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Con la motivazione “qualsiasi azione necessaria per proteggere i civili” gli aerei “nostrani” vanno bombardando tutto ciò che si muove fuori dell’area controllata dalle tribù ostili a Gheddafi.

E’ una sinergia fanteria-aviazione molto classica, nei manuali di guerra. Permette di allargare il “proprio” controllo a terra grazie alla supremazia nei cieli. Oddio, anche supremazia è termine improprio. Gheddafi non ha lo straccio di un aereo in grado di fare il solletico agli F16 anglo-statunitensi o ai Rafale francesi. Né (più) una contraerea che vada oltre la jeep “tecnica”, con mitragliatrice sul cassone dietro. Differenze di tecnologia, di dotazione, di addestramento. E’ come voler far giocare un computer x286 con MsDos (quelli a riga di comando) contro una batteria di quad core che girano sotto Linux, con scheda grafica da 2 giga e casse acustiche da 100 watt.

Che tipo di guerra diventa? Quella che vediamo da ormai 20 anni attraverso le telecamere associate ai sistemi di puntamento dei bombardanti. Tu puoi volare tranquillo, un computer ti trova l’obiettivo. Non devi far altro che metterlo al centro del collimatore e poi schiacciare il pulsante del “fire”. Centro sicuro o quasi. E non ti devi preoccupare di nulla. Quelli lì sotto non ti possono fare assolutamente nulla. E’ come se avessero arco e frecce. Ti muovi fuori dalla loro gittata, vai più veloce di quanto loro possano cercare di correggere il tiro; più veloce anche dei pochi missili antiaerei che gli sono rimasti.

Insomma, è più faticoso un videogame «spara spara». Lì a ogni livello c’è un nemico più forte, robusto, resistente, abile, incazzato, mentre tu rischi di rimanere senza munizioni da un momento all’altro. Ammazzi gente, anche se sono militari e non civili, forse (con i missili Cruise il risultato non è altrettanto chirurgico; tanto più che i Tomahawk spargono uranio impoverito che, com’è noto, non sa distinguere nemmeno tra animali, piante e umani). Ammazzi gente da intoccabile, come un boia “divino” che lancia i suoi lampi dal cielo, intoccabile.

Che tipo di guerra è quella in cui tu hai tutti i mezzi e gli altri quasi nessuno? Le hanno dato un nome, come si conviene a ogni cosa sulla terra. Si chiama “guerra asimmetrica”. E’ l’unica ormai che l’Occidente possa combattere. Tra “pari” – ossia tra chi possiede armi nucleari, aerei moderni, ecc – non si può più fare; almeno da quando l’atomica ce l’hanno almeno due paesi. Ma ora sono parecchi di più.

E’ la guerra post-moderna, dice qualcuno. Un asino, probabilmente. E’ la guerra che i neo-americani conoscono meglio. L’hanno già combattuta contro i nativi: carabina contro arco e frecce, vuoi mettere? E gli inglesi in India o contro gli Zulu. E i francesi in altre colonie. Hanno affinato la strumentazione, non usano più quelle pericolose – da maneggiare – coperte infettate di vaiolo (c’è l’uranio impoverito, l’abbiamo già detto; oltretutto non sapevamo come smaltirlo…).

Quindi, si può “fare guerra” – e chiamarla persino “umanitaria” – solo se “il nemico” è inerme o quasi. Lo è di sicuro finché stai in cielo. Se invece tocchi terra e sei costretto vederlo in faccia, le cose cambiano. Si è visto in Iraq, si vede in Afghanistan. Meglio fare come contro l’ex Jugoslavia, e lasciare i compiti di fanteria a qualche tribù locale. Tanto il petrolio ce lo mandano via oleodotto o per nave; meglio se già raffinato.

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