Crisi (di governo) o bluff disperato? La mossa plateale di Berlusconi – far firmare dimissioni in bianco a (quasi) tutti i parlamentari del Pdl – ha costretto i soporiferi Letta il Giovane e Napolitano a uscire allo scoperto per mantenere un minimo di credibilità a quel che resta dell’assetto istituzionale della repubblica nata dalla Resistenza.
Il presidente è stato obbligato a dire – per la prima volta in otto anni – che le accuse di “golpe” rivolte alle “toghe rosse”, al “rivolgimento della democrazia” se un tizio viene condannato in via definitiva per evasione fiscale, sono delle autentiche stronzate; che non dovrebbero neppure essere pensate in uno stato di diritto. Lo avesse fatto prima (non si può certo accusare il Cavaliere di aver detto cose diverse da quando è “sceso in politica”), ci sarebbe stata forse qualche smagliatura in meno. Ma non poteva far altro, a questo punto. Chiaro che la sua sortita è diventata benzina sul fuoco per i berluscones, soprattutto gli oltranzisti.
Letta il Giovane, che da buon democristiano è abituato a fare buon viso a qualsiasi gioco, ha dovuto prendere atto che annunciare le dimissioni di massa mentre lui stava cercando di vendere anche negli Stati Uniti l’immagine – e solo quella – di un’Italia tornata “paese affidabile” (che obbedisce agli ordini, insomma), non è stato il massimo della cortesia tra soci della stessa maggioranza. E quindi è stato a sua volta costretto ad annunciare una “verifica di governo”, come ai tempi della guerriglia permanente tra correnti Dc, e ad ipotizzare anche una richiesta di “voto di fiducia” in Parlamento.
Altrettanto, Berlusconi e i suoi sono stati quindi costretti a gridare che loro stannno facendo davvero sul serio e che, quindi sono pronti a staccare la spina sia se la Giunta per le elezioni del Senato approva un parere positivo per la decadenza del Caimano dal seggio senatoriale, sia se il cosiddetto premier chiede la fiducia.
Tutti obbligati a recitare una parte “ferma”, che è un vero paradosso per uomini e donne che della “flessibilità” (politica, morale, etica, umana, ecc) hanno fatto una professione di successo.
Il rischio, come scrivevamo ieri, è tutto qui. Nella “costrizione” che si genera quando un annuncio di “guerra” viene pronunciato. Tornare indietro diventa una sconfitta irreparabile, andare avanti significa fare davvero una guerra che non si voleva combattere e a cui non si è preparati. Le cui conseguenze non sono neppure state previste.
“Merito” di una classe dirigente nazionale che non è stata capace, dalla caduta del Muro (e della Dc) in poi, di selezionare una classe politica decente, sufficiente a gestire senza infamia e senza lode gli interessi “borghesi” (per quanto straniante sia questa categoria in un paese come il nostro, caratterizzato più da “prenditori” che non da capitani d’industria). Quando all’inizio degli anni ’90 è “scesa in campo” la cosiddetta “società civile”, si è spalancato il portone della politica agli sciacalli, ai caimani, alle pitonesse, ai corruttori di politici che finalmente potevano mettere le mani direttamente sul bottino invece di dover passare attraverso mediatori professionali. Gli “incivili” per definizione, insomma.
Ora però le cose debbono arrivare al dunque. La condanna di Berlusconi è definitiva, l’interdizione dai pubblici uffici – e quindi l’ineleggibilità – sarà quantificata il 17 ottobre dal Tribunale di Milano. L’idea perciò di far cadere il governo e andare a nuove elezioni non muterebbe di molto il suo orizzonte politico, perché difficilmente la sua candidatura sarebbe accettata da un tribunale. Non ha insomma molto da guadagnare da una mossa del genere.
Ma non può fare molto altro. E’ vero, è un assurdo logico che una bestia così piena di soldi e influenza politica – quindi uno che ha moltissimo da perdere, se dà fuori di matto – possa mettersi a giocare a “muoia Sansone con tutti i filistei”. Tra parentesi, difficilmente il suo codazzo di cortigiani lo seguirebbe davvero fino in fondo sulla via del sacrificio estremo. Ma la politica e la vita non sono mai completamente programmabili, nemmeno dai potenti (non ci sarebbero mai state rivoluzioni, altrimenti). E quando i blocchi fondanti l’equilibrio politico di una paese iniziano ad agire in base a “costrizioni” che loro stessi si sono inflitti, quello è il manifestarsi vero di una crisi vera.
E non basterà probabilmente il “pilota automatico” europeo, momenteamente incardinato nel solo Napolitano e nel Pd, a evitare un periodo burrascoso – soprattutto sul piano economico-finanziario – a questo disgraziato paese.
Verso le giornate del 18 e 19 ottobre, unico segnale di vita pensante in questo oceano di spazzatura, sarà bene tenere sempre presente questo quadro. I vigliacchi ci mettono un attimo a scaricare le proprie contraddizioni su qualcun altro…
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