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Il Franco CFA, l’arma letale e il nuovo ordine monetario pluripolare

Il rapporto tra alcuni paesi africani e la Francia è spesso oggetto di dibattito e critica, con considerazioni corrette di subordinazione o dipendenza economica e politica. Questo rapporto ha radici nella storia coloniale e continua ad avere un impatto significativo sulle dinamiche attuali tra la Francia e le nazioni africane interessate. 

Ecco alcune delle questioni chiave che contribuiscono a questo dibattito:
Molte nazioni africane facevano parte dell’impero coloniale francese fino all’inizio del processo di decolonizzazione che ha avuto luogo dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Questa storia coloniale ha lasciato un’eredità di dominio e sfruttamento delle risorse africane da parte della Francia.

Alcuni paesi africani utilizzano ancora il franco CFA, una valuta africana legata all’euro e gestita dalla Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), che è controllata dalla Francia. Questa valuta di fatto è utilizzata per la perdurante influenza economica e finanziaria francese nella regione.

La Francia è stata spesso coinvolta in questioni di dominio neocoloniale politiche e militari nei suoi ex territori coloniali africani. Questi interventi sono una forma di controllo indiretto e interferenza negli affari interni di questi paesi.

La Francia mantiene una serie di accordi di cooperazione militare, economica e politica con molti paesi africani, il che determina un rapporto di subordinazione e dominio, come un legame continuo tra le nazioni africane e la Francia.

Alcuni paesi africani sono fortemente dipendenti dagli investimenti, dagli aiuti e dal commercio con la Francia. Questa dipendenza economica rende questi paesi vulnerabili alle pressioni francesi.

Il Franco CFA (F CFA), « arma invisibile della Françafrique », è la perpetuazione della moneta coloniale. E, nello stesso tempo, perpetuazione sul piano politico-economico del PATTO COLONIALE: patto stabilito, all’epoca delle indipendenze «concesse», attraverso la promulgazione di Accordi di Cooperazione atti a mantenere l’influenza della Francia sul piano militare e della disponibilità delle risorse. 

Si concede una sovranità fittizia alle colonie che, nonostante il cambiamento di statuto e una bandiera che sventola, restano sotto il comando monetario dell’(ex) Impero francese.

Il Franco CFA, moneta delle colonie francesi d’Africa, nasce a dicembre del ‘45 (succede alla Zona Franco, creata nel 1939), 16 mesi dopo gli Accordi di Bretton Woods. L’operazione è particolarmente perversa, perché serve a mascherare l’unicità monetaria tra le colonie e la metropoli, di cui si dichiara in grande pompa la fine. 

E’ nei fatti una forma di dissimulazione del PATTO COLONIALE.

Tra gli effetti perversi del Franco CFA, in seguito all’arrivo dell’euro: alcuni prodotti locali sono diventati più cari dei prodotti importati.

In questo senso, il Franco CFA è stato concepito per permettere alla Francia di riprendere il controllo delle sue colonie che, durante la guerra, avevano diversificato le loro relazioni commerciali. 

Questo sistema di controllo e dominazione s’impone come ‘franco della comunità finanziaria africana’ in Africa dell’Ovest, e ‘franco della cooperazione finanziaria in Africa centrale’ (in Africa centrale). Parigi resta l’unico a decidere il valore esterno di queste monete. 

Tuttavia, è importante sottolineare che il rapporto tra la Francia e gli Stati africani è eterogeneo. Alcuni paesi africani hanno rapporti più forti e cooperativi con la Francia, mentre altri cercano di diversificare i loro partenariati internazionali per ridurre la loro dipendenza.

Inoltre, negli ultimi anni, c’è stata una crescente consapevolezza e critica da parte di alcune nazioni africane dei legami storici e della necessità di rinegoziare accordi e relazioni più equi con la Francia.

In sintesi, il rapporto tra la Francia e i paesi africani è complesso e influenzato da una serie di fattori storici, economici e politici. Mentre in effetti questo rapporto è una forma di subordinazione, è solo all’interno di un progetto di un nuovo ordine mondiale pluripolare che è possibile i rinegoziare i termini delle relazioni tra la Francia e le nazioni africane per garantire una maggiore sovranità e indipendenza.

Diversi Paesi africani sottoposti in passato alla colonizzazione della Francia ancora oggi hanno rapporti economici e finanziari pur se ormai hanno raggiunto la piena indipendenza.

La Francia infatti in molti paesi africani utilizza ancora il franco CFA (Coopération financière en Afrique); come una valuta africana legata all’euro e gestita dalla Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), per diverse ragioni: in primo luogo perché nel periodo coloniale il franco francese era la valuta ufficiale e pur avendo i paesi africani ottenuto la loro indipendenza gli è stata di fatto imposta una stretta relazione economica con la Francia e hanno continuato a utilizzare una versione modificata del franco francese, ovvero il franco CFA.

Va detto poi che il fatto che il franco CFA sia legato all’euro consente apparentemente di mantenere una certa stabilità finanziaria e anche una garanzia contro l’iperinflazione, fatto che si contrabbanda come un vantaggio per i paesi africani che utilizzano questa valuta.

C’è poi un accordo di cooperazione monetaria in quanto gli Stati africani che utilizzano il franco CFA hanno accordi di cooperazione monetaria con la Francia, la Banca Centrale degli Stati dell’Africa dell’Ovest (BCEAO) gestisce il franco CFA per i paesi dell’Africa occidentale, mentre la Banca BEAC lo gestisce per i paesi dell’Africa centrale.

I paesi che utilizzano il franco CFA si sostiene fittiziamente siano favoriti nel commercio e negli investimenti con la Francia.

E’ vero però che la Francia attraverso l’utilizzo del Franco CFA ha la possibilità di controllare i paesi africani sia dal punto di vista della politica monetaria sia delle riserve esterne.

Da notare che questi paesi erano in gran parte colonie francesi durante il periodo coloniale e hanno mantenuto il legame con la Francia utilizzando il franco CFA anche dopo l’indipendenza, ma ora si presenta l’occasione storica del nuovo ordine pluripolare a partire dai BRICS PLUS. 

Costituire il 46% della popolazione mondiale va bene, ma il massacro dei migranti etiopi da parte delle guardie saudite, due nuovi BRICS, significa che, come africani e ancor più in nome del panafricanismo, dobbiamo sollevare la questione dei “BRICS dei popoli”. (24 agosto: il governo etiope ha annunciato martedì che condurrà un’indagine congiunta con l’Arabia Saudita, in seguito alla pubblicazione di un rapporto di Human Rights Watch che accusa le guardie di frontiera saudite di aver ucciso centinaia di migranti etiopi tra marzo 2022 e giugno 2023).

Questa situazione sta comunque cambiando perché ì paesi che utilizzano il franco CFA hanno l’esigenza di rinegoziare gli accordi monetari e cercare una maggiore autonomia nella gestione delle proprie politiche economiche. 

Nel gennaio 2020, i paesi dell’Africa occidentale che utilizzano il franco CFA hanno annunciato piani per adottare una nuova valuta chiamata l’Eco, separandosi dalla gestione del franco CFA da parte della Francia. Tuttavia, l’Africa centrale non ha ancora adottato misure simili. 

Le dinamiche intorno al Franco CFA rimangono complesse e in evoluzione.

Zona del Franco CFA dell’Africa occidentale (XOF):
• Benin
• Burkina Faso
• Costa d’Avorio (Côte d’Ivoire)
• Guinea-Bissau
• Mali
• Niger
• Senegal
• Togo

Zona del Franco CFA dell’Africa centrale (XAF):
• Camerun
• Ciad
• Congo-Brazzaville (Repubblica del Congo)
• Gabon
• Guinea Equatoriale
• Repubblica Centrafricana
• Ciad

Il sistema è basato su 4 principi: fissità della parità, libere transazioni (all’interno della Zona Franco, creando una dinamica che liberalizza e istituzionalizza la predazione delle risorse locali, su cui i capitali stranieri esercitano un controllo totale), convertibilità illimitata (assicurata dal Tesoro francese, con obbligazione di un deposito di riserve monetarie) e centralizzazione delle riserve di cambio, (secondo la quale le banche africane devono depositare una parte dei loro averi esterni in Francia, nelle casse del Tesoro francese, che ne garantisce la convertibilità).

In questo quadro, il Conto d’Operazioni è l’arma invisibile, arma letale in grado di far cadere un regime.

E’ quello che è successo nelle sequenze finali della crisi in Costa d’Avorio (2010-2011), quando tutte le transazioni commerciali e finanziarie della Costa d’Avorio sono state bloccate attraverso la sospensione delle operazioni di pagamento e di scambio della Costa d’Avorio, operazioni che dovevano transitare attraverso il Conto d’Operazioni della BCEAO, la Banca commerciale degli Stati dell’Africa dell’Ovest.

Questo successe proprio quando la Costa d’Avorio si stava organizzando, per iniziativa di Laurent Gbâgbô, in vista della creazione di una moneta nazionale, al fine d’uscire dalla Zona Franco e di rompere l’accerchiamento imposto dalla BCEAO. 

Dopo averla annunciata in pompa magna alla fine del 2019, negli ultimi mesi il governo macronista ha presentato a deputati e senatori una “riforma” del franco CFA dell’Africa occidentale. Il dibattito era cruciale per il futuro di 14 Paesi africani, i cui destini sono ancora modellati da questa moneta coloniale. Tanto più che le modifiche proposte erano di lieve entità.

La verità, però, è ben diversa e non è difficile da stabilire: il sistema CFA è soggetto solo a piccole modifiche di natura simbolica per gli otto Paesi che utilizzano il franco CFA in Africa occidentale (Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo), e rimane invariato per i sei Paesi dell’Africa centrale che lo condividono (Camerun, Repubblica Centrafricana, Ciad, Congo, Guinea Equatoriale e Gabon).

Tutto ciò emerge chiaramente dai rapporti e dai resoconti dei dibattiti parlamentari in Francia.

Dunque la chiave di volta del meccanismo è proprio questo: Conto d’Operazioni, che ogni banca africana della Zona Franco deve aprire nel registro contabile del Tesoro francese, che dispone così di un potere illimitato di controllo sulle Banche africane e paralizzare – se la congiuntura politica lo richiede (un capo di Stato che non vuole più subordinarsi agli ordini della Francia, per esempio) l’intera Amministrazione di un paese, operando un vero e proprio sabotaggio, o addirittura un blocco della sua economia. 

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