La giornata del Primo Maggio è sempre stata – storicamente – una data topica nei percorsi internazionali di lotta, emancipazione e riscatto delle classi subalterne.
Da sempre questa festa si è sempre accompagnata – particolarmente nei punti alti della tradizione del Movimento Comunista del ‘900 – ad importanti momenti di bilancio e confronto collettivi utili al rilancio ed alla riqualificazione politica e programmatica del conflitto e della lotta di classe.
Tale fondante caratteristica – ancora oggi attuale e necessaria – è altresì evidenziata a seguito delle inedite, veloci e profonde modificazioni del corso generale della crisi capitalistica e del complesso delle conseguenze – a tutto campo – che tale sommovimento epocale sta provocando.
Questa – oggettiva e materiale – presa d’atto di un mondo che sta cambiando è – sempre più – una acquisizione condivisa anche dai commentatori più accorsati della classi dirigenti i quali registrano – ovviamente pro domo loro – il nuovo scenario in cui si colloca la competizione globale, lo scontro tra potenze statuali, economiche e monetarie e le derivanti lacerazioni che si stanno generando nei vari quadranti geo/politici.
Consapevoli di tale condizione – come Rete dei Comunisti – abbiamo avviato, da alcuni anni, un percorso di approfondimento, di analisi e di ricerca con l’obiettivo di andare più a fondo nell’interpretazione delle tendenze ed, ovviamente, delle contraddizioni che segnano i processi storici in corso in riferimento all’andamento delle dinamiche attinenti al Modo di Produzione Capitalistico.
Il recente Forum “Il Giardino e la Giungla” – svolto a Roma nel marzo scorso – è stato un’altra tappa del costante lavorio di aggiornamento teorico, di confronto con l’intellettualità marxista ed indipendente e di discussione tra i compagni. Un incontro con l’obiettivo di adeguare costantemente il livello di analisi e l’acquisizione collettiva delle questioni e, di converso, delle problematiche connesse all’obiettivo della trasformazione sociale.
Una linea di condotta che si conferma essere un punto costitutivo per mantenere vivo il processo di costruzione/ricostruzione di una moderna soggettiva organizzata nel nostro paese!
Una possibile azione comunista.
Da comunisti che si pongono l’esigenza di svolgere una attiva “funzione di massa” intendiamo il lavoro teorico e la relativa battaglia politica non solo come una indispensabile qualificazione per rendere vive ed attuali le nostre ragioni storiche e programmatiche ma – la comprensione della nuova fase – è intesa anche per cogliere le occasioni e gli spazi politici e di iniziativa che si riaprono per un rilancio della soggettività comunista e del complesso dell’azione politica, sindacale e sociale nel complesso della società.
Evidenziamo – di nuovo – dopo gli eventi epocali dell’89/’91 e il compimento generalizzato della Mondializzazione capitalistica un cambio di passo delle contraddizioni del Modo di Produzione Capitalistico le quali si stanno ripresentando ferocemente non solo con le consuete modalità antisociali ma con una rovinosa prefigurazione che evidenzia – drammaticamente – i raggiunti limiti del modello sociale dominante.
Siamo dentro un tornante epocale in cui le ripetute crisi finanziarie ed economiche degli ultimi decenni, l’acutizzarsi della crisi ambientale (di cui la recente vicenda Pandemica Globale è stata la fenomenologia più rilevante) e il ricorso allo strumento della guerra nei contesti bellici nei vari continenti sono la sintomatologia di un mondo in movimento non più fondato sull’equilibrio derivante dalla vigenza dell’egemonia e dell’unilateralismo degli Stati Uniti.
L’emersione di nuove economie, di aree monetarie che iniziano a sganciarsi dal domino del Dollaro e – finanche – di modelli culturali e veri e propri “stili di vita” che osano mettere in discussione l’ordine imperialista della globalizzazione sta provocando rotture e scontri fino ad ora sopiti o espressi sottotraccia.
Il mondo che si sta squadernando ai nostri occhi – il mondo che verrà – sarà qualcosa di molto diverso da ciò che i teorici della “fine della Storia” avevano preconizzato ed immaginato.
Mai come ora le riflessioni di A. Gramsci circa “il vecchio che muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati” ben descrivono le rotture, le crisi e l’insieme delle dinamiche (centrifughe e centripete) che si stanno palesando in questa congiuntura della fase politica globale le quali smentiscono – nel loro divenire concreto ed a tratti improvviso – ogni approccio che voleva addomesticare la Storia.
Una nefasta illusione capitalistica che leggeva i processi reali con gli schemi della possibile conciliabilità tra interessi – storici ed immediati – che sono stati e restano “contrapposti ed antagonistici tra loro”!
A casa nostra che succede?
In Italia il Governo Meloni – al di là della demagogica fuffa agitata in campagna elettorale – si è reso prono allo schieramento Euro/Atlantico, sta smentendo nei fatti ogni approccio da “destra sociale” e si sta configurando come continuità programmatica ai desiderata antipopolari che erano e sono tipici dei Draghi e del grande capitale.
Mentre in altri paesi europei (dalla generosa lotta in corso in Francia, alla ripresa degli scioperi in Germania, nel Regno Unito ma anche in Spagna e in Portogallo) il movimento dei lavoratori e i settori popolari riprendono la mobilitazione e la lotta, in Italia permane – purtroppo – una condizione di sostanziale pace sociale nonostante non manchino gli affondi di governo e padronato alle condizioni di vita e di lavoro e a ciò che residua del vecchio “compromesso sociale”.
Le cause di questa letargia della classe sono ascrivibili ad alcuni aspetti strutturali tipici del nostro paese (l’avvenuta cooptazione della “forma/sindacato collaborazionista” nei dispositivi di integrazione e disciplinamento dello Stato, il potente ciclo di ristrutturazione e destrutturazione della composizione e dell’organizzazione di classe avvenuto nei decenni passati) ma – soprattutto – alla nefasta opera di divisone, svilimento e svendita politica e programmatica che il riformismo (da quello “classico” alle nuove forme di populismo inconseguente ed incoerente) ha costantemente alimentato tra i lavoratori, nei settori popolari e in tutta la società.
In tale complicata condizione siamo impegnati ad incentivare e sostenere gli sforzi – veramente “controcorrente” – che il Sindacalismo Conflittuale conduce quotidianamente per porre un deciso argine alla deriva sociale in atto. L’annunciato Sciopero Generale del prossimo 26 maggio – indetto dall’Unione Sindacale di Base – è un significativo tassello di questa attività di riorganizzazione del mondo del lavoro e dell’universo dello sfruttamento unitamente all’insieme degli appuntamenti di mobilitazione di piazza annunciati per i prossimi mesi.
Sul versante della necessità di una Rappresentanza Politica Indipendente dei settori popolari della società – dopo la stagione della “catastrofe della Sinistra” e del “veloce tradimento” dei vari Grillo, Conte e Salvini – occorre raddoppiare gli sforzi per affermare un punto di vista politico autonomo dalle compatibilità ed orientato ad una prospettiva di Pace, di rigorosa difesa sociale e di autentica Rinascita.
I comunisti – dunque – anche quando lo “stato della lotta di classe” non riflette aspetti esaltanti si cimentano con, attenzione e pazienza, con le “condizioni concrete” e “quando tutto sembra perduto ricominciano la loro opera” (A. Gramsci).
Tale attitudine politica e militante se condotta con lo sguardo non rivolto all’indietro o a passate stagioni politiche che non sono immediatamente rieditabili ma prendendo atto dell’accelerazione e della inedita politicizzazione che avviene sul piano internazionale configurano un nuovo impegno per i comunisti e per la loro organizzazione verso una prospettiva di Rottura generale e di Trasformazione.
Viva il Primo Maggio!
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