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Metodo, Conoscenza e Processo Lavorativo in Marx

Pubblichiamo il primo di cinque articoli, che sono essenzialmente sbobinamenti di registrazioni di corsi seminariali tenuti per la formazione di studenti e giovani militanti politici e sindacali, che si possono dividere in due parti logiche per un approccio formativo al modello della conoscenza con una visione marxista di teoria e prassi del percorso alla impostazione del metodo marxista:

* La prima parte ripercorre abbastanza velocemente, con dei cambiamenti, i due opuscoli di Marx, Lavoro salariato e capitale e Salario, prezzo e profitto; e seguendo il metodo marxiano per l’analisi scientifica, quindi il materialismo dialettico e il materialismo scientifico.

Si toccheranno una serie di argomenti di attualità come la scienza, la tecnologia, la crisi, etc. e degli approfondimenti sulla nostra tesi circa l’attuale crisi che noi sosteniamo di di sovrapproduzione e non di sottoconsumo, differenziandoci dai keynesiani di sinistra.

* La seconda parte interesserà la questione delle macchine e della tecnologia. Qual è il rapporto fra Marx e la scienza, i Grundrisse, il frammento sulle macchine, per arrivare a dare noi un’interpretazione dell’intelligenza artificiale semplicemente come un’altra applicazione della Scienza, e come la vedano i marxisti.

E qui, dobbiamo fare una puntualizzazione: un conto è Marx, quindi l’analisi marxiana, che prevedeva anche una analisi del progresso scientifico e quindi attualizzando all’oggi l’intelligenza artificiale, non in quanto tale, ma prevedeva l’evoluzione sociale dello sviluppo delle forze produttive e quindi della Scienza; un conto sono i marxisti, che spesso hanno fatto disastri a fini di un uso politico organizzativo dell’interpretazione di Marx.

Quindi vedremo il punto di vista dei cosiddetti marxisti ortodossi, seppur non ci piace questa classificazione, ossia coloro che si rifanno fortemente al pensiero marxiano, e i cosiddetti marxisti eterodossi di comodo, coloro che hanno piegato l’analisi di Marx a quelle che sono le loro volontà politiche, in primis per esempio quei movimenti o collettivi organizzati che usualmente vengono identificati come gli autonomi con impostazione riferita ad alcune parti del pensiero di Toni Negri.

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Inizierei con l’affermare che Marx è uno scienziato e filosofo dell’interdisciplinarietà, della multidisciplinarietà poiché tratta di economia, filosofia, diritto, storia, etc.; il metodo marxista è per così dire multidisciplinare, ed è incentrato sul materialismo storico e sul materialismo dialettico.

Marx va letto in un unicum. Non condivido, infatti, la classica distinzione tra il Marx delle opere giovanili e il Marx delle opere successive. Marx evolve il proprio pensiero, la metodologia, così come gli approfondimenti e lo fa necessariamente attraverso fasi successive.

Tre sono le tradizioni intellettuali che ispirano Marx, fino a Il Capitale, e tutte provengono da un impegno di Marx formazione teorica tout court. Evidenzierei un passaggio che sono solito ricordare, dove Marx in un lavoro dei primi anni, scrisse un importante articolo che si chiamava “Per una spietata critica di tutto ciò che esiste”.

Qui Marx, non parlava ancora di economia, ma di criticare la critica, quella filosofica, e dice: «ci sono stati molti pensatori che hanno svolto un grande lavoro intellettuale,che hanno ottenuto importanti risultati teorici, però questi risultati sono stati del tutto unilaterali, deformati da un’impostazione ideologica; io – dice Marx a sé stesso – voglio un metodo critico che parta dai risultati teorici di questi pensatori – quindi non li tralascio – ma voglio arrivare a qualcosa di diverso,voglio arrivare a un’analisi nuova del mondo».

Una grossa ambizione, dunque, per mettere in discussione tutto ciò che nella realtà del divenire storico esiste.

La conoscenza che cos’è per Marx? È una visione abbastanza eterogenea delle varie materie e mette in evidenza ed in relazione molti critici che l’avevano preceduto. Ma come abbiamo detto precedentemente le principali fonti che convengono sono essenzialmente tre:

1. l’economia politica classica della fine del XVII e metà del XIX secolo: Adam Smith, Hobbes, Yum e Ricardo e mi sento di aggiungere un altro che spesso viene trascurato, William Petty , che viene appunto classificato come l’aritmetico-politico, e sui suoi studi si è fondata anche molta parte della contabilità nazionale. William Petti è molto importante anche per i keynesiani.

Un’altra corrente sono i fisiocratici, Turgot in particolare, fino ad arrivare ai singoli economisti italiani e anche americani (consiglio per l’approfondimento di queste teorie un libro intitolato Le teorie del Plusvalore, composto da tre Tomi e che costituiscono il cosiddetto Quarto libro de Il Capitale. Marx accetta i risultati degli altri pensatori, ma col metodo del materialismo dialettico individua le contraddizioni e le risolve trasformando completamente l’argomentazione).

2. La seconda fonte è costituita dal metodo filosofico, che proviene dai greci: in Marx troviamo fortemente Aristotele,Spinoza, Hegel e Kant. Riprende la tradizione filosofica tedesca, la mette insieme a quella dell’economia politica, alla cultura francese e inglese. Marx non divide mai tra filosofia ed economia: la tradizione filosofica tedesca influenza l’intellettualità di Marx e si allarga ai cosiddetti giovani hegeliani e alla sinistra hegeliana.

3. La terza fonte è, ovviamente, il socialismo utopistico, anche detto socialismo utopico. Marx ha come punto di riferimento i più grandi pensatori del socialismo utopista, come Saint Simon, Fourier, Owen fino ad arrivare a Proudhon. Il socialismo utopista è basato su delle grosse visioni di ideali di una società migliore. Per fornirvi un ponte di interpretazione dell’oggi, è il cosiddetto ‘socialismo salottiero’, che idealizza una migliore società, senza inquinamento, senza sfruttamento ma senza mai basarsi necessariamente su teorie scientifiche o sulla comprensione delle leggi storico-materialiste, ma si propongono modelli di società ideale , come a titolo esemplificativo “La Città del Sole“ di Tommaso Campanella e quindi mai si pongono la questione delle leggi storiche che guidano la transizione verso una nuova società.

Dal 1830 al 1840 Marx prende le distanze dai socialisti-utopisti,individuando gli elementi del superamento di questo movimento in un libro, e ovviamente ne consiglio la lettura poiché è il primo testo in cui Marx comincia ad affrontare le questioni dell’economia, “La miseria della filosofia” , in risposta appunto, alla ”Filosofia della miseria“ di Proudhon.

Questo momento segna dunque il passaggio al socialismo scientifico e si afferma per Marx un nuovo metodo, quello di risolvere i problemi secondo il pensiero e la prassi rivoluzionaria.

I socialisti-utopisti, ancora piuttosto presenti in questa nostra attuale sinistra, solo cosiddetta “marxista”, sono interni all’economia capitalista, la criticano proponendosi come economisti critici. Occorre qui fare una dovuta precisazione sul fatto che Marx non è un economista critico, ma è un critico dell’economia, una differenza non banale: Marx critica l’economia borghese, per abbatterne la connessa società, studia il capitalismo ma individua gli strumenti e gli elementi pratici per poterlo superare.

Il metodo di indagine di Marx lo potremmo semplicisticamente rappresentare come il cosiddetto metodo della cipolla, che spesso si identificava nella vulgata popolare anche come il metodo del carciofo. Questo metodo consiste nell’iniziare dalle foglie dure del carciofo, i concetti apparentemente astratti che costituiscono la parte più ostica da comprendere, ma per arrivare alla realtà bisogna scendere, arrivare in profondità, fino al nocciolo, la parte morbida del carciofo.

Nei Grundrisse, del 1857-58, Marx afferma che la materia di studio riguarda le classi produttive e le classi improduttive. Questa precisazione Marx la elabora e spiega in tutte le sue opere economiche, come Salario prezzo e profitto, Lavoro salariato e capitale. Marx parte esclusivamente dalla produzione: la teoria del valore è interna al momento della produzione dove esiste anche il mercato, il commercio, i prezzi, però il plusvalore nasce all’interno del momento della produzione.

L’aspetto metodologico è più importante dei risultati raggiunti, infatti, Marx predilige più il metodo e poi risultato, perché un determinato risultato si può sempre raggiungere, ma senza il metodo ciò non avverrà mai. Partendo dal metodo dialettico per affrontare i problemi, anche economici, l’ispirazione rivoluzionaria della dialettica hegeliana, è costituita dal divenire storico: la dialettica deve rappresentare processi in movimento, cambiamenti e trasformazioni della società, e quindi il superamento del modo di produzione capitalistico.

Marx reimposta, direi reinventa, il metodo dialettico hegeliano, e considera i movimenti della dinamica, i cosiddetti processi storici di tutta la società capitalistica. Il metodo dialettico è l’applicazione per comprendere la legge della negazione, della contraddizione e quindi del mutamento e della trasformazione.

Sul modo di produzione capitalistico, Marx analizza dapprima le società precapitalistiche, ne verifica l’accesso ai prodotti, ai mezzi di produzione delle comunità formate da famiglie e da tribù. Egli evidenzia come l’organizzazione produttiva precapitalistica fosse regolata da strutture del vivere sociale, del vivere in società.

Ogni membro della comunità possedeva oggetti di lavoro, l’obiettivo di lavorare era quello per se stessi e per gli altri, venivano create proprietà comuni etc. Ma con il disgregarsi della proprietà si arriva a una linea di sviluppo che ammette l’incremento dello sfruttamento, della divisione del lavoro e, appunto, la svolta città-campagna, oltre che il controllo privato, e non più proprio, dei mezzi di produzione con la separazione del lavoro dalle proprie condizioni di realizzazione, la cosiddetta questione dell’alienazione.

L’individuo, perciò, si presentava come lavoratore che cede le prestazioni a chi dispone dei presupposti materiali sotto forma di proprietà privata. Da questo momento parte l’analisi critica del Modo di Produzione Capitalistico su uno studio oggettivo delle condizioni sociali nella società del XIX secolo, periodo in cui iniziano a verificarsi le contraddizioni fra classe padronale e la classe dei lavoratori.

Per la realizzazione di questo tipo di analisi Marx chiarisce che questo nuovo modo di produzione si debba includere anche negli aspetti sociali della società civile. Il grado di sfruttamento che viene imposto ai lavoratori, infatti, è direttamente proporzionale al grado di valorizzazione del capitale.

Già dalla prima metà dell’800, si pensava a quale era la reale struttura socioeconomica di questa società, della sua divisione in classi, e quest’ultima ne è l’elemento fondamentale dell’analisi di Marx, il quale afferma che bisogna capire la nozione di storia, che viene dissolta nella discontinuità, della rottura, la diversità delle formazioni sociali, introducendo anche la questione del sapere e la sua trasmissione.

Come si trasmette il sapere, connesso alla struttura di un’epoca storica?

Una bellissima opera è “L’ideologia tedesca“ dove il modello di analisi costituito dal materialismo storico è stato interpretato come Scienza della storia, che interpreta la storia come modi di produzione della vita materiale, ossia, cambiando il modo di produrre, la vita materiale cambia necessariamente la storia.

Il modo di produzione, quindi, è la maniera in cui le società si riproducono e creano la propria sussistenza materiale, si individua una linea evolutiva continua, si fornisce la possibilità di scandire l’evoluzione di una successione di sistemi produttivi.

Che cos’è, quindi, l’economia? L’economia per Marx è più un punto d’approdo che un obiettivo di analisi: l’economia viene isolata come luogo del sapere, in cui si determinano le relazioni sociali, sono queste ultime, infatti, il concreto interesse di Marx. Pertanto, i rapporti di classe nella continuità e discontinuità.

Il modo di produzione capitalistico universalizza i rapporti di classe e le relazioni economiche sulla contraddizione, cioè l’antitesi, che raggiunge la coscienza politica della classe proletaria, operaia in cui il soggetto storico, che per Marx è il proletariato, si riappropria di una sua condizione e dimensione umana alienata, cioè la ri-appropriazione fuori dall’alienazione.

Marx non parla di lavoro nel processo lavorativo, neppure di ‘capitalismo’, ma parla di movimento del capitale. Il capitalismo è qualcosa di per sé dinamico e per tale ragione bisogna capire le relazioni interne in una data società, analizzarne il processo storico.

Come possiamo oggi applicare il contenuto di Salario, prezzo e profitto e di Lavoro salariato e capitale al nostro tempo? Viviamo nel 2024, in un capitalismo cosiddetto globale dove le contraddizioni hanno assunto la loro dimensione storica all’interno di questo momento storico. In  questo contesto, chi opera all’interno delle rivendicazioni sociali e di classe si cerca di stilare un programma rivendicativo minimo, in cui si stabiliscono i momenti di rivendicazione.

All’interno di questo programma sono tante le domande da analizzare. Come viene speso oggi il salario? Qual è la busta paga? Come si redistribuisce il reddito?

Il lavoratore di oggi, non è più un risparmiatore, bensì il salario si esaurisce già prima della fine del mese; ciò succede in quanto le  merci prodotte dalla classe lavoratrice non appartengono agli operai che le hanno realizzate, ma al proprietario, alla multinazionale oppure al centro commerciale che li vende. Non è un caso che spesso ci si fa la  domanda «Ma quindi si lavora per vivere o si vive per lavorare?».

Bisogna considerare che l’operaio, oltre al salario, non possiede nulla, l’unica entità che  gli rimane a seguito del suo processo lavorativo è il lavoro, cioè la sua forza lavoro. L’imprenditore è il proprietario dei mezzi di produzione, dalle macchine, alla catena di montaggio, alle merci. L’unica merce che dura nel tempo, per il lavoratore è la forza lavoro che gli viene messa a disposizione per avere un altro salario e cercare di comprare altre merci.

Inoltre, è bene ricordare che per i classici l’operaio è colui che possiede il lavoro, mentre per i marxisti l’operaio possiede, non il lavoro, ma la forza lavoro, la possibilità in sé di lavorare. La forza lavoro è una merce, con il relativo  mercato: il mercato del lavoro.

Nel tempo sta diminuendo il salario assoluto, il salario relativo anche in funzione di quanto cresce la massa dei profitti, ma la remunerazione del capitale aumenta sempre di più, a scapito del fattore lavoro.

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