Il lucroso mercato della sorveglianza
Con la diffusione massiccia dell’elettronica, le tecnologie della sorveglianza non sono più appannaggio esclusivo dei militari. Nei luoghi pubblici pullulano le telecamere; telefoni cellulari, computer e altri «strumenti di comunicazione» costituiscono altrettanti segugi personalizzati; fino al caso estremo di chip inseriti nei giocattoli per bambini… Se teniamo tanto alle nostre libertà, come possiamo accettare con noncuranza di vivere sotto l’occhio vigile di una schiera di «grandi fratelli in miniatura»?
I cellulari, i computer, le carte bancarie e molti altri oggetti di uso corrente ci spiano in permanenza. Registrano i nostri spostamenti, le nostre azioni, i nostri comportamenti, i nostri consumi; spiano insomma la nostra intimità. Poco a poco, la nostra vita privata finisce con essere alla mercé di una nuova generazione di «guardoni». E il fenomeno si accentuerà ulteriormente. I fabbricanti di telefoni cellulari si accingono a farci «fruire» di un’innovazione dai temibili effetti: la geolocalizzazione. Grazie a una tecnologia che va diffondendosi molto rapidamente, l’Mps (Mobile positioning system), ben presto sarà possibile localizzare l’utente di un cellulare. In Francia, tali pratiche, autorizzate unicamente nell’ambito di un’inchiesta giudiziaria, (come è avvenuto ad esempio dopo l’omicidio del prefetto della Corsica, Claude Erignac), ben presto saranno all’ordine del giorno.
Il potenziale commerciale di queste tecniche di sorveglianza è assai rilevante. Una sala cinematografica con un certo numero di posti rimasti invenduti potrà smerciare in modo mirato i biglietti a prezzi scontati offrendoli a chi si trova nei paraggi. Questo tipo di promozione apparirà direttamente sullo schermo dei cellulari insieme ad una mappa del quartiere. La localizzazione può avvenire all’insaputa della persona presa di mira: non appena l’interessato penetra in un settore della zona coperta dalle antenne riceventi, un segnale impercettibile rimbalza sul suo telefono e viene poi riconvogliato in direzione dell’antenna. Il tempo trascorso indica la distanza rispetto all’antenna e consente di localizzare esattamente la posizione del cliente con un’approssimazione di qualche metro.
Nel Regno unito, gli utenti del sistema Zagme vengono avvisati automaticamente e personalmente tramite cellulare, quando passano davanti un negozio, delle eventuali offerte promozionali che potrebbero interessarli, avendo precedentemente indicato le proprie preferenze. Finita l’epoca in cui si bighellonava e ci si affidava al caso, è la macchina a gestire il vostro tempo libero. A decidere per voi, attirandovi con il richiamo del prezzo, impiegando un linguaggio promozionale personalizzato, in sintonia con i vostri gusti personali. Altre eventuali applicazioni di questa tecnologia di sorveglianza: un imprenditore può controllare il comportamento dei suoi dipendenti; i genitori possono seguire di nascosto le mosse dei loro pargoli.
Il gruppo Siemens punta più in alto: vuole sviluppare una sorta di «peluche telefonico» per localizzare, via satellite, un bambino che potrebbe essere in pericolo. Un apposito centralino si occuperebbe a quel punto di spiare il bambino (1). «Resta da stabilire se l’interessato ha dato il suo assenso all’operazione e, in caso contrario, se è in grado di contrastarla efficacemente – afferma Jerome Thorel, giornalista – . La risposta non è affatto chiara, né da parte degli operatori né da parte delle forze dell’ordine interessate alla possibilità di sorvegliare i cittadini a loro insaputa. Nel corso delle manifestazioni antiglobalizzazione di Praga e Nizza, la polizia si è servita di un sistema analogo per localizzare i leader della manifestazione e cercare di limitare il loro raggio d’azione».
Jérôme Thorel è membro di Privacy International, un’associazione che mira a sensibilizzare l’opinione pubblica contro la minaccia alle libertà personali portata dalle nuove tecnologie. Nel dicembre 2000, l’associazione ha distribuito i primi «Big Brother Awards» francesi, un sorta di riconoscimento attribuito alle imprese che hanno messo a punto tecnologie degne di 1984, il romanzo di George Orwell. I «premiati» avrebbero volentieri fatto a meno di una tale pubblicità. Tra essi, France Télécom, distintasi per i suoi lavori sulla geolocalizzazione e per la sua alleanza con la società svedese Cellpoint, molto esperta in queste tecnologie di sorveglianza individuale.
Tolleranza zero per chi sta fermo. Ericsson, il gigante svedese della telefonia, cerca di associare le tecniche video alla geolocalizzazione. Per scegliere l’itinerario meno trafficato, un automobilista potrebbe così collegarsi tramite cellulare alle telecamere che sorvegliano la rete autostradale più vicina e, osservando le immagini, valutare il livello di traffico.
Perché non pensare allora, con lo sviluppo delle tecnologie digitali, ad un possibile collegamento con tutti i sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso di una città? Ci si potrebbe così collegare al sistema video della propria banca o a quello di un museo o di un cinema per verificare i tempi d’attesa in funzione della fila. Con un semplice clic, in pochi secondi potremo scorazzare ai quattro angoli della città e sfogare le nostre pulsioni di visione a distanza…
Già con Internet e le webcam, l’intimità di milioni di case in tutto il mondo è stata violata (2). E alcune reti televisive offrono ormai via satellite immagini in diretta e in permanenza di numerosi siti.
Alcune cineprese sono ininterrottamente all’opera per offrirci una visione in tempo reale del clima di una determinata regione o dell’innevamento delle varie località sciistiche.
Con la tecnologia digitale, il telespettatore potrebbe diventare direttore del proprio palinsesto personale. Potrà scegliere in anticipo, previo versamento della quota corrispettiva, come posizionare le cineprese in una corsa automobilistica o una partita di calcio. Poco a poco, questa nuova interattività trasforma il consumatore passivo di immagini in soggetto attivo, organizzatore dei propri desideri.
Come l’eroe del film Videodrome (3), il telespettatore potrà immergersi nello sconfinato oceano di pixel del suo piccolo schermo. Un’interazione organica resa possibile dal digitale e dall’informatica, che plasmano l’immagine a loro piacimento.
La «visione intelligente» (smart vision) è un’altra tecnica che sta prendendo rapidamente piede, come mostrano le telecamere del progetto «Chromatica» attualmente in fase sperimentale nelle metropolitane di Londra, Milano e Parigi; si tratta di monitor capaci di evidenziare comportamenti «anomali» fra i passeggeri. «Ci sono luoghi nel metrò dove non c’è motivo di sostare – ci spiega Louhadi Khoudour, uno dei responsabili del progetto in Francia – . In tal caso, il sistema ravvisa immediamente una possibile situazione pericolosa o perlomeno sospetta». Collegato a tutta la rete di telecamere, il computer dispone di un particolare software d’identificazione: non appena l’individuo sospetto, l’ambulante non autorizzato o il mendicante arrivano nel metrò, vengono immediatamente individuati. Se restano immobili più di un minuto, la loro immagine si tinge di verde sullo schermo di controllo. Superati i due minuti, l’immagine diventa rossa e scatta l’allarme. Restare immobile troppo a lungo, non camminare nella giusta direzione, fare capannello, oltrepassare le zone vietate, sono tutti comportamenti ritenuti sospetti, e le telecamere li denunciano immediatamente.
Prime vittime di questi «informatori» tecnologici: i reietti del metrò, i barboni e chiunque trascorra la giornata sui sedili delle stazioni. Chi non è in movimento denota un comportamento anomalo rispetto al flusso costante dei nomadi della produzione. Il concetto di «tolleranza zero» sembra così trovare piena applicazione. Con l’avvento del digitale, la videosorveglianza e il controllo sociale s’inaspriscono ulteriormente, in modo probabilmente irreversibile.
L’essere umano non ha più diritto all’ultima parola. Collegato a un’immensa rete di telecamere, il computer si trasforma in un giudice implacabile. È la realtà ormai a doversi inchinare agli umori dell’immagine.
Così vediamo che molti comuni di diverse tedenze politiche non esitano più ad attrezzarsi con sistemi all’avanguardia. Un anno fa, la florida città di Lione decise di istallare nel centro della città una cinquantina di telecamere ultrasofisticate capaci di ruotare a 360 gradi e scattare foto segnaletiche a più di 300 metri. L’installazione di questa rete così ampia non ha incontrato nessuna resistenza né ha suscitato un reale dibattito. La destra l’ha approvata con il concorso di un’ampia parte delle forze di sinistra. «Se i risultati saranno positivi, intensificheremo la cablatura e svilupperemo la rete negli altri quartieri» – affermava all’epoca il vicesindaco Jean-François Mermet.
Alle elezioni comunali del marzo 2001, la sinistra ha riconquistato il comune di Lione. E la politica in materia di sicurezza non è cambiata.
Jean-Louis Touraine, vicesindaco con delega per la sicurezza, ha affermato durante la visita di un centro di sorveglianza nuovo di zecca: «Vogliamo creare un effetto dissuasivo. Lo facciamo nella massima trasparenza. Come abbiamo affermato pubblicamente sulla stampa locale, tutti sanno dove sono dislocate le telecamere. E il senso di sicurezza della gente si è rafforzato».
Addetti a tale centro, tre operatori sorvegliano giorno e notte gli andirivieni della gente nelle strade. Con un semplice clic, possono orientare le cinquantadue telecamere digitali. Ma l’efficacia della videosorveglianza nella lotta all’insicurezza rimane tutta da dimostrare: la delinquenza non fa che emigrare ai margini della zona cablata (5).
Le telecamere verranno poi destinate ad altri scopi? «Per evitare che lo sguardo si spinga troppo lontano – rassicura Touraine – un software maschera automaticamente gli alloggi privati». Una misura cautelare che, secondo l’associazione francese «Non à Big Brother» non viene applicata rigorosamente. «Come avere la garanzia che le telecamere non vengano utilizzate per schedare la popolazione, conoscerne le modalità di consumo, braccare durante le manifestazioni gli appartenenti a determinate correnti politiche, o ancora per escludere i barboni da determinati quartieri che sono la vetrina della città?». Telecamere biometriche Altre città hanno istituito appositi comitati etici per evitare derive.
Lione non ancora. E nemmeno Newham, alla periferia di Londra. Qui è stato supereato un altro limite: quello del riconoscimento facciale.
Alcune telecamere biometriche piazzate in strada esplorano minuziosamente i volti dei passanti. Volti che vengono sistematicamente confrontati dal computer con le schede segnaletiche della polizia. Obiettivo: individuare fra la folla gli individui ricercati.
Difficile capire la tolleranza dell’opinione pubblica nei confronti di tali sistemi di sorveglianza, finché non scopriamo la «sorveglianza condominiale», ossia la sorveglianza con videocamere di case popolari o di una residenza… da parte dei suoi abitanti. In determinati condomini, grazie ad appositi sistemi sperimentali, tutti i residenti possono osservare sul proprio televisore gli spostamenti delle persone che si trovano nelle zone comuni, ingresso, pianerottoli, scale, e così via.
Nel sud della Francia si moltiplicano, secondo il modello americano, le residenze di lusso protette da reti di videosorveglianza ultrasofisticate.
Recinti in acciaio, portone automatico ad apertura con telecomando e telecamere ad alta risoluzione permettono di visualizzare l’entrata della casa e identificarne tutti i visitatori. Nel 2002 è prevista la consegna di una ventina di sistemi analoghi. In queste residenze blindate, con ingresso sorvegliato, giovani manager tendono ad aggregarsi in base alla fascia di reddito. Impensabile mescolare ceti sociali.
Un’evoluzione che avviene coniugando nel centro delle città due assunti inquietanti: sorveglianza e intolleranza. Tali roccaforti dorate presagiscono forse la fine della vita privata?
da Le Monde Diplomatique
note:
(1) Yahoo Actualités, 15 dicembre 2000
(2) Si legga Ignacio Ramonet , «Il grande fratello», Le Monde diplomatique/il manifesto, giugno 2001
(3) Videodrome di David Cronenberg, 1983
(4) Si veda la pianta dei sistemi di telecamere istallati al centro di Lione, Saint-Etienne, Vaulx-en-Velin, Levallois-Perret, Montpellier, su Transfert, Parigi, giugno 2001.
(5) Si legga Philippe Rivière, «Vidéosurveillance jusqu’à l’océan», Manière de voir, n°56, «Sociétés sous contrôle», marzo-aprile 2001.
(Traduzione di C. M.)
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