Il potere militare e il potere economico sono esempi di potere duro, del potere di governo che può essere impiegato per indurre terzi a cambiare posizione. Il potere duro può basarsi su incentivi (carota) o minacce (bastone). Però c’è anche una forma indiretta di esercitare il potere. Un paese può ottenere i risultati che desidera in politica mondiale perché altri paesi vogliono seguire la sua scia, ammirando i suoi valori, emulando il suo esempio, aspirando al suo livello di prosperità e apertura. In questo senso, è importante tenere sott’occhio la politica mondiale ed attrarre i terzi come pure obbligare altri a cambiare mediante minacce o l’uso di armi militari o economiche. Questo aspetto del potere –ottenere che altri ambiscano a ciò cui uno ambisce– è ciò che io chiamo il potere dolce. Più che costringere, assorbe i terzi.
Joseph Nye, Il paradosso del potere nordamericano.
1944. In un complesso alberghiero a Bretton Woods (New Hampshire, Stati Uniti) a un anno dalla fine della II Guerra Mondiale, le principali potenze del mondo occidentale decidono la creazione di un nuovo ordine dei piani economico, finanziario e commerciale, dando impulso alla creazione del Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale, e all’uso del dollaro come moneta di riferimento internazionale.
1955. A Bandung (Indonesia) si riuniscono 29 stati asiatici e africani (23 dell’Asia e 6 dell’Africa) che recentemente hanno ottenuto l’indipendenza dopo processi di decolonizzazione. Rappresentano 1.500 milloni di persone che dispongono solo dell’8% del reddito mondiale. Questi paesi del terzo mondo, oltre a condannare il colonialismo e l’apartheid che ancora persiste in una buona parte dell’Africa e dell’Asia, concordano una serie di principi comuni basati sulla difesa della sovranità e l’uguaglianza tra razze e nazioni, oltre alla difesa dei principi di non aggressione, non ingerenza e coesistenza pacifica.
2005. A Mar del Plata (Argentina) si tiene il IV Vertice delle Americhe in cui George W. Bush e la sua proposta dell’Area di Libero Commercio per le Americhe (ALCA) sono sconfitti dall’opposizione dell’Argentina, Brasile e Venezuela, con l’appoggio di Uruguay e Paraguay. In questa sconfitta è fondamentale tanto la campagna die mobilitazione dei movimenti sociali e popoli latino americani come pure il ruolo dei presidenti Néstor Kirchner, Lula Da Silva e Hugo Chávez.
2015. A Mosca, in occasione del 70° anniversario della victoria sul fascismo, si incontrano il Presidente della Russia Vladimir Putin e il Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping firmando 32 accordi di cooperazione in campo economico, commerciale, energetico, di infrastruttura, scientifico, tecnologico e militare; tra questi il treno ad alta velocità tra Mosca e Pechino, pianificato per il 2023. Solo una settimana dopo, Xi Jinping visita il Brasil e firma con la Presidente Dilma accordi commerciali per 50.000 milioni di dollari, di cui il più importante è una ferrovia che attraverserà l’Amazzonia e le Ande per unire la costa atlantica brasiliana con il Pacifico via Perú, creando così la possibilità di una via rapida di comunicazione con la Cina.
Così poco più di 10 anni dopo gli accordi di Bretton Woods è nato un gruppo di paesi che hanno sfidato l’egemonia statunitense e hanno cominciato a tracciare un nuovo scenario che sboccherà nel bipolarismo della Guerra Fredda, 10 anni dopo la morte e la sepoltura dell’ALCA al Mar del Plata abbiamo assistito alla nascita di un mondo multipolare in cui la Cina, e per estensione i BRICS con il Brasile come punto de ancoraggio in America Latina e Caraibi, sfidano l’egemonia in declino degli Stati Uniti.
Come affermano Mónica Bruckmann e Theotonio Dos Santos[1], la vicinanza che si viene a formare tra le potenze emergenti raggruppate nei BRICS, sommata alla spinta delle relazioni tra Cina e America Latina presuppone una nuova fase di relazioni Sud-Sud ispirata a principi molto simili a quelli della Dichiarazione di Bandung.
Il potere dolce con caratteristiche cinesi
Questo scenario di multipolarità, parzialmente responsabile del declino dell’egemonia statunitense, non si può capire senza comprendere l’inarrestabile ascesa dello Stato-civiltà cinese dall’inizio del XXI secolo. Ascesa che è iniziata nella seconda metà del XX secolo, quando nel 1949 è entrata a far parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e soprattutto con le riforme economiche cominciate nel 1978. Nel 1982 si creano le prime zone economiche speciali nella costa cinese, aprendo strada a un’economia mista in zone concrete del territorio che andrà configurando il Sistema Economico Socialista di Mercato (stabilito formalmente nel 1993); nel 1984-1985 il governo cinese avvia il Getihu, che dà impulso alla proprietà privata di piccole imprese; nel 1990 si inaugura la borsa dei valori e nel 2001 la Cina si inserisce, pur con certe condizioni, nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC); nel 2004 fa una riforma della Costituzione per permettere la proprietà privata e nel 2006 la Cina era già la quarta economia del mondo, superata solo dalla triade di Stati Uniti, Giappone e Germania. Ha superato prima la Germania e poi il Giappone nel 2010.
Attualmente la Cina è la seconda potenza economica mondiale, a poca distanza dagli Stati Uniti, che già supera nel PIL relazionato alla Parità di Potere d’Acquisto. Solo per dare un’idea dei livelli di crescita, nel 2005 il PIL cinese superava il 72% di quello statunitense, nel 2011 l’87%, e oggi sono quasi pari [2]. Questo è stato possibile grazie a un tasso di crescita straordinario di circa il 10% annuo che si traduce nel fatto che negli ultimi trent’anni il suo PIL reale si è moltiplicato tredici volte, il suo PIL reale pro capite nove volte e il suo consumo reale pro capite più di sei volte [3].
La Cina ha avuto 5 leadership dalla sua fondazione, Mao Zedong (1893-1976), Deng Xiaoping (1904-1997), Jiang Zemin (1926), Hu Jintao (1942) e ora Xi Jinping (1953), in 2 tappe di circa 30 anni ciascuna. Tra la fondazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949 e la morte di Mao nel 1976 si sono sviluppate l’agricoltura e l’industria pesante, il che ha permesso, a partire da una certa autarchia, di garantire le necessità di base del popolo in base all’uguaglianza. A partire dal 1978 e per i successivi 30 anni d’implementazione del socialismo con caratteristiche cinesi, o socialismo di mercato, la Cina è decollata economicamente sotto l’impulso dell’industria leggera e della tecnologia, e a costo di un aumento delle disuguaglianze tra campagna e città come pure tra la costa e l’interno, creando nuove classi sociali.
È nella seconda metà degli ultimi 30 anni que la Cina adotta il concetto di potere dolce, ideato nel 1990 da Joseph S. Nye nella sua opera Bound to Lead. The Changing Nature of American Power e sviluppato in The Paradox of American Power. Why the World´s Only Superpower Can´t Go it Alone(1992) e soprattutto in The Means to Success in World Politics (2004). Opere tradotte in cinese e adattate alle caratteristiche cinesi.
Nye sostiene che il potere dolce ha tre pilastri, la cultura, le relazioni estere e i valori politici. Contrariamente alla costrizione in ambito militare ed economico che esercita il potere duro, il potere dolce è basato sulla seduzione e la persuasione. Se il potere duro mira alla struttura, potremmo dire che quello dolce è qualcosa di sovrastrutturale, che mira alla costruzione di ideologia.
Per capire il potere dolce con caratteristiche cinesi dobbiamo pensare a due concetti chiave nelle relazioni internazionali del gigante asiatico, sviluppo pacifico e mondo armonioso.
La teoria dello sviluppo pacifico fu denominata in un primo momento ascesa pacifica e si basava su 5 punti[4] enumerati dal Primo Ministro Wen Jiabao:
1. Cercherà di trarre vantaggio dalla pace mondiale per promuovere lo sviluppo della Cina e salvaguardare la pace mondiale attraverso lo sviluppo della Cina.
2. Si baserà sull’auto-rafforzamento della Cina e del suo lavoro indipendente e arduo.
3. Potrà essere portato avanti solo continuando con la politica di apertura e un’attiva serie di interscambi economici e commerciali a livello internazionale.
4. Riguarderà varie generazioni.
5. Non servirà per impedire il cammino di qualsiasi altro paese o per minacciare qualsiasi altro paese, né si realizzerà a spese di qualche paese specifico.
Ma il concetto di ascesa è stato subito sostituito con quello di sviluppo per non generare tensioni inutili con altre potenze del nuovo mondo che si stava formando e che poteva intenderlo come una minaccia allo status quo. Sviluppo come scommessa chiara per consolidare il suo ruolo di potenza senza minacciare il ruolo di nessun’altra, specialmente degli Stati Uniti, in una logica di non scontro, pur estendendo la sua influenza in Africa, Asia e America Latina. Questo approfondimento della dottrina si può trovare nel libro del governo cinese China’s Path to Peaceful Development.
Lì la politica del mondo armonioso propone di pensare un mondo pacifico e sicuro, basato sul rispetto della legalità internazionale e la sovranità dei paesi, in cui esista una coesistenza pacifica delle differenti civiltà e una cooperazione tecnologica per lo sviluppo soprattutto dei paesi del Sud.
Questi due elementi, sviluppo pacifico e mondo armonioso, marcano la base del potere dolce cinese, che vuole esercitare una sfera d’influenza a partire dalla sua politica estera, la cooperazione internazionale, soprattutto Sud-Sud, e i suoi risultati economici. Forse l’unico scoglio che troveranno sarà la criminalizzazione che l’Occidente impone su tutto quello che non sia il suo modello di democrazia liberale e borghese, però il Partito Comunista Cinese punta su un modello di democrazia consultiva in cui una meritocrazia-tecnocratica amministra il potere in nome del popolo e in permanente consultazione con lo stesso, mantenendo una stabilità, a partire dalla crescita economica, che non c’è nella maggior parte dell’Occidente.
Triangolo indo-russo-cinese
Ma il potere dolce con caratteristiche cinesi nos si potrebbe capire nell’ambito delle relazioni internazionali senza la Russia e l’India, che contribuiscono a creare il nuovo ordine multipolare.
L’alleanza tra le tre nazioni è un’alleanza molto solida, basata sulla cooperazione economica, politica e militare, che crea possibilità di enormi mercati interni per le eccedenze di produzione di ciascun paese.
La Russia, con il governo nazionalista della Russia Unita di Vladimir Putin, ma con il Partito Comunista (PCFR) come seconda forza con circa il 20% dei voti, condivide con la Cina la leadership del mondo non occidentale. Lo stesso PCFR ha un orizzonte politico che mira tanto al socialismo del XXI secolo latinoamericano come pure al socialismo di mercato cinese[5]. La Federazione Russa avanza nel terreno dell’integrazione economica con la creazione dell’Unione Economica Euroasiatica (UEE) avviata nel gennaio 2015 e composta da Russia, Bielorussia, Kazakistan, Armenia e Kirghizistan, con l’obiettivo di creare in 10 anni un mercato comune interno simile a quello dell’Unione Europea per la libera circolazione di capitali, merci e lavoratori.
Dal canto suo l’India, dall’arrivo al potere del nazionalista Narendra Modi (al quale gli Stati Uniti sono arrivati a negare il visto anni fa), e malgrado alcuni conflitti territoriali che entrambe le potenze mantengono, si è sempre più avvicinata alla Cina; avvicinamento materializzato nelle visite di Xi Jinping in India a settembre del 2014 e di Modi in China a maggio del 2015. Allo stesso tempo ha rafforzato la propria cooperazione militare con la Russia, dalla quale ha comprato recentemente 200 elicotteri multifunzioni Ka-226T per un valore di 467 milioni d dollari[6].
Inoltre, Cina e Russia lavorano insieme al disegno della nuova Via della Seta[7], un corridoio di trasporto, energia e commercio tra Asia ed Europa che unirà India, Bangladesh, Myanmar e Cina; e un altro corridoio tra Russia e India attraverso l’Asia Centrale che permetterà di connettere la Cina all’Europa.
Tanto la Cina quanto la Russia e l’India fanno parte della Banca Asiatica d’Investimento in Infrastruttura (BAII) avviato dalla Cina, con l’India come membro fondatore dal 2014 e l’entrata della Russia nel 2015. Banca che conta già 57 membri tra i quali ci sono molti paesi della NATO, e che dall’entrata di Regno Unito, Germania e Italia lasciando fuori solo gli Stati Uniti e il Giappone tra le grandi potenze del G8, diventa il principale referente della nuova architettura finanziaria internazionale facendo da contrappeso al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale.
BRICS
Cina, Russia e India, con Sudafrica e Brasile come porte d’ingresso in Africa e Sudamerica, formano i BRICS, termine creato nel 2001 dal capo della Ricerca Economica Globale di Goldman Sachs, Jim O’Neill. Poco dopo, nel 2003, Goldman Sachs renderà pubblico un rapporto[8] in cui si esaminavano le prospettive fino al 2050 di questo gruppo di potenze emergenti.
I BRICS rappresentano attualmente 3.000 milioni di persone, il 46% della popolazione mondiale, occupando il 29% del suo territorio; possiedono inoltre il 25% del PIL mondiale e rappresentano il 20% degli investimenti globali. Possiedono anche grandi riserve di combustibili fossili (Russia) e minerali (Russia, Cina e Brasile) oltre ad essere grandi produttori di alimenti. Si collocano inoltre tra i paesi con maggiori riserve internazionali (la Cina occupa il primo posto con oltre 4 bilioni di dollari).
I BRICS cominciano a funzionare come blocco nel 2006 quando, per iniziativa di Putin, in occasione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, viene fatta una prima riunione ministeriale dei cancellieri di Russia, Cina, India e Brasile; poco dopo nel maggio 2009 si tiene in Russia la prima riunione del blocco in quanto tale con i presidenti Medvedev, Lula, Hu Jintao e il Primo Ministro indiano Manmohan Singh.
L’ambito della cooperazione militare è uno dei più avanzati tra i paesi BRICS. L’avanzata capacità tecnologica russa si combina con i livelli di produzione cinese, soprattutto in aerei da combattimento, navi da guerra e sistemi di difesa antiaerea. E, sebbene ci siano accordi in tutti gli ambiti principali della cooperazione tecnica militare, il Vicepresidente dell’Accademia dei Problemi Geopolitici, il russo Konstantín Sívkov, segnala[9] che è necessario ampliarla mediante progetti congiunti per lo sviluppo di sistemi di armamento, avanzando nella cooperazione strategica: esercitazioni congiunte, preparazione congiunta di personale e piani di attuazione militare in situazioni d’emergenza, sedi della coalizione in determinate zone di responsabilità seguendo l’esempio della NATO o del Patto di Varsavia.
In ambito tecnologico, i BRICS avanzano anche nello sviluppo di BRICS Cable, un sistema di interconnessione attraverso cavi oceanici di fibra ottica che, con un’estensione di 34 mila kilometri e una capacità di 12,8 terabits al secondo, connetteranno Russia e Brasile passando per Cina, India e Sudafrica. BRICS cable permetterà di garantire la sovranità nelle comunicazioni, specialmente in internet, ottenendo la sovranità tecnologica nelle comunicazioni e la protezione dallo spionaggio statunitense.
Anche in ambito economico, commerciale e finanziario, i BRICS hanno progredito molto. La Cina ha appena proposto ai BRICS di creare un mercato comune[10] commerciale ed economico e un meccanismo di accordi monetari (genesi di una moneta comune a lunga scadenza?). La base di questa politica economica e commerciale in comune sarebbe la Nuova Banca di Sviluppo del BRICS (NBD BRICS), avviata ufficialmente a luglio del 2014 nel Vertice di Fortaleza e che con un capitale iniziale di 100.000 milioni di dollaris, avrà sede a Shanghai.
America Latina e Caraibi
Si sta cominciando a vedere l’implementazione che avranno i BRICS in America Latina, a causa del processo di rallentamento dell’integrazione politica regionale e dei problemi che affronta lo stesso Brasile, il quale, essendo una sub-potenza regionale con tentacoli diplomatici in Sudamerica e Centroamerica, ha dovuto ripiegare di fronte ai problemi interni che affronta il governo di Dilma.
Intanto, è proprio la Cina quella che ha giocato d’anticipo in America Latina, aprendo canali di comunicazione con l’ALBA, l’Unasur e la CELAC, e soprattutto esercitando una diplomazia economica senza precedenti. Un dato che dice tutto: il volume di commercio tra America Latina e Cina sie e incrementato del 1.193% nei primi 10 anni del XXI secolo (2000-2010)[11] e solo nel 2010 i prestiti cinesi per progetti di sviluppo ai differenti paesi di Nuestra America sono stati superiori[12]a quelli concessi dalla Banca Mondiale (BM) o dalla Banca Interamericana di Sviluppo (BID). E’ degno di nota che uno dei progetti di finanziamento più importanti del capitale cinese sia quello del nuovo Canale del Nicaragua, serio concorrente del Canale di Panama, progetto con un costo stimato di 50.000 milioni di dollari.
Intanto, America Latina e Caraibi guardano con simpatia il potere dolce con caratteristiche cinesi, poiché la Repubblica Popolare Cinese concede prestiti a basso interesse e non interviene negli affari interni del paese, dando inoltre impulso ad altri riferimenti nel sistema internazionale in cerca di multipolarismo e contribuendo così a dotare la mappa geopolitica di uno sguardo Sud-Sud.
Ovviamente la Cina nella sua condizione di primo consumatore mondiale di energia del mondo, e, come è certificato dal suo Documento sulla Politica verso l’America Latina e i Caraibi[13], ha interessi molto grandi in una regione che conta alcune delle principali riserve di materie prime, minerali, biodiversità e acqua del mondo; e i paesi di Nuestra America devono cercare un equilibrio tra il conseguimento di entrate e prestiti cinesi per poter sviluppare il paese e strappare dalla povertà la loro popolazione, e la necessità di industrializzare e sviluppare tecnologicamente con una visione di lungo periodo. Vale a dire: bisogna cercare un equilibrio tra l’immediatezza della congiuntura e la visione strategica di lungo periodo a partire da una cooperazione Sud-Sud.
60 anni dopo Bandung, tanto in America Latina e Caraibi come in Cina tornano forme ibride di pensare l’economia, la politica e la società, tra il socialismo e un capitalismo di stato nazional-popolare. Coma a Bandung, tra queste due zone del mondo primeggiano il rispetto della sovranità e il principio di non ingerenza negli affari interni di ogni paese, oltre a difendere la risoluzione dei conflitti mediante vie pacifiche.
L’America Latina e il Caraibi si sono lasciati alle spalle il Consenso di Washington e il suo strumento sotto forma di ALCA, e sono transitati verso uno scenario post-neoliberista, basato tanto sul Consenso Bolivariano quanto sul Consenso di Pechino, che ha come tratti comuni e principali uno Stato forte che esercita un ruolo fondamentale nel disegno e nella pianificazione dell’economia, la redistribuzione della ricchezza a partire dalla sovranità sulle risorse naturali, e una nuova diplomazia che guarda più al Sud che al Nord. Con differenti ritmi, intensità e alcuni processi con più profondità di altri, queste sono le caratteristiche del cambiamento epocale in Nuestra America.
L’orizzonte post-neoliberista si confronta con avanzamenti, tensioni e sfide, anche retrocessioni, che hanno i processi di cambiamento en America Latina; i flussi e riflussi tanto dei processi rivoluzionari come di quelli riformisti. Ma si confronta anche con gli strumenti della dis-integrazione latinoamericana, come il TISA (Trade in Services Agreement) o l’Alleanza del Pacifico, un ALCA appesantito che, malgrado annunci di voler favorire l’integrazione e non raforzare le divisioni continentali, ha tra i suoi obiettivi[14] l’allontanamento dall’ombra minacciosa del Brasile al fine di promuovere un’integrazione regionale più favorevole al commercio di quella del MERCOSUR e contrastare qualsiasi influenza residuale dell’ALBA.
Essendo cosa certa che i BRICS, come afferma[15] François Houtart, sono anti-egemonici ma non anti-sistemici, rompere l’egemonia degli Stati Uniti e aiutare a consolidare il nuovo mondo multipolare deve essere un primo passo necessario affinché lo scenario post-neoliberista che c’è in una buona parte dell’America Latina e dei Caraibi cambi, ampliando i suoi confini fino a permettere di scorgere un orizzonte postcapitalista. E in quella partita a scacchi che si gioca proprio ora nel Sud in generale e in Nuestra America in particolare, tra flussi e riflussi, la Cina e il suo potere dolce devono essere alleati fondamentali per portare a buon fine cambiamenti epocali.
– L’autore, Katu Arkonada, è laureato in Politiche Pubbliche. Ex consulente del Vice-ministero di Pianificazione Strategica, dell’Unità Giuridica Specializzata in Sviluppo Costituzionale e della Cancelleria della Bolivia. Membro della Rete degli Intellettuali in Difesa dell’Umanità.
Articolo pubblicato nel libro Del no al ALCA a UNASUR: Diez años después de Mar del Plata, Juan Manuel Karg, Agustín Lewit (coords.), REDH, 2015.
*Fonte: Agencia Latinoamericana de Informacion
Note:
[1] Por una agenda estratégica de América Latina http://www.alainet.org/es/articulo/169906
[2] http://economia.elpais.com/economia/2014/05/03/actualidad/1399140952_251301.html
[3] Los BRICS: el caso de Brasil y China, dos futuros líderes mundiales
http://www.redalc-china.org/Isabel%20Almaraz%20Gabriel.pdf
[4] China en transformación: la doctrina del desarrollo pacífico http://www.redalyc.org/articulo.oa?id=59918604
[5] Los comunistas rusos, en el laberinto del Minotauro global http://www.eldiario.es/contrapoder/partido_comunista_ruso_6_382571772.html
[6] Rusia apuesta por reforzar la cooperación militar con los BRICS http://tecnologamilitar.blogspot.mx/2015/05/rusia-apuesta-por-reforzar-la.html
[7] Rusia y China allanan la ‘Ruta de la Seda’ con un acuerdo de cooperación económica http://actualidad.rt.com/actualidad/174262-rusa-china-cooperacion-uee-ruta-seda
[8] Dreaming with BRICS: the Path to 2050
http://www.goldmansachs.com/our-thinking/archive/brics-dream.html
[9] Rusia apuesta por reforzar la cooperación militar con los BRICS http://es.rbth.com/internacional/2015/05/28/rusia_apuesta_por_reforzar_la_cooperacion_militar_con_los_brics_49927.html
[10] China propone crear un mercado común para el BRICS http://actualidad.rt.com/economia/177078-china-crear-mercado-comun-brics
[11] El comercio América Latina-China crece más de 1000% en la última década http://spanish.peopledaily.com.cn/31620/7414875.html
[12] http://www.thedialogue.org/map_list
[13] http://www.politica-china.org/imxd/noticias/doc/1225872371Texto_integro_del_Documento_sobre_la_Politica_de_China_hacia.pdf
[14] Los Pumas del Pacífico Un Modelo Emergente para Mercados Emergentes http://www.bfna.org/sites/default/files/publications/Los-Pumas-del-Pacifico.pdf
[15] De Bandung a los BRICS: Proyectos anti-hegemónicos pero no anti-sistémicos http://www.alainet.org/sites/default/files/alai504w.pdf
Fonte: http://www.alainet.org/es/articulo/173363 (traduzione di Rosa Maria Coppolino)
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