Sabato 9 marzo 1985. Trieste. Ore 11 del mattino. Pietro Maria Greco, detto Pedro, entra nel palazzo di via Giulia 39 dove abita in un appartamento al terzo piano. Ad aspettarlo sul pianerottolo tre uomini che aprono il fuoco non appena lo vedono. Pedro ha la forza di scappare e di uscire in strada gridando “Aiuto! Mi accoppano!”. Inutilmente. Uno degli uomini del commando è rimasto all’esterno del palazzo, e spara sul compagno già ferito. Pietro crolla a terra. Gli viene riservato un ultimo colpo ravvicinato alla nuca. L’uomo che ha sparato per ultimo si accorge che respira ancora. Lo perquisisce e lo ammanetta dietro la schiena. Pedro muore poco dopo all’ospedale. I tre uomini appartengono ad una task force di Digos e Sisde che ha ricevuto una soffiata sulla presenza di Pietro nello stabile di via Giulia, e l’ordine di ammazzarlo.
Pietro Maria Greco, militante del movimento padovano, è uno dei 142 imputati del processo “7 aprile – troncone veneto”, parte dell’enorme azione giudiziaria messa in piedi e portata avanti nel ’79 dal P.M. padovano Pietro Calogero. Il Teorema Calogero cerca di dimostrare come l’Autonomia sia il bacino di reclutamento militanti delle Brigate Rosse, e come i teorici dell’Autonomia e di Potere Operaio del nord-est siano quadri del partito armato.
Nel marzo ’85 Pedro è latitante per la seconda volta. Infatti nei suoi confronti era già stato spiccato un primo mandato di cattura nell’80, poi prosciolto per mancanza di prove un anno dopo, e un secondo mandato nell’82. “Nel corso del dibattimento, iniziato nel dicembre ’84, la sua posizione era notevolmente migliorata, visto che per lui, come per molti altri imputati, stava emergendo un’assoluta mancanza di indizi.”
L’omicidio di Pedro fa ripartire gli ingranaggi del movimento padovano, che scende in strada con un corteo di 10.000 persone il 17 marzo, dopo oltre sei anni di preclusione della piazza da parte delle autorità a seguito del clima di stato d’emergenza costruito intorno agli arresti di massa dell’Operazione 7 aprile. Dalla sera del 9 marzo nascono spontanee assemblee sui posti di lavoro e all’università. Per il lunedì successivo viene indetto lo sciopero degli studenti medi che si allarga subito a Rovigo, Venezia e a tutta la bassa padovana. Viene indetta un’assemblea regionale per l’11 marzo, cui partecipano diverse centinaia di compagni, e che si risolve in un corteo spontaneo per il centro cittadino. Si apre un processo di contro-inchiesta che rimette in moto tutti quegli strumenti di informazione che si erano persi da tempo. I muri delle strade tornano ad essere tappezzati di manifesti e volantini; radio Sherwood martella l’etere con interviste e aggiornamenti sul caso, impedendo di fatto che la magistratura elabori in tranquillità una versione “gestibile” dell’omicidio.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa