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Per il diritto alla salute e ad un servizio sanitario pubblico

Da circa un anno è partita anche in Toscana una campagna per la salvaguardia ed il rafforzamento della sanità pubblica.

L’obiettivo è l’affermazione di un sistema sanitario pubblico gratuito e universale, basato su un’idea di solidarietà e di convivenza in cui nessuno mai sia escluso, abbandonato a se stesso e senza diritti, poiché la salute non è un bene disponibile per il profitto. Al tempo stesso, questa campagna s’intreccia e si rafforza con le lotte in difesa del più ampio diritto alla salute, inteso come difesa contro tutte le azioni che, anche in Toscana, minano condizioni di benessere globalmente inteso, economico, ambientale, del territorio, dell’aria e delle acque, come per esempio le grandi opere e gli impianti di trattamento dei rifiuti come discariche e inceneritori.

Con riferimento alla Sanità, rinomata per le cosiddette “eccellenze” nel settore, la Toscana di Enrico Rossi e della sua Giunta di centro–sinistra sta accelerando il processo di privatizzazione/dismissione del Servizio Sanitario Regionale.

Come e più delle direttive del Governo Monti, i tagli a tutto il sistema regionale procedono speditamente, secondo una serie di Delibere che rendono esecutiva la n. 1235 del dicembre 2012 la quale, nel riordinare il Servizio Sanitario Regionale, taglia posti letto, servizi sul territorio, portandosi via diritti e qualità dell’assistenza.

L’attacco alla Sanità non è un fenomeno solo toscano, anche se trova, nella nostra Regione, politiche particolarmente odiose poiché mischia i tagli al servizio sanitario e ai diritti di tutti i cittadini a indicibili occasioni di profitto per pochi.

E’ necessario che ogni singola vertenza, ogni lotta, ogni momento d’impegno popolare in difesa della sanità si muova nella piena consapevolezza del contesto entro il quale l’attacco alla sanità si sta sviluppando.

Che cosa succede in Europa?

Secondo il “Rapporto sui costi dell’austerità” realizzato da un network internazionale di organizzazioni sociali, se gli stati membri dell’Unione Europea continueranno ad attuare politiche di Austerity, nei prossimi dodici anni potrebbero esserci tra i quindici e i venticinque milioni di nuovi poveri, facendo salire il numero degli indigenti a 146 milioni di persone, ovvero del 25% della popolazione europea. Al tempo stesso le ricchezze europee finiranno per concentrarsi ancora di più nelle mani del 10% della popolazione più ricca.

Questa situazione di pesante attacco alle condizioni di vita delle persone in carne ed ossa passa, in misura importante, dalla sanità.

Dall’inizio della crisi, l’opinione pubblica è bombardata da una campagna stampa terroristica sui pericoli del “debito sovrano” e dello “spread” per l’economia nazionale.

Una serie di trattati europei, siglati dai Governi che si sono succeduti negli ultimi venti anni, impone ferree politiche di austerità, come il famigerato “Fiscal Compact” che, inserito direttamente nella Costituzione italiana come “pareggio di bilancio”, imporrà per oltre venti anni politiche economiche di “lacrime e sangue”, attraverso l’automatismo del taglio medio di quarantasette miliardi annui sulla spesa pubblica.

Per realizzare queste politiche Berlusconi e Monti ieri e Letta oggi applicano tagli ingenti e la famigerata “spending review”, che deve recuperare grandi risorse economiche a copertura di un “debito” prodotto da speculatori finanziari, banchieri e industriali.

Al tempo stesso tutta la politica italiana, espressione dei ceti più abbienti, è orientata alla difesa dei privilegi di pochi, essa dirotta risorse, con provvedimenti mirati, a favore di banchieri, imprenditori, corporazioni, grandi gruppi commerciali e finanziari, rendendo a questo fine sempre più iniquo il sistema fiscale. Questo hanno fatto tutti i governi degli ultimi decenni, com’è reso evidente ancora oggi con le battaglie berlusconiane contro ogni ipotesi di imposta patrimoniale o di maggiore equità fiscale.

Questa grande opera di massacro sociale in atto ha colpito tutti gli erogatori di diritti sociali, scuola, università, cultura, assistenza ecc., tra questi il settore più colpito è quello della sanità, poiché gran parte delle risorse pubbliche sono investite in questo settore fondamentale per la vita e il benessere della maggioranza della popolazione.

Il “diritto alla salute” e quindi il Servizio Sanitario Nazionale che lo garantisce, è visto come un immenso salvadanaio che i burocrati di Bruxelles stanno rompendo in tutti i paesi europei per fare cassa. Grandi movimenti di massa si sono determinati in tutta Europa contro queste politiche, dal movimento “marea blanca” spagnolo, alle autogestioni di ospedali abbandonati in Grecia, dalle grandi manifestazioni in Portogallo e in vari paesi dell’Est europeo entrati recentemente nell’UE.

Nel nostro paese il movimento in difesa del SSN è presente ma ancora frastagliato e, per questo, debole. Occorre ricomporre il fronte delle lotte, a partire dalla presa di coscienza della dimensione europea della lotta che andiamo a intraprendere.

Le politiche nazionali di taglio alla sanità.

Anche in Italia come negli altri paesi dell’Europa, i costi della sanità sono nel mirino dei provvedimenti governativi come responsabili dell’eccessiva spesa pubblica e del debito. Un’incessante propaganda mediatica afferma che il sistema non è più sostenibile e che abbiamo vissuto al di sopra delle nostre risorse.

Sempre di più è invece chiaro che il peggioramento delle condizioni di lavoro, la cancellazione dei diritti e delle tutele, l’aumento dei costi scaricati sui cittadini non sono casuali, né dipendono semplicemente dalla crisi economica. La ragione vera è l’intenzione di determinare le condizioni per una modifica sostanziale del sistema sanitario, che consenta di fare della salute, della malattia e della sofferenza appetibili occasioni di mercato, di profitto e di speculazione.

Dal 2010 al 2014 sono stati tagliati ventiquattro miliardi di euro, con il taglio di oltre 7mila posti letto (che si aggiungono ai 45mila posti tagliati dal 2000 al 2009), nuovi ticket, ulteriore blocco del turn-over, revisione sino al 10% delle convenzioni e dei contratti con le ditte e le cooperative cui sono appaltati i vari servizi di supporto sanitari e sociosanitari, che già si stanno riversando con tagli di posti di lavoro e di ore ai lavoratori del settore.

Si sta ora parlando di portare la spesa sanitaria dal 7% del PIL al 6% entro il 2017.

Il tutto accompagnato dal quasi totale azzeramento dei fondi per il sociale, che nel 2013 sono diventati un decimo del 2008.

Tali provvedimenti sono comunque ingiustificati dal punto di vista economico dato che non è la spesa sanitaria la fonte del debito, che in Italia è pari a circa il 7% del PIL, il 46% più bassa di quella tedesca e molto più bassa rispetto agli USA dove supera il 14%.

Da venti anni riduzioni e ristrutturazioni bersagliano il settore della sanità, a cominciare dall’introduzione di logiche aziendalistiche che colpiscono le conquiste ottenute negli anni ’70 che andavano verso un sistema uguale per tutti e finanziato dalla fiscalità generale, senza “compartecipazioni”, come realizzazione del diritto universale e inderogabile previsto dall’art. 32 della nostra Costituzione.

Queste politiche, prima di drenaggio di risorse e poi di vera e propria demolizione del Servizio Sanitario Pubblico, stanno determinando condizioni difficilissime sia per i lavoratori sia per i cittadini che si trovano nel sistema in una posizione di reciproca interdipendenza.

Infatti, i lavoratori subiscono un grave peggioramento delle condizioni nelle quali svolgono le attività, attraverso l’aumento dei carichi di lavoro, l’aumento subdolo dell’orario, le riorganizzazioni in forma industriale delle attività ospedaliere, la cancellazione e/o l’erosione dei diritti e delle tutele, la carenza cronica di personale, l’umiliazione delle professionalità, il blocco dei contratti dal 2010 al 2014 con la conseguente incisiva decurtazione degli stipendi reali. Provvedimenti che determinano una minore possibilità di offrire servizi adeguati – in quantità e qualità – al bisogno di salute.

I cittadini si trovano anch’essi a subire le conseguenze dei tagli alla sanità pubblica.

Inaccettabili liste di attesa, servizi che continuano ad esistere solo sulla carta e non più nella realtà, prestazioni garantite in condizioni e in luoghi che ne limitano l’accessibilità e la fruibilità, dimissioni precoci, affidamento “al mercato”, a privati convenzionati, di servizi basilari, riorganizzazioni di attività ospedaliere che impediscono un’umanizzazione dell’assistenza, erosione continua di posti letto, di attività ambulatoriali, chiusura di interi distretti sanitari e di ospedali delle zone periferiche, attacco subdolo alla Legge 194, ticket sempre più assurdi ed esosi, e così via, stanno spingendo verso il potenziamento della sanità privata e di quanti fanno profitto sulla salute, poiché le strutture private offrono a prezzi concorrenziali (a carico comunque del servizio pubblico) prestazioni e “ pacchetti di prestazioni”, che inducono fra l’altro un consumismo di prestazioni sanitarie spesso dannoso anche per chi se lo può permettere.

È la logica della mercificazione della salute che si afferma, rompe l’impostazione solidaristica e impone una individualizzazione del rapporto e dei costi scaricati alla fine sui malati e sulle loro famiglie: siamo al punto che oramai 9 milioni di italiani rinunciano a curarsi per mancanza di risorse economiche.

Che cosa succede in Toscana?

La riduzione dei fondi per il sociale ha già portato anche in Toscana a escludere dall’accesso ai servizi (es. RSA, servizio domiciliare) molti anziani e persone non-autosufficienti. Delibere regionali e regolamenti di attuazione, rivedendo i criteri di valutazione del bisogno, hanno di fatto escluso dall’accesso a molti servizi anziani e disabili, riversandone i costi sulle famiglie e mettendo in crisi i lavoratori del settore.

Anche nel settore sanitario in Toscana si sta procedendo con estrema velocità verso il progressivo smantellamento della sanità pubblica, a favore del privato. Il nuovo piano sociosanitario regionale, in questi giorni nuovamente in discussione, e già anticipato nel DPEF regionale, prevede un’organizzazione mista pubblico/privato, dai settori della diagnostica e della specialistica, dove il privato sta progressivamente sostituendo pezzi di sanità pubblica.

La legge regionale del dicembre 2012 per il contenimento della spesa sanitaria e la delibera 1235 ridisegnano il Servizio Sanitario Regionale sta applicando e in alcuni punti addirittura peggiorando i provvedimenti del governo: quanto previsto da questa delibera con il nome di “riorganizzazione” sta trovando attuazione nei vari territori, sottraendo e smantellando sempre più servizi:

-riduzione dei posti letto a 3,15 ogni mille abitanti, peggiorando quanto già stabilito con la riduzione a 3,7 dal Governo (la media europea è 5,6 ogni 1000 ab), con un taglio di oltre 2.000 posti letto. Questi tagli stanno colpendo principalmente i piccoli ospedali con riorganizzazioni e ristrutturazioni che tendono a togliere servizi essenziali, costringendo i cittadini a spostarsi verso i grandi ospedali.

-Riorganizzazione dei distretti territoriali: Gli interventi riducono la presenza dei servizi territoriali e delle prestazioni rendendone l’accesso e l’utilizzo sempre più difficile. Chiudono i distretti o li lasciano al degrado e spesso affidano l’erogazione delle prestazioni a soggetti privati verso i quali sono dirottati ingenti risorse. Saranno accorpati in pochi luoghi molti dei servizi che diverranno gli unici riferimenti territoriali per territori abitati da decine di migliaia di persone, creando così bolge infernali per gli utenti.

– Abbandono al privato, accorpamento servizi e riduzione delle prestazioni: abbandono di attività di prevenzione, centralizzazione dei laboratori analisi con riduzione delle prestazioni, incentivi all’impianto di radiodiagnostiche private, riduzione del servizio di ambulanze 118 con la riduzione dalle attuali 12 a 3 centrali operative, abolizione della guardia medica e incremento dei servizi di emergenza affidati alle sole organizzazioni del volontariato, accorpamento servizio interruzione gravidanza, fantomatica costituzione di “Case della Salute” che sono ancora lontane da venire e che comunque prevedono un irresponsabile affidamento di attività improprie ai Medici di famiglia e così via. Tutto questo avviene in un contesto dove importanti servizi, ad esempio la riabilitazione, le R.S.A., sono già da anni quasi totalmente affidate al privato.

-Tagli al personale sanitario, poiché si prevede che la spesa non superi quella del 2004, diminuita dell’1,4 %. Questo sta comportando tagli al personale con rapporti di lavoro precari, sommandosi a quanto previsto dalle precedenti leggi finanziarie ( sostituzione di solo 1 su 5 per turn-over), determinando una grave carenza di personale sanitario, senza copertura di turn-over, malattie, maternità, part-time, che si ripercuotono sulle condizioni di lavoro degli operatori della sanità, con cambiamenti di orario e erosione ai diritti come la fruizione delle ferie, la formazione, i permessi studio, il part time, il libero settimanale, il recupero psico-fisico, la sicurezza…

-Rinegoziazione dei contratti di appalto con un taglio fino al 7%: i tagli sui servizi di pulizia e sanificazione, oltre a mettere a rischio posti di lavoro dei lavoratori in appalto, mettono a serio rischio la sicurezza igienica e sanitaria e la salute di chi si ricovera, mentre i tagli sui servizi socio sanitari gestiti dalle cooperative smantellano buona parte dei servizi del territorio ad esse appaltati (psichiatria, anziani ,disabili).

Il tutto è accompagnato dall’aumento dei ticket e dall’introduzione dell’odioso balzello chiamato “contributo digitalizzazione” che manca di progressività reddituale, in una logica vessatoria da parte di Regione toscana e delle ASL, le quali hanno introdotto l’obbligo del pagamento anticipato, eludendo il diritto a una sanità uguale per tutti e gratuita nell’accesso, perché già finanziata dalla fiscalità generale, come previsto dalla nostra Costituzione. La Giunta Regionale Toscana ha in mente di imporre coattivamente questa logica vessatoria, delegando Equitalia alla riscossione forzosa del non pagato.

Mentre Regione e ASL tagliano personale, servizi e posti letto, rendendo sempre più inefficiente il servizio pubblico, emerge sempre più una gestione delle risorse a dir poco discutibile: in un momento di crisi e di tagli, non si rinuncia a nominare sempre nuovi dirigenti e consulenti. Una casta di dirigenti di alto medio e basso livello è premiata con incentivi economici sostanziosi per i risparmi che riesce a fare sulla salute dei cittadini. Apparati direzionali costosissimi, sempre maggiori posizioni organizzative, con una schiera di persone a dirigere e sempre meno a lavorare.

Esplodono anche i casi di malaffare legati a veri e propri furti (scandalo alla ASL di Massa, con 400 milioni di ammanchi) e alle politiche immobiliari delle ASL. Le politiche dello smantellamento dei piccoli ospedali, della “svendita” degli immobili con lo spostamento di risorse per la costruzione di grandi ospedali unici con il meccanismo del project financing sono destinate ad alimentare il debito che la sanità toscana sta creando verso i giganti del cemento e del mercato immobiliare, che hanno costruito i nuovi ospedali. Nella Regione Toscana ne sono stati costruiti quattro con questo meccanismo, Lucca, Pistoia, Prato e Massa, ma altri son in fase progettuale, come a Livorno.

Le grandi imprese immobiliari coinvolte diventeranno per trenta anni l’unico fornitore di servizi, al di fuori di procedura di gara a evidenza pubblica, facendo enormi extra-profitti fuori da qualunque mercato, con ripercussioni sulla qualità dell’assistenza, sui diritti del personale delle ditte esterne e sulla corretta gestione delle risorse pubbliche.

Che fare?

L’impegno per la difesa del diritto alla salute e la riconquista del futuro.

“Di fronte a questi attacchi alla vita e alla dignità di lavoratrici e lavoratori, e al diritto alla salute della stragrande maggioranza di cittadine e cittadini, attacchi che hanno momenti di estrema violenza in Italia e in Toscana, le lotte “a chilometro zero”, per quanto coraggiose e utili a una presa di coscienza immediata della devastazione in atto, sono insufficienti, destinate al massimo a produrre una riduzione del danno. C’è bisogno di una battaglia generale che rimetta insieme tutti gli attori e contesti la radice politica del problema.

Difendere i piccoli ospedali e la presenza di presidi di sanità su tutto il territorio, impedire la chiusura o la riduzione dei servizi, pretendere il ristabilimento di servizi cancellati, contestare i ticket, denunciare le speculazioni, le insufficienze e le mancanze, rivendicare corrette condizioni di lavoro e il rispetto dei diritti e delle tutele per i lavoratori, mettere a nudo clientele e sprechi, informare i cittadini, determinare momenti di partecipazione. Obiettivi imprescindibili, intorno ai quali è necessario unire le lotte di tutte quelle realtà che si stanno muovendo in Regione Toscana, promuovendo iniziative che sviluppino un ampio fronte di lotta. Con questo fine si costituisce il Coordinamento toscano per il diritto alla salute, per un servizio pubblico gratuito e universalistico, contro lo smantellamento del servizio sanitario pubblico.

Le nostre parole d’ordine, gli obiettivi, le rivendicazioni, le lotte che porteremo avanti devono avere due gambe sulle quali marciare: la prima è quella del radicamento tra i lavoratori della sanità e tra gli utenti, la seconda è quella del coordinamento e dell’unificazione delle lotte, con l’obiettivo di contribuire alla costruzione di un grande movimento, in grado di contrastare efficacemente le politiche dell’Unione Europea e la loro attuazione a livello regionale e nazionale.

Ogni percorso inizia con un primo passo, l’importante è che le gambe che intraprendono il cammino siano guidate da una testa in grado di riconoscere ruoli e funzioni dei nemici locali, nazionali, ed europei.

In particolare noi assumiamo tre punti di opposizione alle politiche regionali su cui intendiamo concentrare gli sforzi:

1. Organizzare tutte le lotte in atto per giungere all’obiettivo della revoca di fatto della Delibera Regionale n. 1235 del dicembre 2012, di tutte le altre delibere attuative che ne derivano, di contrasto alle attuali linee guida per il piano regionale sanitario.

2. Una vasta campagna d’informazione e di sensibilizzazione all’illegittimità dei ticket e del “contributo di digitalizzazione”, fino a giungere ad azioni dimostrative verso il boicottaggio degli stessi.

3. Una mobilitazione contro il riordino selvaggio della sanità ospedaliera e in particolare contro le politiche degli ospedali unici che mettono insieme i temi della devastazione dei territori dove sono stati costruiti, il ridimensionamento dei posti letto disponibili con conseguente peggioramento della qualità dell’assistenza, lo sconquasso dei diritti del personale del SSN e, ancora di più, del personale delle ditte esterne alle ASL e la distrazione, finalizzata al profitto delle grandi imprese di costruzione, di risorse pubbliche attraverso il famigerato sistema del Project Financing.

Coordinamento Toscano per il diritto alla salute

Promotori: CUB sanità, USI sanità Careggi (FI), COBAS sanità, USB Toscana, USI sanità Siena, Ross@ Toscana, coordinamento difesa 194, A.Di.N.A. FIRENZE, Comitato Salute Pubblica (per l’autorganizzazione popolare) Massa, Comitato per la difesa della salute pubblica di Seravezza (LU).

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