Menu

La bomba tedesca

Era una sentenza attesa, ma quel che dice non lo era affatto. Ha di fatto piazzato una enorme carica di titolo sotto l’architettura europea. E a questo punto più nessuno, anche in questo Paese, può pensare di “far politica” come se la dimensione europea fosse ininfluente o marginale rispetto alle vicende interne.

La Corte suprema di Karlsruhe – quasi un equivalente della nostra Corte Costituzionale * – ha deciso che il ‘Quantitative easing’ (QE) della Bce, il programma di acquisto di titoli sovrani lanciato dalla Bce quando governata da Mario Draghi, nel 2015, non è del tutto “illegale” e quindi non viene annullato.

Fin qui gli europeisti, di casa nostra e non, hanno tirato un sospiro di sollievo. Subito dopo sono arrivati però i distinguo che costituiscono altrettante cariche esplosive poste sotto l’architettura dei trattati fondanti l’Unione Europea.

In primo luogo, la Corte Suprema tedesca ha richiesto alla Bce chiarimenti immediati su quella politica monetaria – ancora in corso, anzi accentuata dai problemi creati dalla pandemia – altrimenti la Germania non parteciperà più a quel programma di acquisti tramite Bundesbank, la banca centrale nazionale.

In concreto, dice la corte di Karlsruhe, la Bce ha tre mesi di tempo per dimostrare che “gli obiettivi di politica monetaria perseguiti dal programma di acquisto di titoli pubblici non sono sproporzionati rispetto agli effetti di politica fiscale ed economica derivanti dal programma”.

Il dubbio, esplicito, è che gli acquisti di titoli di Stato da parte della Bce costituiscano un sostituto gratuito – anzi, “con soldi tedeschi” – della spremitura delle popolazioni tramite gli strumenti fiscali nazionali.

Insomma, gli Stati “cicala” starebbero evitando di applicare l’austerità più feroce grazie alla condiscendenza e alla generosità della Bce.

Più precisamente, i giudici dell’Alta Corte tedesca scrivono che i programmi di acquisti di bond “vanno oltre i poteri” (ultra vires) della stessa Bce. Che starebbe perciò praticando una “politica economica e fiscale” per cui non ha potere e attribuzione riconosciuta.

E’ la prima volta che la Corte Suprema tedesca afferma che le misure prese da un organo europeo “non sono coperte dalle competenze europee” e per questo “potrebbero non avere validità in Germania”.

E’ un vero e proprio ultimatum all’istituto di Francoforte. Che, ricordiamolo, è un potere formalmente indipendente dagli Stati, anzi l’unico vero potere “comunitario”, per quanto partecipato da tutti gli Stati membri con funzionari di altissimo livello delle rispettive banche centrali.

E’ un ultimatum che mette in discussione apertamente questa “indipendenza” per il futuro prossimo. Infatti non obbliga la Bce a cambiare immediatamente rotta, ma mina la sua credibilità. Christine Lagarde non potrà mai più dire, come fece Draghi, che la Bce è pronta a fare whatever it takes. E i mercati, queste cose, le capiscono bene…

Di fatto l’euro non è più “irreversibile” – altra definizione celebre di SuperMario – perché la sua difesa sarà condizionata e limitata.

Peggio.

Con questa sentenza Karlsruhe ha ribaltato il ragionamento giuridico della Corte di giustizia europea, che aveva già espresso il suo parere in materia. Dunque la Corte tedesca si è assunto il ruolo di interpretare questo settore del diritto dell’UE, rovesciando la gerarchia dei poteri consolidati con i trattati.

Infine, ha rovesciato la consueta interpretazione delle disposizioni dei trattati UE a dispetto del testo giuridico e della sua comprensione politica, anche in Germania.

Con ciò, hanno capito tutti, anche al di là del QE, si pongono le basi per subordinare stabilmente i trattati europei all’interesse nazionale tedesco. O almeno per poter rifiutare qualsiasi decisione comunitaria che comporti una anche piccola lesione di quegli interessi.

Tutta l’architettura legale futura della UE sarà sotto questa ghigliottina, con buona pace delle pretese di “solidarietà”.

Formalmente, la Corte ha respinto i ricorsi che chiedevano di vietare alla Bundesbank – la Banca Centrale tedesca – di partecipare ancora al programma di acquisto. Erano ricorsi presentati da economisti ordoliberisti e partiti della destra nazionalista, che si vedono così accolta – se non la “lettera” dei ricorsi – sicuramente la logica strategica del rapporto tra Berlino e i partner.

Questo, per chi vive in Italia, è decisamente sorprendente. Siamo abituati a vedere che nella contesa tra un potere comunitario e uno nazionale vince sempre il primo. E’ questa l’essenza dell’Unione Europea, secondo la narrazione che ne viene fatta da quasi 30 anni.

Questa sentenza afferma l’esatto contrario. Il potere della Germania non è subordinato a nessun altro potere sovranazionale, anzi: lo determina. Il vero “sovrano” d’Europa ha sede a Berlino, anche se si comporta come il romanissimo Marchese del Grillo.

Del resto, il capitalismo tedesco è stato costruito su un modello di deflazione salariale imposta anche ai propri lavoratori. Che mantengono livelli retributivi più alti della media dei partner, ma sono stati bloccati ai livelli di quasi venti anni fa, dall’epoca dell’introduzione delle leggi Hartz.

In cambio, la classe dirigente tedesca prometteva che alle “cicale del Sud Europa” non sarebbe mai stato regalato neanche un centesimo dei soldi tedeschi. La crescita del Pil nazionale sarebbe avvenuta ai loro danni (cosa effettivamente avvenuta), e questo prima o poi si sarebbe tradotto anche in nuovi aumenti salariali e di welfare (è avvenuto il contrario, anche lì).

Diciamo che è stato riproposto in salsa “democratica” il patto sociale nazista degli anni ‘30, indicando nel resto d’Europa il campo di conquista.

Il risorgente nazionalismo neonazista, che ha infine trovato forma compiuta nell’Afd, è stato nutrito con quel brodo di luoghi comuni…

Questa “rivelazione” – che i lettori di Contropiano sanno bene essere cosa antica – pone due ordini di problemi.

Il primo nelle relazioni europee e nei mercati mondiali già sconvolti dalla pandemia. All’inizio di agosto, se le “giustificazioni” offerte dalla Bce non saranno convincenti, la Germania potrebbe ritirarsi dal programma Quantitative Easing. Facendo esplodere immediatamente gli spread e ponendo con ciò le basi per l’eventuale uscita dall’euro della stessa Germania, di fronte all’evidente impossibilità di affrontare con strumenti comunitari una pandemia che non sarà certamente ancora debellata, ma le cui conseguenze economiche saranno quantitativamente devastanti.

Non è neanche immaginabile l’ondata che ne potrebbe derivare…

In ogni caso, nell’immediato, è chiaro che non ci saranno mai i “coronabond” chiesti da Conte e la Bce sarà obbligata a lasciar salire lo spread sui titoli del debito pubblico “mediterraneo” (Francia compresa…).

L’Italia e gli altri paesi in difficoltà dovranno accettare l’austerità, o per loro non ci sarà niente. O il MES, e le sue condizionalità capestro, o nulla.

Il secondo ordine di problemi, più modestamente, investe la subcultura della vecchia “sinistra riformista”, che ancora immagina che “il potere” stia a Palazzo Chigi o “nei padroni italiani”. O che l’Unione Europea sia quello che raccontavano gli altri, un “comunità solidale in costruzione”, anche se ancora imperfetta e da “cambiare”, ma in fondo quasi un surrogato dell’internazionalismo, anche se con frontiere continentali ferree.

Questa sentenza mostra invece l’esistenza di una chiara gerarchia tra i poteri. Quello degli Stati nazionali non conta nulla, chiunque vinca le elezioni.

Tranne quello tedesco, che invece può e deve avere tutti gli spazi per gestire i propri problemi interni, sia sociali che politici.

Del resto la UE è soltanto un mercato comune, regolato da Trattati concepiti come contratti commerciali. La stessa area valutaria comune – l’Eurozona – non può funzionare “come in un Paese”, perché non ha né una rappresentanza politica effettivamente comune (il Parlamento europeo è l’unico al mondo privo di potere legislativo), né una politica fiscale comune (incaricata di trasferire risorse là dove servono).

Viste da Karlsruhe, insomma, l’Unione Europea e la stessa Bce vanno bene se fanno rispettare questa gerarchia tramite poitiche e vincolo di austerità.

Altrimenti che si fottano.

Pensate ancora che quel che accade in Europa in fondo non significhi granché per quel che avviene in Italia? Pensate ancora che si cambia questo mondo restando dentro questi vincoli?

Sveglia, compagni.

 

* La Carta sulla quale è fondato l’ordinamento dell’attuale Repubblica federale tedesca non è una costituzione – Verfassung in tedesco – ma “soltanto” una Legge fondamentale – Grundgesetz. Per converso i Länder che costituiscono la Federazione – il Bund – sono dotati di Verfassung vere e proprie. Ciò non significa che nel vigente diritto tedesco le Verfassung dei Länder prevalgano sulla Grundgesetz. Significa invece che la attuale Legge fondamentale è stata pensata e voluta come una carta costituzionale provvisoria, in attesa di essere sostituita da una Verfassung vera e propria, mentre le carte dei Länder sono state approvate – qualcuna prima della stessa Grundgesetz – come costituzioni definitive.

Bisogna ricordare che nel 1949, anno di approvazione della Grundgesetz, la Germania era ancora occupata dalle forze alleate a ovest (con tre differenti zone di competenza) e dalle truppe sovietiche a est. Nel 1948 i tre occupanti occidentali (Francia, Gran Bretagna e USA) unirono le loro zone per evidenti ragioni di funzionalità economica, ripristinarono i Länder, riorganizzandoli quasi tutti rispetto ai tradizionali confini, costituendo in essi nuovi governi regionali.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *