I maggiori esportatori di generi alimentari israeliani stanno affrontando un’ondata senza precedenti di cancellazione degli ordini dall’Europa come risultato del più recente massacro dei palestinesi a Gaza ad opera di Israele.
SuperValu, la più grande catena di distribuzione alimentare in Irlanda, ha riferito la scorsa settimana ai media irlandesi che ha ritirato i prodotti israeliani dai suoi negozi.
E i media israeliani suggeriscono che altri grandi rivenditori europei hanno preso decisioni simili senza annunciarle pubblicamente.
Le compagnie israeliane d’esportazione frutta e verdura hanno affrontato cancellazioni degli ordini dalla Scandinavia, Regno Unito, Francia, Belgio e Irlanda.
Secondo un articolo dell’11 Agosto dal sito web del quotidiano ebraico The Marker, i rivenditori sono diventati timorosi della rapida crescita del boicottaggio dei prodotti israeliani da parte dei consumatori.
Un portavoce di EDOM, un importante produttore ed esportatore israeliano di frutta che ha vaste attività negli insediamenti illegali israeliani nella Cisgiordania occupata, ha detto a The Marker:
Gli importatori europei ci dicono che non possono vendere i prodotti israeliani … Un acquirente europeo mi ha detto che era stato bloccato in diverse catene in Danimarca e Svezia, e poi in Belgio. Lo scorso fine settimana, mi ha detto che i manghi che erano stati confezionati nei Paesi Bassi, come sempre, e spediti in Irlanda, sono stati restituiti, sostenendo che i prodotti di Israele non sarebbero stati accettati …
Ho sentito parlare di grandi esportatori dai quali catene nel sud della Francia non sono più acquistato. Non vi è alcun boicottaggio ufficiale, ma tutti hanno paura di vendere frutta israeliana. Possiamo solo sperare che le cose non peggiorino.
Tra gli altri esportatori intervistati per questo articolo c’è un coltivatore israeliano di melograni che viene citato mentre dice che sono stati costretti ad annullare il loro “intero piano di lavoro nel Regno Unito,” perché le principali catene di distribuzione non erano più interessate alle merci israeliane, e che messaggi simili erano stato mandati da importatori in Belgio e Scandinavia.
Un articolo a parte pubblicato su The Marker il 27 luglio, spiegava in dettaglio come il produttore di succhi di frutta Priniv aveva perso un importante contratto in Svezia dopo aver rifiutato la richiesta di esportare il prodotto in modo tale da rendere più facile nascondere il fatto che è stato prodotto in Israele. Anche i clienti in Belgio e in Francia hanno fatto richieste analoghe.
Ido Yaniv, direttore di Priniv, attribuisce il calo delle vendite all’attacco israeliano a Gaza.
In questi ultimi anni, la campagne strutturate di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) sono riuscite a fare pressione sui rivenditori di tutta Europa per annunciare che non immagazzineranno prodotti provenienti da insediamenti israeliani illegali o da aziende che operano nelle colonie. La catena Tesco è stata l’ultima del Regno Unito a fare un tale annuncio.
Ma sta diventando ora sempre più evidente che le imprese europee stanno iniziando a reagire al crescente sostegno pubblico ai diritti dei palestinesi e al boicottaggio di Israele in Europa. Almeno per ora, stanno decidendo di non vendere più prodotti israeliani di qualsiasi genere.
“Smaltimento” delle merci israeliane
SuperValu, il più grande rivenditore di generi alimentari e vegetali irlandese, ha dato istruzioni a tutti i suoi 232 negozi di rimuovere i prodotti israeliani dagli scaffali all’inizio di questo mese.
In una e-mail ai direttori dei punti vendita, la catena ha invitato i direttori a far “rimuovere tutto il materiale in magazzino disponibile in vendita e smaltire [i prodotti] a livello di negozio.”
Una fonte da SuperValu ha riferito all’Irish Herald che “Si tratta per lo più di frutta e verdure, carote ed erbe, più nello specifico.”
A seguito di quanto riportato dall’Irish Herald, SuperValu ha rilasciato una dichiarazione in cui affermava che non aveva ufficialmente approvato il boicottaggio di Israele, ma non ha negato che i prodotti israeliani erano stati rimossi dai propri magazzini.
Il grande negozio di giocattoli irlandese Smyths può aver preso una decisione simile, mettendo temporaneamente in mostra un poster in un negozio di Dublino che affermava che aveva rimosso giocattoli prodotti in Israele dagli scaffali.
Queste decisioni arrivano come parte di un enorme aumento del sostegno alla lotta palestinese e al boicottaggio di Israele in tutta l’Irlanda.
Le proteste si sono tenute davanti ai rivenditori in tutto il paese e richieste per il boicottaggio sono state fatte dai sindacati nazionali, da amministrazioni locali e persino da star dello sport, tra cui la stella del rugby irlandese e del Leinster Gordon Darcy.
Costruire il boicottaggio
Le richieste di boicottaggio dei prodotti israeliani, di sanzioni e di un embargo militare da imporre su Israele sono state una parte fondamentale delle enormi manifestazioni di massa in solidarietà con Gaza che hanno avuto luogo in tutto il mondo nelle ultime settimane.
Le organizzazioni della società civile stanno rispondendo all’attacco a Gaza annunciando nuove iniziative di boicottaggio.
Nelle settimane e nei mesi che seguiranno, la sfida per gli attivisti sarà quella di far decollare la pressione sui distributori al dettaglio per far rimuovere i prodotti israeliani e per rendere pubblico il loro rifiuto di commercializzare prodotti israeliani.
Le campagne contro la vendita di prodotti freschi israeliani è stata sotto grande attenzione dei movimenti di solidarietà europei negli ultimi anni.
Le iniziative BDS si sono concentrati su aziende israeliane, come Mehadrin ed Edom che giocano un ruolo chiave nella colonizzazione della terra palestinese in Cisgiordania e traggono profitto dall’assedio di Gaza, come ha spiegato la ricercata pubblicata dai sindacati agricoli palestinesi.
Nel mese di Gennaio, il leader dei coloni israeliani nella regione della Valle del Giordano in Cisgiordania ha riferito ad Associated Press che la campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni è costata ai coloni 29 milioni di $ di vendite mancate, soprattutto in Europa.
Le campagne contro le compagnie israeliane esportatrici di prodotti freschi si sono intensificate a seguito della decisione della catena inglese di distribuzione Co-operative di boicottare tutte le compagnie che hanno attività nelle colonie, con campagne in corso anche in Francia, Spagna, Belgio, Olanda, Germania, Norvegia e Svezia.
Nel 2011, la compagnia israeliana d’esportazione Agrexco finì in liquidazione a seguito delle campagne e dei boicottaggi in 13 paesi europei, che videro i rivenditori tagliare I legami con la compagnia israeliana, il blocco dei suoi magazzini nel Regno unito ed in Belgio ed una gigantesca mobilitazione contro la progettazione di un centro di distribuzione Agrexco a Sete, nel sud della Francia.
L’analista israeliano Shir Hever suggerì allora che i contadini avrebbero dovuto abbandonare l’Agrexco per esportare i propri prodotti, preferendo altri canali d’esportazione, poichè la campagna di boicottaggio era un fattore chiave del collasso della compagnia.
Si ringrazia Boycott From Within per la traduzione dall’ebraico.
da http://bdsitalia.org
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