Dalla Cina sudoccidentale all’Europa centrosettentrionale in quindici giorni via terra, invece che in quaranta via mare. È questa la nuova strada ferrata, lunga 8 mila chilometri, che permetterà a treni merci da 80 container, di spostarsi da Chengdu a Rotterdam, il più grande porto d’Europa che prova così a scalzare definitivamente Amburgo e Anversa. I due estremi della nuova strada ferrata diventeranno a loro volta due ulteriori snodi della ragnatela con cui le ferrovie (e le merci) cinesi stanno avvolgendo il mondo. Specie l’Eurasia, dove esiste una strategia ben precisa con tanto di slogan: «yidai, yilu», «una cintura, una via».
L’idea che ha caratterizzato la politica estera di Xi Jinping da quando si è insediato quattro anni fa, è quella di una «nuova Via della Seta» che sfrutti gli itinerari commerciali dell’antichità per spostare merci da un capo all’altro del continente euroasiatico e ricostruire i legami economici, politici, culturali tra le varie nazioni.
Le merci dovranno tornare a viaggiare via mare e via terra sfruttando la nuova rete di infrastrutture che si va costruendo. Si tratta di porti, ferrovie, autostrade, gasdotti e oleodotti su un territorio che coinvolge 64 Paesi, il 70% della popolazione mondiale, il 75% delle riserve energetiche e il 55% del prodotto lordo globale. Secondo il Financial Times solo per i progetti già sulla carta saranno necessari 890 miliardi di dollari. E infatti sono già state costituite due banche che metteranno a dura prova l’egemonia della Banca mondiale: la Banca per gli investimenti nelle infrastrutture asiatiche (Aiib) e la Banca per lo sviluppo asiatico (Adb).
Le sfide saranno moltissime, specie nei Paesi più instabili da un punto di vista politico. Ma nello specifico, per l’Europa, si tratta di una sorta di «rinascimento» delle ferrovie. La prima tratta è stata inaugurata il 6 ottobre del 2008 quando ad Amburgo è arrivato il primo treno che partiva da Xiangtan nella Cina centrale. Aveva impiegato 17 giorni, ma da allora tecnologia e velocità sono migliorate. Ormai ci sono almeno dodici città cinesi e nove europee collegate da strade ferrate transcontinentali. Varsavia è collegata a Suzhou, Lodz a Chengdu, Duisburg a Chongqing, Madrid a Yiwu e chi più ne ha più ne metta. Se continuano a costruire a questa velocità non ci vorrà molto prima che ognuna delle 27 regioni della Cina abbia un collegamento ferroviario diretto con una città europea. Bisogna considerare che l’Unione europea è il primo partner commerciale della Cina. Gli interscambi hanno superato i 600 miliardi all’anno e sono previsti arrivare a mille nel 2020.
Quasi metà delle importazioni dell’Ue viene dalla Cina che rappresenta anche il suo secondo mercato. Al momento la maggior parte di questi treni tornano in Cina pressoché vuoti, ma non ci vorrà molto perché il trasporto ferroviario diventi un’alternativa economicamente appetibile anche per le aziende europee che vogliono affacciarsi al vasto mercato cinese. Spedire su strada ferrata non è più economico che spedire via mare, ma è molto più veloce. E pensare che la prima ferrovia fu costruita in Cina dagli inglesi a metà del XIX secolo. L’imperatore la trovò ingegnosa ma inutile. Oggi quello delle ferrovie è diventato il punto ricorrente degli accordi commerciali della Repubblica popolare con gli altri Paesi. E il premier Li Keqiang ha un nuovo soprannome: «Venditore di ferrovie».
CECILIA ATTANASIO GHEZZI – La Stampa –
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