La riflessione sul lento sviluppo della critica politica, delle istituzioni e della critica scientifico-ideologica compiuta negli ultimi decenni anche insieme al sempre caro Franco Piperno , ci ha posto un problema di ritornare sul limite storico, sollevando la questione della scienza e del suo ruolo nella società contemporanea.
La riflessione con Franco su questi temi è stata essenziale per affrontare le sfide del presente e contribuire a un progresso più consapevole ed equo. Tale questione può essere affrontata con la conversione filosofica, cioè quel processo mediante il quale una conoscenza scientifica, pur avendo raggiunto già inquisiti minimi di teoria scientifica, deve estendersi e strutturarsi rispetto a quelle che sono le metodiche della filosofia della prassi.
Ci siamo posti anche con Franco Piperno alcune strategiche domande : cosa avviene nello sviluppo della scienza? Qual è l’ordine? Quali sono le evoluzioni? Una riflessione vera su questa evoluzione ci ha in parte fatto capire l’importanza della nozione del rapporto dialettico, cioè solo quando introduciamo la prassi alla dialettica della teoria riusciamo a conoscere il rapporto fra teoria scientifica e verità oggettiva e questo è ancora più vero nella politica economica perché la politica economica deve unificare ovviamente prassi e dialettica.
Parecchi studiosi su questo stanno lavorando da tempo e mettono in evidenza il fatto che la concezione della dialettica verità-errore è una considerazione di tesi filosofica e quindi la verità finisce sempre per affermare l’espressione della sicurezza del punto di vista. La verità vincerà l’errore? E se sì, come? Ovviamente, con la legge dello sviluppo e la legge della storia che determineranno a loro volta le condizioni dello sviluppo, se volete, del progresso.
La riflessione anche di Piperno , sulla scienza e sulle scienze sociali solleva interrogativi critici: il concetto di scienza e di scienza sociale si esaurisce nel giudizio sull’utilizzo socialmente possibile di una scienza o nella probabilità di una sottomissione indefinita della natura a un ordinamento sociale? La nostra modesta risposta potrebbe richiedere un’articolazione della questione della scienza nell’ambito di un progresso generale della teoria marxista, nonché un perfezionamento dell’azione politica.
Il dominio della scienza introduce il concetto di causalità e, di conseguenza, una critica dell’economia politica. Questo dominio complessivo ci ha permesso , ed il contributo di Franco in questo è ‘ stato eccezionale e davvero dirimente , di comprendere che non esiste una scienza della cultura separata, relegata ai filosofi. Invece, c’è una scienza del sociale che appartiene, per così dire, maggiormente agli scienziati.
Riprendendo una citazione di Karl Marx «ogni scienza sarebbe superflua se l’essenza delle cose e la loro forma fenomenica direttamente coincidessero» si può certo considerare che allora, stante un tale livello di compromissione tra sviluppo scientifico e tecnologico e fini militari e di profitto, il problema della responsabilità degli esecutori consapevoli di una tale degenerazione si propone palesemente: «se inoltre una porzione crescente degli scienziati – afferma infatti Baracca – si è dedicata a studiare e realizzare armi sempre più micidiali, questa è una scelta di questi scienziati, non vedo come si possa pensare che non ne portino la responsabilità».
Il dibattito ci siamo detti negli anni con Franco, resta aperto, dunque, sulla natura della filosofia marxista: se essa debba essere intesa come scienza delle leggi del pensiero e della storia, oppure se debba rivestire una funzione metodologica e critica nei confronti delle scienze particolari. La tensione tra queste due interpretazioni attraversa tutta la tradizione marxista, anche quella contemporanea, e continua a stimolare riflessioni sull’autonomia e il ruolo della filosofia nel contesto del materialismo dialettico.
Marx affermava, già all’epoca, che la coscienza umana non sia un’entità separata o autonoma, ma collegata al mondo materiale circostante. La coscienza è il riflesso della realtà oggettiva delle menti umane. Questo concetto è fondamentale per il materialismo storico, perché per noi le condizioni materiali e sociali, quindi anche la produzione economica, determinano la forma e il contenuto delle idee e delle concezioni mentali, come diceva Marx «Non è la coscienza che fa le condizioni sociali sono le condizioni sociali, le condizioni di sopravvivenza, che determinano la coscienza». Il termine riflesso significa che la coscienza non crea realtà, ma piuttosto la riflette, la interpreta, la rappresenta nella sfera delle idee.
Esattamente, la teoria marxista sottolinea il legame indissolubile tra la base materiale di una società e la sua sovrastruttura ideologica. Le idee e le concezioni mentali sono fortemente influenzate e plasmate dalle condizioni materiali in cui si sviluppano. Affrontare il problema della scienza , come abbiamo cercato di fare con Franco con pazienza e partendo da riferimenti disciplinari accademici diversi, implica un’esplorazione approfondita della sua natura duplice: da un lato, la produzione della forma della scienza, cioè la sua specificità, e, dall’altro lato, la produzione della scienza in sé.
La critica marxista della scienza , come ottimamente ricercava Piperno , si confronta con la teoria scientifica, cercando di evitare trappole di circoli viziosi attraverso l’applicazione della dialettica, come proposto anche da Engels, per affrontare le relazioni anti-scientifiche.
È responsabilità degli economisti politici di oggi sviscerare le condizioni dell’ampia diffusione della conoscenza e della sua mercificazione, indagare le basi metodologiche e concettuali per le quali transita la creazione del valore nell’epoca dell’economia della conoscenza. Risulta che nel momento di negoziare conoscenze, la produzione che si vende come merce è la conoscenza che appare qui come prodotto finale (per esempio i brevetti). Sorge così una contraddizione tra la trasformazione della conoscenza in valore ed il valore della conoscenza come merce.
Nell’attuale fase di competizione capitalistica globale, c’è una propensione a sottoporre l’intera realtà – in tutte le dimensioni e i campi dell’umano, a partire da quello economico – alla logica del business, del profitto creando un potere ideologico dominante.
Chi subisce le maggiori conseguenze è chi decide di subire la realtà del capitale come individuo singolo e non come entità sociale collettiva, e che quindi si omologa, si sottomette e accetta le verità preconfezionate e funzionali a chi detiene il potere economico (prima che politico) senza opposizioni collettive e sociali ed anzi adeguandosi e omologandosi al sistema, rinunciando alla propria libertà e personalità.
Nel contesto contemporaneo, la teoria del riflesso risulta ancora più valida, specialmente nel capitalismo attuale, dominato dalla sorveglianza digitale. Grandi aziende come Google e i giganti del cosiddetto mondo Meta sfruttano i dati personali e l’esperienza degli utenti per generare profitto.
Questo approccio si basa sull’utilizzo massiccio dell’intelligenza artificiale, consentendo alle multinazionali di raccogliere e sfruttare enormi quantità di dati personali per influenzare le scelte, manipolare i comportamenti e prevedere le azioni future degli individui, tutto a fini economici. In questo modo, si crea una dinamica in cui gli utenti diventano soggetti osservati, fornendo un plusvalore informativo ogni volta che interagiscono su Internet.
La battaglia culturale si presenta quindi come il terreno centrale della lotta di classe contemporanea.
Non si tratta più soltanto di difendere il sapere specialistico, e in questo con Franco ci siamo sforzati di trovare i punti comuni dei diversi approcci disciplinari di partenza, la fisica e la politica economica, ma di salvaguardare e sviluppare la ragione critica e le capacità umane universali. Nel tardo capitalismo, il tribunale della ragione – un principio caro all’Illuminismo – non è più appannaggio di una minoranza colta, ma può e deve diventare una pratica collettiva di massa.
Per affrontare questa sfida, è necessario interrogarsi sulle strutture profonde della società. La divisione in classi, visibile da millenni attraverso la rappresentazione di alto e basso, padroni e servi, richiede un’analisi più complessa. Non basta riconoscere l’esistenza di disuguaglianze evidenti: occorre comprendere come queste funzionino e si riproducano attraverso i rapporti di produzione. Pertanto, la lotta di classe, o se si preferisce, la lotta alle diseguaglianze, alle ingiustizie economico-sociali non si gioca solo sul piano economico o politico, ma anche – e forse soprattutto – su quello culturale e umano.
La possibilità di un futuro diverso in un mondo nuovo dipende dalla capacità di contrastare la manipolazione delle coscienze, riscoprendo e rivitalizzando le potenzialità insite in ogni individuo. È un compito difficile e ancora agli inizi, ma indispensabile per affrontare le sfide dell’irrazionalità crescente e delle ingiustizie del nostro tempo.
Le riflessioni del nostro caro compagno compianto amico fraterno , il calabrese prof . Franco Piperno si radicano in una tradizione marxista che include le teorie di Karl Marx, ma anche gli sviluppi successivi di Autori come Antonio Gramsci, Rosa Luxemburg e più recentemente, studiosi come Louis Althusser e Michael Hardt.
Piperno riprende l’idea marxiana della storicità del tempo e la rielabora, cercando di inserirla in un contesto contemporaneo in cui la comprensione delle leggi del capitale è essenziale per costruire una prassi di trasformazione reale.
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