Lo scioglimento del parlamento di Atene, dopo la fumata nera sul nuovo presidente della Repubblica, e l’indizione di elezioni politiche generali per il prossimo 25 gennaio sembravano aprire uno scenario contraddistinto dallo scontro tra due opzioni: la continuità con gli ultimi anni di governo targati troika con la vittoria di Nea Dimokratia oppure una relativa discontinuità nel caso in cui ad affermarsi fosse Syriza.
Ma nell’ultima settimana un pezzo di borghesia ellenica e i poteri forti europei hanno estratto il classico coniglio dal loro cilindro, inventandosi una nuova formazione politica che potrebbe sparigliare le carte e di fatto truccare quello che finora sembrava sostanzialmente un ballottaggio a due, che l’apparizione qualche mese fa di una lista centrista – To Potami, ‘Il fiume’ – non sembrava in grado di modificare più di tanto.
Il coniglio dal cilindro si chiama Giorgos Papandreou e non è certo una novità nello scenario politico ellenico. Ex primo ministro, il 65enne Giorgos è figlio di Andreas Papandreou, il fondatore del Partito Socialista Panellenico (Pasok) nel 1974 a pochi giorni dalla caduta del regime dei colonnelli, e a lungo dominatore della vita politica greca in alternanza e poi insieme al centrodestra, prima che la reazione popolare alla gestione autoritaria e liberista della crisi sotto dettatura della troika allontanasse la maggior parte degli elettori e di molti militanti e dirigenti approdati per lo più a Syriza.
Dopo le voci dei giorni scorsi ora è ufficiale: l’ex primo ministro ha spaccato i socialisti e si è letteralmente inventato un nuovo partito, denominato Movimento per il Cambiamento, che alle prossime elezioni concorrerà in alternativa all’attuale maggioranza di governo (almeno fino al giorno del voto, poi si vedrà…) nel tentativo di presentarsi come forza critica nei confronti dell’attuale esecutivo ma anche come una diga nei confronti di una vittoria della sinistra dipinta dai media e considerata da una parte importante dell’elettorato come “irresponsabile e avventurista”. Di fatto la nuova formazione vuole accreditarsi come novità nel panorama politico ellenico e come elemento di “discontinuità nella continuità” in grado di attirare i consensi di molti elettori che negli ultimi anni hanno scelto Syriza o i socialdemocratici di Dimar come ripiego oppure hanno votato estrema destra o si sono astenuti.
Papandreou, annunciando la scissione, ha fatto appello a tutte le forze ‘progressiste’ del paese affinché entrino nel nuovo movimento – il cui simbolo sembra essere la tradizionale rosa utilizzata da molti dei partiti dell’Internazionale Socialista – e lo appoggino nella nuova avventura. Da qualche tempo l’ex primo ministro ed eterno rivale dell’attuale leader del Pasok, Evángelos Venizelos, rimproverava alla segreteria dei socialisti l’abbandono delle presunte riforme intraprese dal governo quando lui era alla guida, dal 2009 al 2011. Papandreou assicura che il nuovo partito aspira a coinvolgere “tutte quelle forze che credono ed hanno dimostrato nella pratica che, con riforme democratiche reali, la Grecia può uscire finalmente dalla crisi”.
Vedremo nei prossimi giorni se la nuova avventura politica inventata da Papandreou avrà successo. Di riforme democratiche promosse ai tempi del suo governo i greci non ne rammentano mentre è ancora vivo il ricordo della firma da parte sua dei famigerati memorandum con l’Unione Europea e il Fondo Monetario che hanno imposto al paese una stagione di lacrime e sangue che i suoi successori hanno solo continuato e se possibile aggravato. Dalla sua Papandreou può però utilizzare e rivendicare la proposta di un referendum popolare sul ‘piano di salvataggio’ proposto dalla troika che, bocciato dalle istituzioni politiche ed economiche comunitarie e dalle leadership dei partiti d’ordine greci, condussero alle sue dimissioni da capo del governo nel giro di pochi giorni e al suo allontamento dalla leadership del Pasok.
Se la proposta di un partito di centrosinistra dai toni critici nei confronti dell’attuale esecutivo ma in continuità con la tradizione di governo, convintamente europeista e quindi in opposizione con scelte dipinte come troppo radicali dovesse far breccia nell’elettorato, lo scenario disegnato finora dai sondaggi potrebbe cambiare, e di molto. A farne le spese potrebbe essere il Pasok – che già prima della scissione era dato intorno al 4-5%, appena sopra la soglia di sbarramento – in piccola parte Nea Dimokratia ma soprattutto Syriza. La creazione di un soggetto intermedio tra i due contendenti potrebbe infatti convincere Dimar e il partito ecologista, già assai restii ad un eventuale accordo di governo con Tsipras, a convergere con Papandreou nella formazione di un terzo polo. Da vedere cosa ne sarà di To Potami, la lista fondata dal giornalista Stavros Theodorakis e dai vaghi contorni identitari; accreditato finora di un 5-6%, se il Movimento per il Cambiamento dovesse sfondare potrebbe decidere di rinunciare ai suoi toni ‘anticasta’ per allearsi con l’ex primo ministro.
Il sondaggio più recente, realizzato su incarico dell’Università della Macedonia con sede a Salonicco, assicurava a Syriza il 29,5% dei consensi contro il 25% di Nuova Democrazia dell’attuale premier Samaras, seguito dai nazisti di Alba Dorata con il 6% e poi dai comunisti del KKE e da To Potami con il 5%, e poi ancora dal Pasok con il 4%. Fuori dal parlamento, sotto la soglia minima del 3%, rimarrebbero sia i Greci Indipendenti sia Dimar, due forze che (molto) teoricamente potrebbero collaborare con Syriza in un eventuale governo di alternativa a quello attuale. L’irruzione di Papandreou potrebbe sparigliare assai le carte e rendere a Tsipras le cose ancora più difficili visto che se anche Syriza dovesse piazzarsi in testa e usufruire del premio di maggioranza, difficilmente raggiungerà la soglia del 35-36% indispensabile ad avere la maggioranza dei seggi in parlamento.
Se dovesse portare una consistente pattuglia di deputati in parlamento Papandreou potrebbe quindi rappresentare l’ago della bilancia. A quel punto il nuovo movimento potrebbe scegliere di entrare in un nuovo esecutivo con Nuova Democrazia e Pasok (ammesso che questi ultimi superino lo sbarramento) portando in dono un messaggio populista e un’immagine nuovista oppure potrebbe allearsi con Syriza che però in cambio dovrebbe concedere una moderazione dei propri obiettivi ancora più spinta di quella già operata negli ultimi anni. Se questa seconda operazione dovesse andare in porto, di fatto Papandreou potrebbe ricostituire il socialismo ellenico senza Pasok – da riassorbire magari in un secondo tempo – attraverso l’assimilazione di una Syriza “disinnescata”. La scesa in campo dell’ex premier sta intanto riaccendendo le polemiche in seno al partito di Tsipras, con alcune correnti ed esponenti della sinistra interna che rimproverano a Tsipras e ai suoi di cercare l’approvazione dei mercati e dell’establishment in vista del voto del 25 gennaio.
Scriveva pochi giorni fa in una corrispondenza de Il Manifesto Pavlos Nerantzis, che non è certo tacciabile di “radicalismo”: “Che Tsipras abbia lasciato la retorica, dando spazio al realismo politico, è evidente anche dalla sua visita al Pentagono, il quartier generale del ministero della difesa greco, tradizionalmente roccaforte della destra (…), dove ha rassicurato la leadership militare, «Ci sarà una continuazione nello stato», ha promesso se Syriza andrà al potere. Il tour del leader della sinistra radicale ha comportato anche la visita ai monasteri di Monte Athos, al Vaticano, dove si è incontrato con il Pontefice, e all’archivescovo della potente Chiesa Ortodossa Greca per accreditarsi fra le gerarchie in vista delle urne. In questo ambito di aperture politiche Tsipras si è incontrato al Forum di Como con José Manuel Barroso, Jean Claude Trichet, Joaquin Almunia, Mario Monti, Enrico Letta, mentre i responsabili della politica economica di Syriza, Jorgos Stathakis e Jannis Milios, entrambi professori universitari, sono andati alla City di Londra a parlare per illustrare e discutere con investitori e rappresentanti di hedge fund il programma economico del partito. Queste mosse di realismo politico (…) non vengono viste di buon occhio dai suoi avversari interni, come per esempio Panajotis Lafazanis, capogruppo parlamentare e leader dell’Aristero Revma (Corrente di sinistra), componente comunista di vecchio stampo in seno a Syriza, che «non vorebbe alcun contatto con i rappresentanti del neoliberalismo europeo»”.
Vedremo se e quanto la mossa a sorpresa di Papandreou – e della troika – condizionerà il dibattito interno alla ex coalizione della sinistra radicale le cui ambiguità programmatiche e semantiche hanno finora permesso a Syriza di attirare consensi in ambiti politici assai diversi.
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