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Nel caso della classe dominante nel nostro paese il parametro diventa molto più esteso. Potremmo rimodularlo nella seguente maniera: “di fronte a nuovi problemi ripropone pedissequamente le medesime soluzioni”.
Prendiamo a prestito e pretesto l’editoriale di Giavazzi sul Corriere della Sera del 4 settembre, per dimostrare come l’ottusità sta conducendo il paese, e soprattutto i suoi uomini e donne, alla rovina. L’economista al quale Monti ha affidato la super consulenza sui problemi relativi agli aiuti alle imprese e il maggiore giornale affida spesso l’editoriale, ha dato la stura ad una tesi piuttosto singolare. Siccome ci sono le elezioni e alcuni dei partiti che sostengono il governo Monti annunciano di volerne modificare alcune misure (quelle sulle pensioni e la reintroduzione dell’Imu), occorre blindare il mantenimento di questi provvedimenti attraverso una risoluzione parlamentare preventiva che li impegni a non operare modifiche all’indomani dei risultati elettorali.
Un modo contorto di riaffermare un concetto che si va ampiamente affermando e che rende irrilevanti i risultati elettorali e la stessa funzione dei partiti perchè programma e decisioni sono già prese e determinate da organismi “esterni” come Bce, Fmi, Commissione Europea.
In sostanza coloro che alimentano questa visione del mondo e delle cose, affermano che anche di fronte a novità, cambiamenti, problemi nuovi che si presentano inevitabilmente nel mondo reale, per “tranquillizzare i mercati” non si debba modificare una virgola di quanto già stabilito magari anni prima e in condizioni diverse. Certo viene da chiedersi quali meriti possa accampare un economista consulente di governo quando ritiene – testuale – che “L’abrogazione di contributi alle imprese per circa 10 miliardi annui “produrrebbe, nell’arco di due anni circa, un aumento del livello del Pil di 1,5%”. Una ipotesi discutibile anche a livello di accademia ma già oggi smentita clamorosamente da tutti i dati materiali e tendenziali ampiamente disponibili. La realtà dimostra che la ricetta liberista non sta affatto producendo crescità né, tantomeno, sviluppo, ma gli ottusi riproprongono para para l’unica ricetta che conoscono.

Ma Giavazzi non è solo. Un altro campione emergente è il ministro Passera il quale di fronte all’ultima crisi industriale – quella dell’Alcoa – rinuncia a esplorare qualsiasi soluzione che non sia quella di un nuovo acquirente (che non si è manifestato negli ultimi due anni) oppure di lasciar andare in malora un altro pezzo della produzione di qualità del sistema industriale del paese “perchè i costi dell’energia sono troppo alti”. Viene da chiedersi a cosa servano i governi se non riescono nemmeno a gestire i costi dell’energia per mettere in sicurezza i livelli produttivi più avanzati. E’ noto infatti che per le imprese il problema principale siano i costi industriali (energia inclusa) e non il costo del lavoro sul quale invece continuano ad accanirsi le uniche soluzioni che vengono adottate. Di fronte alle centinaia di crisi aziendali che stanno portando alla chiusura più 400 fabbriche e sul lastrico migliaia e migliaia di lavoratori, un governo non ottuso esplorerebbe qualsiasi soluzione, non esclusa quella di nazionalizzare le imprese strategiche. Ad esempio quelle energetiche ne sarebbero un tassello fondamentale proprio per poter ridurre i costi industriali. Paradossale ma emblematico della ottusità è che gli unici fondi pubblici che vengono investiti nella crisi siano quelli destinate alle banche, in alcuni casi (come in Spagna, Irlanda,Gran Bretagna, Stati Uniti) arrivando addirittura a nazionalizzarle. Flessibili in una sola direzione, ottusi in tutte le altre.

Non ci consoli il fatto che ci saranno le elezioni. Il mercato politico che ci si offre, al momento, è desolante e non indica nessun punto di rottura e controtendenza, anzi la continuità della subalternità ai vincoli dell’Unione Europea non viene messa in discussione da nessuno. Ottusi a tutto campo dunque. Al contrario è proprio questo il vincolo da spezzare per poter cominciare a recuperare risorse, sovranità democratica e misure di giustizia sociale. Non sarebbe la transizione al socialismo ma almeno una riapertura di vedute sulla realtà a fronte di una ottusità sempre più sanguinosa per il paese. Come diceva il grande maestro Monicelli “l’Italia non ha bisogno di speranza ma di una rivoluzione”.

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1 Commento


  • luciano

    I satrapi del capitale sanno benissimo quello che fanno; di fronte alla caduta tendenziale del saggio di profitto,l’unica soluzione che sanno adottare è la diminuzione spietata del salario diretto ed indiretto, nello scontro esiziale ,inevitabile nel modo di produzione capitalistico,tra oligarchie sempre più accentrate e lavoro sempre più parcellizzato,svuotato della sua centralità intrinseca alla produzione di plusvalore, da anni relegato in nicchie sempre più anguste,in cui il suo costo infimo deve provvedere alla sopravvivenza del margine vitale per il capitale.Quello che l’antica coscienza della classe deve risvegliare, è la consapevolezza di una lotta che non si esaurirà nel semplice ripristino di diffusa socialità,ma,( questa volta),nella messa in discussione radicale della struttura economico/sociale che fonda la sua legittimità sull’estorsione di profitto dal lavoro subordinato.Le strategie messe in campo finora da chi doveva opporsi,sono risultate ,sin qui, poco incisive,se non perdenti di fronte alla compattezza dimostrata dalla classe dominante.Deve apparirci chiaro il disegno reazionario e criminale della borghesia,che non è più quello del recupero momentaneo del comando sul lavoro,ma quello ben più risolutivo di distruzione pura e semplice di quote sempre maggiori di lavoratori non più utili al ciclo di accumulazione del capitale.Questo abbiamo di fronte e su tali prospettive bisogna sapersi muovere.

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