Riportiamo qui sotto la traduzione di un contributo pubblicato su Al Jazeera. L’autrice, Eman Abu Zayed, è una scrittrice e studentessa dell’Università Islamica di Gaza. Ad agosto aveva raccontato al Manifesto la sua vita sotto le bombe dei terroristi sionisti, negli ultimi due anni di vita a Gaza. Un paio di giorni fa ci ha raccontato di come le manifestazioni oceaniche del 22 settembre abbiano regalato a tanti un sorriso, anche se magari solo per un secondo.
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La mobilitazione di massa per la Palestina in tutta Italia ha trovato eco a Gaza. Siamo davvero grati.
Lunedì scorso ero in strada a cercare un segnale internet a Nuseirat, nella Striscia di Gaza centrale – cosa diventata quasi impossibile a Gaza. La nostra casa era appena stata bombardata per la terza volta durante la guerra, ed eravamo stati costretti a fuggire per la decima volta. Avevo appena perso tutto, ancora una volta.
Il mio cuore era pesante per il dolore e tutto ciò che mi circondava mi ricordava la perdita che ci era capitata.
Quando finalmente sono riuscita a connettermi, video, foto e messaggi audio dall’Italia hanno inondato il mio telefono. Ho visto folle di persone marciare per le strade, sventolando bandiere palestinesi e cantando insieme per la nostra libertà. Ho visto piazze piene di striscioni con la scritta “Stop the War” e “Free Palestine”, e volti che esprimevano un misto di rabbia e speranza. Stavano cercando di inviarci un messaggio: vi ascoltiamo, siamo al vostro fianco.
Ho provato una gioia immensa.
Era la prima volta che assistevo a proteste pro-palestinesi di tale portata e impatto. I sindacati indipendenti italiani avevano indetto uno sciopero di 24 ore e gli italiani avevano risposto in massa. In oltre 70 comuni italiani, la gente è scesa in piazza per dimostrarci che aveva a cuore Gaza, che sosteneva la nostra causa, che voleva la fine immediata del genocidio.
Non si tratta di una nazione a maggioranza musulmana o araba. È un paese occidentale, il cui governo si rifiuta di riconoscere uno stato palestinese e continua a sostenere Israele. Eppure, il popolo italiano è sceso in piazza per noi, per esprimere la sua solidarietà.
Questa mobilitazione dimostra che la solidarietà con i palestinesi non si limita a coloro che ci sono vicini o che provengono dallo stesso background culturale, ma si estende a persone provenienti da tutto il mondo, anche nei luoghi in cui le élite politiche continuano a sostenere Israele.
A Gaza, queste scene di solidarietà italiana si sono diffuse di telefono in telefono, portando un raggio di speranza tra le macerie, la fame e le bombe. La gente ha condiviso questi video di chat in chat, guardando con stupore la folla italiana. Queste immagini e filmati hanno portato rari sorrisi sui volti palestinesi. La sensazione di non essere completamente abbandonati, che il mondo esterno si stia mobilitando per fermare la guerra, si è insinuata tra di noi.
La scorsa settimana ho seguito da vicino anche la Sumud Flotilla che si sta dirigendo verso Gaza. Il governo italiano ha esercitato forti pressioni sulla delegazione di 50 cittadini italiani affinché desistessero dalla missione. La maggior parte di loro ha rifiutato e ora si trova a bordo di diverse navi dirette verso di noi.
Ho avuto modo di comunicare anche con alcuni giornalisti italiani a bordo di una nave, che hanno condiviso con me parole piene di incoraggiamento e di speranza, assicurandoci che non siamo soli e che c’è chi continua a lottare per noi, nonostante le distanze e le sfide.
Le proteste e la Flotilla non sono stati l’unico raggio di speranza che ho ricevuto dall’Italia. A giugno, dopo aver letto alcuni miei articoli, due italiani – Pietro e Sara – e Fadi, un palestinese residente in Italia, mi hanno contattato.
Il loro supporto non si è limitato alle parole; è stato tangibile. Mi hanno aiutato a condividere i miei scritti in modo che potessero raggiungere più persone. Mi hanno anche contattato costantemente, chiedendomi di me e della mia famiglia e inviandomi messaggi pieni di speranza e incoraggiamento.
Ad agosto, con l’aiuto dei miei amici, sono riuscita a pubblicare la mia storia personale sul quotidiano italiano Il Manifesto, condividendo la nostra sofferenza e la nostra resilienza con migliaia di lettori.
Prima della guerra, non sapevo molto dell’Italia. Sapevo che era un paese meraviglioso, con una storia interessante e una gente amichevole. Ma non mi sarei mai aspettata di vedere gli italiani mobilitarsi per la Palestina, scendere in piazza in gran numero per sostenerci.
Oggi provo ammirazione e apprezzamento per il popolo italiano. La loro partecipazione alle proteste, il loro sostegno personale e il loro ruolo in iniziative come la Sumud Flotilla mi hanno davvero fatto capire che la nostra causa non è lontana dai cuori delle persone in tutto il mondo, che la solidarietà internazionale non si fa solo a parole, ma con azioni concrete.
Spero di vedere proteste simili in altri paesi, di sentire che il resto del mondo vede davvero la nostra sofferenza e sostiene il nostro diritto alla vita, alla libertà e alla dignità.
Al popolo italiano e a tutti gli altri che si mobilitano per Gaza, voglio dire: vi vediamo, vi sentiamo, ci riempite il cuore di gioia.
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