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I comunisti inglesi: “La riforma dell’Unione Europea è impossibile”

Non appena la polvere si è depositata sulla iper vantata rinegoziazione del Primo Ministro Cameron dei termini con cui la Gran Bretagna spera di rimanere membro dell’Unione Europea, i media si sono immediatamente spostati sulla telenovela riguardante quale scelta faranno i capi del Partito Conservatore.

Difficilmente si possono incolpare gli esperti per non essersi concentrati sui dettagli delle supposte concessioni che Cameron avrebbe strappato a Bruxelles.
Il “freno di emergenza” sui benefici sociali sul posto di lavoro per gli immigrati che lavorano e pagano le tasse in Gran Bretagna non è solo la dimostrazione di quanto schifoso sia il Partito Schifoso (i conservatori NdT), ma è anche una puntata della guerra dei Tory contro tutti i lavoratori, siano essi nati qui o altrove: l’Institute for Fiscal Studies afferma che 2,6 milioni di famiglie subiranno una decurtazione media di 1600 sterline ogni anno, come conseguenza del passaggio dai crediti fiscali ai crediti universali.

Così come l’emendamento del trattato tanto celebrato, che afferma la non applicazione alla Gran Bretagna dell’impegno a “un’unione sempre più stretta”, non significa che la Gran Bretagna “non potrà mai essere costretta all’integrazione politica”
Le disposizioni del Patto di Stabilità e Crescita che impediscono ai governi di prendere a prestito e investire nel futuro economico del paese, le clausole dei trattati di Maastricht e di Lisbona che proibiscono gli aiuti statali alle industrie e chiedono la privatizzazione dei monopoli pubblici – queste regole hanno ripercussioni politiche.
L’adesione all’Unione Europea restringe fortemente le scelte possibili agli elettori dei singoli paesi. Il socialismo e pure le politiche socialdemocratiche keynesiane cessano di essere una scelta possibile per gli elettori, sia perché le leve del controllo economico sono nelle mani di istituzioni non controllabili come la Commissione Europea e la Banca Centrale Europea sia perché le misure socialiste stesse come la rinazionalizzazione delle industrie o l’intervento diretto in economia sono illegali.
I sostenitori di sinistra dell’Unione Europea hanno subito un duro colpo negli ultimi anni. Il brutale e spietato immiserimento della Grecia per mano della “troika” dominata dall’Ue ha mostrato chiaramente il fanatismo per il libero mercato e lo sprezzo per la democrazia di questo blocco.
Così come succede con lo stesso entusiastico, sebbene segreto, perseguimento del trattato TTIP sul commercio con gli Stati Uniti, fatto sulle teste dei governi nazionali e in faccia all’opposizione di massa a questo trattato.
Quando Cecilia Malmstroem, Commissaria al commercio dell’Unione Europea, è stata sfidata dal direttore di War on Want John Hillay (un’associazione inglese che si batta contro il TTIP NdT) non ha nemmeno finto che questo gli importasse: “io non ho alcun mandato dal popolo europeo” ha affermato.
Ma molti a sinistra continuano a difendere l’adesione all’Unione Europea.
Alcuni affermano che, piuttosto che uscire, dovremmo batterci per una migliore Ue – più democratica, che protegga i diritti dei lavoratori piuttosto che i profitti dei monopoli. Questa è la posizione del deputato verde Caroline Lucas, e sembra anche quella del leader laburista Jeremy Corbyn.
Questi devono essere sfidati a precisare come intendono raggiungere questi obiettivi. Le strutture antidemocratiche dell’Unione Europea e l’impegno legale verso il neoliberismo sono incorporati in una schiera di trattati vincolanti che non possono essere cambiati senza il consenso di ogni singolo stato membro. Questo rende la riforma del blocco europeo virtualmente impossibile.
Altri si soffermano su specifici provvedimenti della legge europea che proteggono i diritti di maternità e le vacanze pagate, e affermano che i conservatori proverebbero a toglierli se lasciassimo l’Ue.
Certo che ci proverebbero. Ma non sono solo i Conservatori ad avercela con i diritti dei lavoratori. L’Unione Europea stessa ha chiesto la fine della contrattazione collettiva, l’imposizione di contratti flessibili e la liberalizzazione di industrie intere.
Rimanere non è una garanzia che i nostri diritti saranno protetti, specialmente una volta che trattati come il TTIP rendano i governi subalterni ai monopoli transnazionali. Il movimento dei lavoratori deve riconquistare la fiducia nella lotta per un futuro migliore, piuttosto che affidarsi ad un’istituzione antidemocratica per proteggersi dai colpi del governo.
Altri ancora sostengono che poiché le voci più forti in sostegno dell’uscita vengono da destra, si debba votare per rimanere, allo scopo di evitare di essere associati a costoro.
Ma i principali sostenitori della campagna per restare – il Primo Ministro, Sir Stuart Rose, la Goldman Sachs, il governo americano – non sono esattamente degli amici del movimento dei lavoratori.
Le istituzioni britanniche sono più o meno unite nella loro determinazione a restare nell’Unione Europea. Lo status quo per loro va benissimo.
Ma i sostenitori di un cambiamento politico radicale il 23 Giugno dovrebbero votare per uscire.

Editoriale di Morning Star, storica testata dei comunisti britannici

da www.marx21.it Traduzione di Lorenzo Battisti

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