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Essere e agire da comunisti oggi. Apriamo il confronto

La crisi di sistema che va avanti da quasi un decennio sta producendo un “passaggio d’epoca” che si manifesta a livello mondiale e che produce i suoi effetti anche nel nostro “specifico” nazionale e continentale. Questa evoluzione abbiamo cercato di analizzarla nel convegno promosso a Dicembre del 2016 riprendendo le parole di Gramsci quando nelle carceri fasciste affermava che “il vecchio muore ma il nuovo non può nascere”.

Questi effetti si avvertono nei processi di riorganizzazione produttiva, di scomposizione sociale generalizzati e di disorientamento politico dei settori di classe generando dei riflessi sul piano politico-istituzionale scompaginando le vecchie formazioni politiche e producendo i cosiddetti populismi che si esprimono nei differenti paesi in modi diversificati. Questi fenomeni inaspettati sono il prodotto di una rabbia sociale che cresce e che per ora si manifesta sul piano strettamente elettorale e istituzionale, piano che da una parte mette in crisi gli assetti politici ma che può essere utilizzato dalle classi dominanti per il mantenimento della propria egemonia; vedi la gestione che è stata fatta in Francia della vicenda Le Pen e l’uso televisivo in Italia di Salvini per dimostrare che non esistono alternative al quadro politico europeista. Queste sono questioni importanti con le quali ci misuriamo quotidianamente, anche in modi diversi, sia sul piano più direttamente di classe e sociale sia su quello politico con tutte le difficoltà che ci pongono la realtà ed i nostri limiti soggettivi.

Oggi però vorremmo affrontare un’altra questione, quella che attiene alla ricostruzione di un punto di vista comunista e del ruolo che i comunisti possono svolgere dentro questo passaggio d’epoca. Va premesso che la Rete dei Comunisti da tempo distingue nel proprio intervento, politicamente e organizzativamente, quelli che sono i “tre fronti” fondamentali della lotta di classe: quello strategico e teorico, quello politico ed il conflitto di classe materiale. Pensiamo che la modifica della relazione tra questi è stata il prodotto della sconfitta che ha segnato un arretramento complessivo ed una disgregazione dell’unità di classe raggiunta con le lotte nei decenni passati; anche se la crisi attuale sta rimettendo in moto un potenziale processo ricompositivo. Per questo motivo pensiamo che la questione comunista ha una sua preminenza strategica che va affrontata e sviluppata nella sua “specificità” generale rispetto alla fase che si apre.

Indubbiamente la sconfitta avuto alla fine del ventesimo secolo pesa ed è la condizione di partenza con cui dobbiamo fare i conti ma questo non ci può portare ad una  paralisi politica che blocca l’azione ma anche lo sviluppo di un pensiero teorico che, nonostante tutto, sta dimostrando ancora potenti capacità di interpretazione della realtà. Ed è proprio da questo livello di elaborazione che può riprendere funzione la presenza dei comunisti anche nel cuore delle realtà imperialiste dell’Europa con la coscienza che questa non può che partire “dall’alto” del conflitto di classe, da una visione generale dei rapporti sociali.

L’incontro di oggi è per noi un momento importante di analisi e di confronto che vuole andare però oltre quello che è il conflitto politico, sociale e vertenziale che pratichiamo tutti i giorni e che sappiamo bene che vive nel nostro paese un periodo di riflusso; confronto che va fatto superando arroccamenti identitari  sapendo che questi sono limitativi e dannosi per le prospettive politiche dei comunisti e del movimento di classe in generale. Questo non significa che la RdC non debba fare proprie analisi, non prendere posizioni e non intervenire in modo diretto esprimendo con chiarezza obiettivi e percorsi da praticare ma se siamo coscienti della sproporzione di forze con l’avversario non si può pensare di essere autosufficienti.

Vogliamo perciò indicare alcuni terreni analitici e teorici sui quali avviare un percorso stabile di confronto; i terreni che vogliamo proporre ci sembrano essere centrali per una ripresa dell’agire dei comunisti ma che non sono certo esaustivi e dunque l’incontro di oggi deve servire anche a pianificare un confronto che assuma anche altri terreni e nodi teorici dirimenti.

Perchè comunisti oggi. Negli ultimi anni essere comunisti ha significato spesso rimanere legati in modo identitario ad un periodo fondamentale per la storia di tutta l’umanità del XX secolo, con tutti gli errori e critiche che si possono concepire; pensare di riproporre quel periodo, nel percorso e nelle forme, come versione ancora valida significherebbe rischiare un atteggiamento ideologico che non tiene conto delle modifiche prodotte dai passaggi storici che cambiano anche le condizioni dell’agire. Agire, dunque, oggi come comunisti significa certamente rivendicare la continuità con il movimento comunista del passato ma ritrovare, nelle presenti contraddizioni del capitalismo, la possibilità del cambiamento sociale, la prospettiva della rivoluzione anche se questa ora può sembrare una utopia. Se i comunisti non saranno in grado di misurarsi con questa dinamica storica perderanno ogni possibilità di ripresa politica; sulle potenzialità che emergono dalla crisi del capitale oggi bisogna ricostruire innanzitutto una lettura realistica delle dinamiche generali dei capitalismi presenti e del modo di produzione capitalista interpretandone i limiti dello sviluppo qualitativo nelle relazioni sociali e quantitativo a livello mondiale.

Lo strumento ed i fini. Non possiamo parlare di comunisti se non si affronta la questione dell’organizzazione politica di classe ed in ultima istanza la questione del partito. Anche su questo la RdC ha espresso in altri momenti pubblici il suo punto di vista a favore del partito di quadri e di militanti segnalando il superamento del partito comunista di massa inteso non tanto in termini quantitativi, ovvero del pochi ma buoni, ma di qualità militante nelle relazioni politiche interne e nel lavoro teorico. Non è questo quello di cui oggi vogliamo parlare ma di come nelle condizioni date affrontare in modo maturo una tale questione anche da posizioni politiche diverse. In questo senso vogliamo evidenziare la tendenza che si è affermata in questi anni a scambiare lo strumento con il fine ovvero vivere il partito come fine e come obiettivo da rafforzare, politicamente ed elettoralmente, e dunque separarsi dalle dinamiche del reale. Invece è su queste che bisogna poggiare un processo di costruzione che va collocato nelle condizioni di classe reali, e non mitologiche, e nel tempo ovvero nei tempi di sviluppo delle contraddizioni del modello sociale attuale le sole che possano permettere una capacità di sviluppo di espressioni comuniste coscienti delle dinamiche generali in atto. Non serve una “modellistica” dell’organizzazione precostituita ma come questa si modella complessivamente nel conflitto di classe contemporaneo. In questo senso va ribadito nella pratica politica che il fine reale di un partito e organizzazione comunista è la trasformazione ed è questa che deve guidare la sua costruzione.

Organicità dell’organizzazione della classe. Il partito/organizzazione ha dunque funzione se si relaziona alla situazione concreta in cui agisce e nel rapporto con la classe nelle forme storicamente date. Anche qui si rende necessario un passaggio teorico, ovvero se comunque i comunisti devono avere una funzione nel conflitto sociale, di classe e vertenziale non è questo il terreno privilegiato su cui svolgere la propria funzione strategica, questa va esplicitata nella costruzione sistematica della stabilità delle strutture interne alla classe. Se le lotte non producono tali strutture “organiche” il ruolo dei comunisti rischia di essere transitorio come le vertenze e politicamente superficiale. Come RdC pensiamo che la coscienza di classe è il frutto del procedere dell’organizzazione nelle molteplici forme che ci rende possibile la realtà; quella coscienza che conoscevamo, che si è dispersa nei decenni passati, è stata costruita e rappresentata proprio grazie alla crescita dell’organizzazione interna alla classe, da quella sindacale a quella territoriale e giovanile, da quella cooperativa e culturale fino al partito inteso come momento di sintesi di un processo più ampio e complesso. La domanda che ci si pone oggi con forza è di come si può ricostruire quella condizione pratica e politica in una società in trasformazione dove i processi di proletarizzazione sempre più ampi si accompagnano ad una disgregazione sociale anch’essa sempre più ampia.

Condizioni e tempi. Infine l’ultima questione che vogliamo porre, ma non certo l’ultima del confronto da avviare, è quello del contesto generale in cui siamo chiamati a ricostruire concretamente un punto di vista ed una forza comunista. E’ centrale su questo aspetto l’analisi sulla fase storica che si sta aprendo, cioè il passaggio in atto dall’egemonia USA ad un mondo che possiamo definire multipolare, che interviene sulle condizioni ed sui tempi nell’azione di un’opera di ricostruzione. I processi di centralizzazione (attorno ai poli imperialisti), di politicizzazione del conflitto internazionale (oltre che di quello sociale nei diversi paesi) e quello di velocizzazione delle contraddizioni devono fare i conti con un equilibrio delle forze in campo a livello mondiale (sul piano finanziario, economico e militare) che sta generando paradossalmente una fase di stagnazione in cui le modifiche dei rapporti di forze non sono prevedibili in tempi brevi ne si vedono risoluzioni nette a favore di una delle parti in competizione (vedi i tentativi contraddittori della presidenza Trump su “America first”). Dunque un processo di ricostruzione deve tenere conto anche del quadro internazionale che ad oggi ci dice che una precipitazione, in prospettiva inevitabile anche se non ne possiamo prevedere le forme, non avrà tempi brevi e dunque questa è una condizione che ci permette di lavorare e progettare quanto meno in tempi “medi”.

Questi che poniamo sono alcuni nodi analitici e teorici su cui pensiamo sia necessario aprire il confronto tra comunisti; certamente mentre proponiamo e facciamo questo lavoro di confronto abbiamo poi i terreni concreti di lotta politica, sociale e sindacale con cui misurarci e sui quali come RdC abbiamo espresso in questi anni orientamento e prodotto sforzi organizzativi. Questi sono stati orientati alla ricostruzione del sindacato indipendente e di classe fuori dagli apparati dei sindacati complici ed in rapporto al mondo del lavoro e della produzione ma anche alla nuova condizione di classe che vede il moltiplicarsi di figure disgregate e sottoposte allo sfruttamento ed all’impoverimento generale che vediamo procedere sotto i nostri occhi.

Come stiamo impegnandoci nella lotta politica contro e per la rottura dell’ Unione Europea, scontrandoci anche con l’ipocrisia della sinistra che, nonostante l’evidenza, continua a parlare di un’altra Europa. Questo rappresenta il terreno più avanzato di ricomposizione politica del conflitto come hanno dimostrato le mobilitazioni del 21 e 22 Ottobre 2016 e quella del 25 marzo scorso.

Nel continuare questi processi di organizzazione di massa riteniamo comunque indispensabile mantenere aperto un confronto tra comunisti che tenga nel tempo; per questo proponiamo incontri periodici, con OdG decisi unitariamente e gestiti assieme sapendo che l’evoluzione della crisi generale tenderà a produrre una unificazione politica, anche se non ancora organizzativa, di quelli che abbiamo definito i tre fronti della lotta di classe. Proponiamo perciò che un prossimo incontro si possa tenere entro la fine dell’anno definendo un gruppo di compagni/e che stabilisca tempi, modi e contenuti del prossimo meeting da organizzare.

  • Rete dei Comunisti. intervento introduttivo al forum “Fattore K. I comunisti, il blocco sociale, i populismi” tenutosia Roma sabato 20 maggio

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