La guerra fredda sembrava un ricordo, ma le relazioni che muovono le strategie e le tattiche politiche delle Nazioni mostrano, alcune volte, il lato oscuro della Storia.
Donald Trump alla ricerca dell'accordo del secolo con Vladimir Putin…Si potrebbe aprire uno scenario terribile.
dal periodico “The Economist”, 11 febbraio 2017
Traduzione e cura di Francesco Spataro
George W. Bush aveva scandagliato negli occhi di Vladimir Putin, pensando di avergli trovato l'anima. Si sbagliava. Barack Obama tentò di “regolare”, ricomporre le relazioni con la Russia, ma al termine del suo mandato, quest'ultima si era annessa la Crimea, aveva aizzato il conflitto in numerose parti parte dell'Ucraina, ed aveva riempito il vuoto di potere che Obama stesso aveva lasciato in Siria. Donald Trump, adesso, sembra intenzionato a spingersi ancora oltre, e modella una convergenza strategica con la Russia, completamente nuova. Avrà successo, oppure sarà il terzo Presidente Americano consecutivo ad essere raggirato da Putin ?
I dettagli della ridefinizione degli accordi di Trump, sono ancora vaghi ed imprevedibili; questo è, in parte, a causa delle divergenze nella sua cerchia ristretta, dei dissapori fra i suoi collaboratori. Addirittura, mentre il suo ambasciatore alle Nazioni Unite rivolgeva “una chiara e forte condanna”, delle “azioni violente della Russia” in Ucraina, il “bromance” (termine intraducibile che definisce uno stretto rapporto sociale, di intimità non sessuale fra persone dello stesso sesso N.d.T.) del Presidente con Putin stava comunque covando, sotto le braci. Quando un giornalista della Fox News, la settimana scorsa, durante un'intervista rivolta al neo Presidente statunitense, lo imbeccò, suggerendogli che Putin fosse “un killer”, un assassino, Trump gli rispose a tono, molto piccato: “Ci sono una marea di assassini in giro; che cosa pensi, che il nostro Paese sia così innocente?”
Per un Presidente Americano suggerire che la propria Nazione, possa essere sanguinaria quanto quella russa, è senza precedenti; un errore quindi, un regalo, a chi parteggia per Mosca; inoltre, per Trump, pensare che Putin abbia molto da offrire agli USA, è un errore di valutazione, non solo riguardo il potere e gli interessi russi, ma anche il corrispettivo valore che l'America gli potrebbe dare in cambio.
L'arte degli affari incontra lo zar della concussione
Stando alle chiacchiere su Trump, lo script, la narrazione corrente, riguardo la Russia sarebbe più o meno questa: gli USA si coalizzerebbero con Putin per distruggere “il terrore islamico radicale” e, in particolare, l'ISIS. Nello stesso momento, la Russia potrebbe accordarsi per allentare il suo sostegno all'Iran, un vecchio nemico americano in Medio Oriente, e stilare un trattato con i suoi alleati, inclusi Bahrain ed Arabia Saudita. In Europa, la Russia smetterebbe di fomentare il conflitto in Ucraina, si accorderebbe per non molestare i membri della NATO, proprio al suo confine, con la possibilità di intraprendere i negoziati sul controllo delle armi nucleari. A lungo andare, legami più stretti con la Russia potrebbero anche frenare l'espansione della Cina. Stephen Bannon, il consigliere più pericoloso della squadra di Trump, ha dichiarato l’anno scorso, che “non aveva nessun dubbio, che in un arco di tempo che va dai cinque ai dieci anni, gli USA entreranno in guerra nel Mar Cinese meridionale”. Se questo dovesse accadere, l'America avrà bisogno di trovarsi degli alleati, e la Russia è una potenza nucleare che ha in comune con la Cina, un confine di ben 4200 Km. Vi piace l'idea?
Praticamente tutto qui. L'hackeraggio russo potrebbe sì aver aiutato Trump nei sondaggi elettorali, ma questo non vuol dire che si possa dare fiducia a Putin. Gli interessi del Cremlino e quelli Americani sono due mondi, da sempre, inequivocabilmente agli antipodi.
Ad esempio, in Siria, Putin fa un gran baccano sulla presunta guerra ai terroristi dell'ISIS, ma, nella realtà, non ha fatto grandi sforzi in quella direzione. Il suo prezzo per collaborare con gli Stati Uniti, potrebbe essere quello di assicurare una presenza militare russa permanente in Medio Oriente, una potenza che sostenga Bashar-al-Assad, il cui regime, da indiscrezioni trapelate proprio in questi giorni, è stato accusato di aver impiccato migliaia di Siriani, dopo sommari procedimenti giudiziari durati solo poche ore. Niente di tutto questo è un bene per la Siria: né una generica stabilità regionale, né la presenza dell' America. Anche se Putin e Trump condividessero un obiettivo comune (e non è così), e se agli Americani non importasse di diventare complici delle atrocità russe (e dovrebbero sporcarsi le mani, invece), le forze Russe e quelle Americane non potrebbero combattere gomito a gomito, con gran leggerezza. I loro metodi sono differenti; hanno impianti differenti, differenti concezioni. Per fare in modo che questi due mondi dialoghino e lavorino insieme, ci si dovrebbe spartire segreti militari, per proteggere i quali il Pentagono, finora, ha speso una fortuna; inoltre, l’aeronautica russa, non ha aggiunto un gran ché alla potenza aerea della coalizione che già combatte l'ISIS. Truppe di terra sarebbero in grado di farlo, ma è altamente improbabile che Putin le utilizzi.
Analogamente, la Russia non vuole confrontarsi in alcun modo con l'Iran. Le truppe dell'esercito regolare russo, sono di complemento all'aeronautica.; inoltre l'Iran è un mercato promettente per le esportazioni Russe e, soprattutto, i due paesi sono confinanti e mostrano tutti i segnali di poter lavorare insieme, per tenere sotto controllo e gestire la situazione in Medio Oriente, che non ha certo bisogno di altri contrasti per trovare soluzione.
L'idea che la Russia, sia un buon alleato contro la Cina è anche meno realistica. La Russia è molto più debole della Cina, con un'economia e la popolazione in declino, ed un esercito molto meno numeroso e potente. Putin, non ha, né la potenza né tantomeno la propensione ad iniziare una disputa con Pechino; viceversa, sta sviluppando il commercio con la Cina, teme la sua potenza militare ed ha molto in comune con i suoi leaders, almeno nella tendenza a tiranneggiare i paesi confinanti, ed a rigettare la lezione dell'Occidente sulla democrazia, e i diritti umani. Anche se per l'America fosse saggio l'inasprirsi del confronto con la Cina – e non lo è – Putin non sarebbe di alcun aiuto.
Il rischio più grave di un errore di valutazione per Donald Trump è comunque, in Europa. Qui, la lista delle ambizioni di Putin, scende di livello; possiamo dividere i suoi sogni in tre classi: cose che non otterrà finché non imparerà a comportarsi bene, per esempio la revoca delle sanzioni dell'Occidente; cose che non dovrebbe fare, mai, in qualsiasi circostanza, come il riconoscimento dell'occupazione illegale del territorio ucraino, e cose che indebolirebbero l'attuale ordine globale, basato come è sui regolamenti, come l'eventuale complicità Americana nel minare la forza della NATO.
Se Trump concedesse al Presidente russo un po'più di “mano libera”, nei cosiddetti “paesi vicini” (le repubbliche indipendenti russe che costituivano l'ex-Unione Sovietica N.d.T.) alla Russia, Putin lo apprezzerebbe molto: potrebbe smantellare le difese anti-missilistiche americane in Europa, o bloccare l’espansione della NATO, dal momento che quest'anno dovrebbe ingrandire le proprie fila, con l'adesione del Montenegro. Trump, sembra non comprendere a fondo l’enorme entità di queste concessioni; riguardo la NATO, dà segnali contrastanti: il mese scorso l'ha chiamata “obsoleta”, questa settimana giura di volerla sostenere ad ogni costo; alcuni dei suoi consulenti, non sembrano affatto interessati che la UE cada in pezzi, e, come Putin, accolgono leaders come Marine Le Pen, la quale non aspettava altro. Bannon, ammette che la Russia, è una “kleptocrazia” (sistema di governo che bada ai suoi interessi, e che spesso è caratterizzato dalla corruzione e da una avidità sfrenata N.d.T.), ma vede Putin come parte di una rivolta planetaria, conservatrice e nazionalista contro le élite liberali, e quindi naturale alleato del Presidente degli USA.
Farsi trattare da idioti da un “silovik”*
. La ricerca di Donald Trump di un accordo del secolo, con Vladimir Putin è una pura illusione, quasi un delirio. Non importa quanto Trump sia bravo come mediatore, meglio sarebbe, se non si facesse nessun accordo. Infatti, un rischio ignorato, e sottovalutato è che Trump, da doppiogiochista e gran diffidente, si ritrovi a dover gestire un contrasto con Putin destabilizzante e molto pericoloso. Per evitare entrambi i contesti, e per migliorare le relazioni dell'America con la Russia, sarebbe meglio lavorare con un profilo basso, e ad obiettivi minimi: il controllo degli armamenti, o evitare che le due potenze, anche incidentalmente, possano venire in contatto. I rappresentanti repubblicani al Congresso ed i consulenti di Trump più ragionevoli, ed accorti, come per esempio, i segretari di Stato e della Difesa**, dovrebbero battersi pe questo, per convincere il Presidente Trump della bontà di questo ragionamento. L'alternativa potrebbe essere veramente dannosa, assai pericolosa.
*Silovik è un termine russo che identifica gli uomini di potere, anche politici, vicini al Presidente russo; spesso ufficiali precedentemente legati al KGB o ad altri settori dei servizi di sicurezza.
**Rispettivamente Rex Tillerson, manager di Exxon ed amico di Putin e James “cane pazzo” Mattis, generale dei marines ed ex comandante del Central Command, organo responsabile per gli USA delle missioni all'estero.
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