, ce lo rende come pericoloso come brand capace di tenere alta la legittimazione per l’economia della bolla finanziaria globale. Prism, che non è un film ma un processo in atto, ce lo rende come quel tipo di potere in grado di scatenare un’economia dei big data che deve passare sopra ogni libertà, ogni diritto alla privacy per mantenere il primato economico-finanziario del nesso militare-tecnologia- moneta degli Stati Uniti. Obama, a differenza di Bush, è il vero presidente del XXI secolo. Molto più pericoloso per i dati che genera rispetto alle batterie missilistiche che mette in campo. Un qualcosa in confronto al quale i caschi arcobaleno della polizia di Dilma Roussef sembrano quasi una novella che ha del consolatorio.
per Senza Soste nique la police
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