Certe conferme non fanno mai piacere, ma almeno metono tutti davanti alla realtà, cancellando di colpo le menzogne di governo e partiti in parlamento. Il rapporto pubblicato ieri dalla Banca d’Italia, come sempre zeppe di cifre e di spiegazioni precise, conferma che – dall’inizio della crisi – il divario tra Nord e Sud del paese è andato aumentando. Colpa del livello tecnologico medio delle imprese posizionate nel Mezzogiorno, ma anche di un modello “export oriented” che da quelle parti non ha effetti positivi. Qui, insomma, la caduta violenta della domanda interna pesa ancora più che altrove.
«I divari nel Pil pro capite che si osservano oggi tra il Centro Nord e il Mezzogiorno sono gli stessi di quarant’anni fa, quando si interruppe il processo di convergenza delle aree più povere verso i livelli di reddito di quelle più prospere che si era -manifestato negli anni del dopoguerra».E questa “interruzione” getta una luce nera sulla fine – voluta, programmata, pianificata – dell’intervento pubblico nella produzione; getta nel discredito più assoluto, anche dal punto di vista dell'”efficacia”, tutta la retorica sulle privatizzazioni.
Un tracollo che in questi ultimi anni ha assunto cadenze accelerate, anche perché, come si diceva, il “calo della domanda interna” è il riflesso diretto della caduta dei salari. Dal 2010 al 2012 le retribuzioni nette dei lavoratori dipendenti sono diminuite – mediamente – di 64 euro al mese, passando da una media di 1.328 euro a 1.264 euro. Facendo i conti, come si deve, sulle 13 mensilità, un lavoratore ha incassato in un anno 832 euro meno del 2010. Il comparto più colpito è stato quello dei servizi, senza quasi distinzione tra aziende private e pubbliche.
Ad aggravare la situazione del Sud d’Italia contribuisce anche la politica “differenziata” delle banche, che qui concedono credito col braccino molto più corto che al Nord. E questo si traduce, fra l’altro, in un aumento della disoccupazione molto più rapido e intenso. Le esportazioni meridionali, a conferma, sono crollate di oltre il 9%, certificando una tendenza alla desertificazione industriale che si coglie anche ad occhio nudo.
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