In ogni caso l’obiettivo sembra evidente: non lasciare alcun punto di riferimento nella testa delle persone alle prese con gli effetti della crisi.
Vediamo cosa accade, senza tanti fronzoli. Il Corriere della sera, ex “salotto di concertazione” della borghesia familiare italiana, affida ad Antonio Polito un editoriale “anti-populista”. Incipit fulminante e rivelatore: “Con l’adesione di Silvio Berlusconi al No Monti Day, il Pdl si è virtualmente dimesso dal Partito popolare europeo”.
In scia si muove Il Sole 24 Ore, organo di Confindustria, che titola così la sua apertura online di oggi: “Caos Pdl, prevale la linea dei «no Monti» dopo lo strappo del Cavaliere. I falchi chiedono testa di Alfano“.
Pierluigi Bersani e Norma Rangeri si occupano di confondere il “popolo di sinistra” dipingendo come un mostro pieno di forza un ometto rabbioso e sull’orlo di una crisi di nervi, che non sa più come arginare “l’avanzata delle Procure” e non dispone più nemmeno di un esercito di fedelissimi pronti a fargli da scudo; semmai stanno trattando con i vincitori per “lasciarlo solo”. Ma la “linea politica” del centrosinistra è chiara: tutti intorno a Monti e al Pd, altrimenti vi riprendete il Cav. Terrorismo di bassa lega, suonato su un tamburo fesso che ormai manda un suono scopertamente falso. Basta dare un’occhiata all’andamento dello spread oggi per capirlo.
Altrove l’hanno presa decisamente meno sul serio. Altan – con una vignetta di perfida genialità – centra icasticamente il cul de sac in cui il Cavaliere s’è infilato da solo. Casini preconizza senza troppo sforzi di fantasia la solitudine finale del Caimano. La “destra dal volto nuovo” – Matteo Renzi – si sbilancia fin troppo nel chiarire la posta in gioco: “La mia candidatura è l’unica che potrebbe scardinare un blocco del sistema”.
Il “sistema” da sbloccare è questa classe politica decotta, Bersani come Berlusconi o gli innumerevoli Mastella del sottobosco. Per dare “finalmente” a questo paese una nomenklatura antipopolare di alta affidabilità europea. Come Monti, ma “eletti dal popolo”. Anche se magari da meno del 50% degli elettori, come in Sicilia.
Progetto non facile, perché la destra liberista in questo paese ha – per ragioni di composizione di classe – numeri davvero bassi. Quindi, spargere paura diventa una linea di condotta di lunga durata; con i media al centro della battaglia. Non è stato proprio Berlusconi a farsi strada così?
Restiamo a noi. Il successo imprevisto del “No Monti Day” è stato tale da farne paradossalmente un’occasione per i seminatori professionali di paure. Attendiamo con (annoiata) ansia il pezzo di un fine politologo che ci spieghi il gioco degli “opposti populismi”. Deja vù? No, preistoria della reazione attuale. I “moderati” di oggi sono i “benpensanti” di 44 anni fa. Cambiano volti e nomi, non gli argomenti, le soluzioni retoriche, lo schema di gioco. Chi contesta una politica economica che ci sta facendo sprofondare nella povertà collettiva, viene sbrigativamente assimilato ai banditi che quelle stesse cerchie dirigenti hanno avallato per venti anni come “il nuovo che avanza”.
Ma c’è una differenza profonda, tra allora e oggi. La crisi spazza via la possibilità di riproduzione di interi settori sociali. Non solo il lavoro dipendente e i pensionati, non solo il precariato più o meno giovanile e il pubblico impego. Devono pagare pegno anche le colonie di batteri famelici prosperate negli interstizi tra l’amministrazione e l’impresa, tra un appalto e un evasione fiscale, tra un’impresa in nero e la malavita organizzata. La poltiglia maleodorante che appesta questo paese in misura “superiore alla media europea” va – nell’ottica della borghesia multinazionale riassunta nella troika – normalizzata tanto quanto il movimento operaio.
Una “macchina da competizione” internazionale non sopporta antagonismi operai nel cuore del motore produttivo, ma nemmeno zavorra a bordo, né merda sulle ruote o passeggeri a sbafo.
È interesse di questa borghesia e dei suoi terminali “politici (dal Corriere al “centrosinistra di governo”) descrivere avversari sociali diversi come se fossero “la stessa cosa”. È nostro interesse – in ogni istante – mantenere lo sguardo concentrato sul processo di costruzione europea, alimentare la resistenza sociale alle politiche della troika, senza accettare confusioni.
Non ci spaventerete col feticcio berlusconiano. Sappiamo distinguere bene e ricoscerere come simile – non uguale – la mano di chi ci ha tolto diritti e salario ieri e quella di chi ce li sta togliendo oggi. Il “No Monti Day” ha aperto la via che porta a mandarvi via insieme, così come insieme siete stati da sempre.
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Marco Santopadre
Un commento di Giorgio Gattei
Ottima e lucida analisi. Soprattutto:
“La crisi spazza via la possibilità di riproduzione di interi settori sociali. Non solo il lavoro dipendente e i pensionati, non solo il precariato più o meno giovanile e il pubblico impiego. Devono pagare pegno anche le colonie di batteri famelici prosperate negli interstizi tra l’amministrazione e l’impresa, tra un appalto e un evasione fiscale, tra un’impresa in nero e la malavita organizzata. La poltiglia maleodorante che appesta questo paese in misura “superiore alla media europea” va – nell’ottica della borghesia multinazionale riassunta nella troika – normalizzata tanto quanto il movimento operaio. Una “macchina da competizione” internazionale non sopporta antagonismi operai nel cuore del motore produttivo, ma nemmeno zavorra a bordo, né merda sulle ruote o passeggeri a sbafo”:
Aggiungerei solo che non sopporta più nemmeno quei ceti medi che hanno fatto la fortuna della società fordista (ci pescavano dentro DC e PCI) che adesso devono essere costretti a promuoversi nella “aristocrazia salariata” (se si sbattono…) oppure saranno ricacciati nel proletariato più infimo della precarietà occupazionale (nei “poveri laboriosi” = working poor in inglese) se fanno gli “schizzinosi”.