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Marx e il General Intellect nelle dinamiche della produzione

Marx formula nei Lineamenti il concetto di General Intellect, o intelletto generale.
Ciò che Marx espone circa le macchine, indica in maniera inequivocabile l’importanza della scienza, delle macchine all’interno del processo di produzione, affermando «che la conoscenza, la tecnologia, seppur offrono incremento di produttività, trasformano anche i rapporti di produzione».

Questo intelletto generale non è posseduto dai singoli individui, ma è distribuito a livello sociale. È una forza produttiva pertanto collettiva, per tale ragione il progresso scientifico e tecnologico è una parte fondamentale del processo di produzione, contribuisce alla creazione di ricchezza non individuale, di ricchezza sociale.
Questo tema del pensiero marxiano, si riflette nei Lineamenti, dove affronta la questione centrale della divisione del lavoro, il ruolo della scienza e delle macchine.

Marx mette in guardia dalle contraddizioni insite nel processo tecnologico, evidenziando la duplice finalità delle macchine.
Solitamente l’approccio marxiano a concetti di particolare interesse, sono ridondanti negli scritti del filosofo, vengono ripetuti ai fini di una migliore assimilazione da parte del lettore. Il concetto del General Intellect, invece, lo incontriamo solo una volta, non viene approfondito e gli viene data una definizione generale: viene visto come la capacità di acquisire la conoscenza da parte dell’umanità nel corso del suo sviluppo e viene applicata al processo produttivo attraverso l’uso di macchine e di tecnologie.

Marx si sofferma sulla natura contraddittoria dell’intelletto generale: il progresso scientifico e tecnologico aumenta la produttività del lavoro; pertanto, una macchina libera potenzialmente gli individui dai lavori ripetitivi, meno alienanti, più faticosi. Però dall’altra parte questo progresso mina il sistema capitalistico, ne diventa una contraddizione, perché riduce la necessità di lavoro umano, che ricorda essere la fonte di estrazione del plusvalore, e di conseguenza, riduce lo sfruttamento del proletariato.

C’è un frammento bellissimo sulle macchine nei Grundrisse. Marx dice che esiste una forma di cooperazione intellettuale tra lavoro vivo, cioè i lavoratori che effettuano il lavoro ogni giorno e lavoro morto, ovvero le macchine, il lavoro cristallizzato, la tecnologia, cioè quello che viene chiamato capitale. La cooperazione intellettuale, immateriale, implica che il valore del lavoro dipende non dalla quantità del lavoro umano impiegato direttamente, ma anche dalla quantità di lavoro incorporato, dal lavoro morto, cioè le macchine.

Marx, nel frammento delle macchine, in un punto nodale dell’analisi della produzione, utilizza spesso la parola appare, per mettere in luce come le dinamiche introdotte dalla tecnologia e dalle macchine abbiano un impatto significativo sulla percezione del lavoro, sulla generazione della ricchezza. Quindi le macchine assumono una forma più organica, che sembra agisca autonomamente ma incorpora i saperi, le abilità accumulate dalla società.

Un aspetto chiave del frammento è l’affermazione secondo cui il sapere e le forze diventano proprietà del capitale. Marx evidenzia invece come scienza e abilità, una volta legate al lavoro umano, sono assorbite e controllate dal capitale incorporato dentro le macchine. Questo processo crea una subordinazione, quella del lavoro vivo al lavoro morto, cioè una subordinazione al sapere e alle competenze incorporate dentro le tecnologie, che è sempre l’uomo a creare. Alessandro Mazzone propone un discorso sulla cosiddetta riproduzione sociale complessiva, esortando ad uscire dalla lettura economicistica, materialistica-volgare del marxismo eriportiamo tutto il rapporto tra struttura e sovrastruttura ideologica politica su cui si deve basare una dottrina marxista..

E allora Marx si pone un quesito: che nesso c’è tra rivoluzione sociale, macchine e scienze? la connessione è costituita nella trasformazione del lavoro. Da un lato, le macchine rappresentano strumenti di emancipazione e potenziamento della forza produttiva, permettendo l’automazione dei processi e incrementando l’efficienza, con conseguente aumento della produzione di beni. Tuttavia, le conseguenze negative si manifestano nell’uso capitalistico delle macchine.

Infatti, come espone Harvey nella sua Introduzione al Capitale, l’utilizzo di sempre più efficienti tecnologie delle nuove macchine crea un incentivo a estendere le ore lavorate al fine di affrontare il problema del deprezzamento , ovvero l’obsolescenza economica e la conseguente svalutazione della macchina stessa. I capitalisti si impegnano quindi nella rapida recupero del valore intrappolato nella macchina, spingendola a funzionare senza interruzioni per ventiquattro ore al giorno. Questo sfruttamento estremo della macchina diventa un mezzo per intensificare il processo lavorativo.

I capitalisti hanno il controllo sia sulla continuità che sulla velocità di questo processo, permettendo loro di ridurre la “porosità” della giornata lavorativa. L’intensificazione emerge come una strategia chiave per estrarre un maggior plusvalore dai lavoratori.

L’automazione e l’introduzione di tecnologie avanzate possono portare a una riduzione della domanda di lavoro, generando disoccupazione strutturale. Nonostante siano strumenti di produzione, le macchine, nel contesto della produzione di merci, sono possedute e controllate dai capitalisti con l’obiettivo di estrarre plusvalore. In questo modo, le macchine diventano veicoli di sfruttamento che perpetuano disuguaglianze sociali. In questa analisi, Marx introduce per la prima volta l’idea della disoccupazione indotta dalla tecnologia. Le innovazioni che portano a un risparmio di lavoro generano disoccupazione per i lavoratori.

Negli ultimi trent’anni, i significativi cambiamenti tecnologici e la notevole crescita nella produttività hanno causato disoccupazione e instabilità nel mondo del lavoro, addirittura in Italia abbassamento dei salari reali e aumento delle ore lavorate , facilitando una gestione politica più diretta del plusvalore assoluto e relativo .

La classe lavoratrice negli Stati Uniti tende a attribuire i propri problemi all’outsourcing e alla concorrenza a basso costo del lavoro salariato in Messico e Cina. Tuttavia, studi dimostrano che almeno in due casi su tre, la perdita di posti di lavoro negli Stati Uniti è stata causata da cambiamenti tecnologici.
Un esempio tangibile di questo impatto è rappresentato da Bethlehem Steel a Baltimora: nel 1969 dava lavoro a oltre venticinquemila persone, ma vent’anni dopo impiegava meno di cinquemila pur mantenendo la stessa produzione di acciaio.

La nota citazione “Il mezzo di lavoro schiaccia l’operaio” sottolinea il potere oppressivo delle tecnologie sul lavoratore. È evidente che le tecnologie sono utilizzate come strumento di lotta di classe.
Tuttavia, la visione di Marx su questo tema incontra spesso disaccordi, soprattutto con gli interpreti come la componente minoritaria e poco seguita della scuola di pensiero di Toni Negri, che ad esempio, interpreta l’intelletto generale come una capacità acquisita non dalla società, ma dall’individuo.

Questa prospettiva si distanzia enormemente dalla corrente marxista tradizionale e più coerente ,poiché si concentra esclusivamente sulla tecnologia senza affrontare la lotta per il superamento della divisione del lavoro. I negriani sviluppano il concetto affermando che nell’era dell’informazione, la tecnologia avanzata e il General Intellect assumono una forma sempre più immateriale. In questa prospettiva, le conoscenze e le abilità cognitive diventano centrali nel processo produttivo a discapito del lavoro materiale.

Questa corrente sostiene assurdamente attraverso un pensiero salottiero di sinistra radical chic fuori dal contesto reale del conflitto di classe che, con questa trasformazione, non sarà più necessaria la forza lavoro operaia.
In risposta a questa visione, il maestro Alessandro Mazzone ha fornito contributi significativi. I suoi scritti affrontano non solo la questione più immediata del General Intellect nel contesto della relazione tra il modo di produzione e i modi di vita, ma pongono anche questo concetto come una dimensione soggettiva, ideale e intellettuale.

La sua analisi approfondisce le interconnessioni tra il General Intellect, le dinamiche della produzione e le dimensioni più ampie della vita sociale, offrendo una prospettiva che va oltre la mera considerazione del cambiamento tecnologico per abbracciare anche le sfide e le trasformazioni nelle sfere soggettive e culturali.

Nel suo concetto di “General intellect” riflettendo sulle dimensioni cognitive e intellettuali del lavoro, Tony Negri sosteneva che con l’avanzare della società post-industriale e dell’era della società ad alta automazione, il valore economico è sempre più derivato dalle capacità intellettuali e cognitive dei lavoratori della conoscenza, piuttosto che dalla produzione fisica. Pertanto, superare l’alienazione del lavoro, per Negri, può anche significare emancipare e valorizzare il “General intellect” ovvero la capacità creativa intellettuale sociale ma senza porsi da subito il problema del superamento del modo di produzione capitalistico».

Nell’attuale epoca l’intelligenza artificiale diventa un elemento chiave nel mondo del lavoro. La scienza consolida il controllo capitalistico e non emancipa il lavoratore. La tecnologia non è, dice Marx, di per sé intrinsecamente liberatoria, ma dipende dai rapporti di produzione nella quale è inserita.
Il frammento dei Lineamenti, pertanto, ci offre un’analisi critica del ruolo della scienza, delle macchine e della società. Il General Intellect è coniato da Marx sulla somma delle competenze e le abilità sociali all’interno dell’umanità, quindi della società.

Egli considerava la tecnologia e le forme organizzative come componenti essenziali nella comprensione dell’evoluzione umana e sociale. La sua menzione del concetto di “interiorizzazione” sottolinea l’idea che le tecnologie e le strutture organizzative non sono semplici strumenti esterni, ma piuttosto elementi che vengono assimilati e incorporati nella trama stessa della società e della cultura.
Quando Marx analizza le tecnologie e le forme organizzative, le considera come espressioni materiali di rapporti sociali, idee, processi lavorativi e modelli di vita quotidiana. Questi elementi non esistono in isolamento, ma sono interconnessi e influenzano reciprocamente la società.

La tecnologia non è solo uno strumento non neutro, ma un elemento che riflette e modella le dinamiche sociali. Allo stesso tempo, gli altri aspetti della società, come i rapporti sociali e le rappresentazioni mentali, influenzano a loro volta la forma e l’uso delle tecnologie.
L’approccio marxista sottolinea l’importanza di studiare le interconnessioni e le relazioni reciproche tra diversi aspetti della società per ottenere una comprensione completa. Un’analisi dettagliata della vita quotidiana nel sistema capitalistico può, quindi, rivelare molto sui rapporti con la natura, la tecnologia, le rappresentazioni mentali e i rapporti sociali. In questo modo, si cerca di cogliere la totalità delle relazioni sociali e comprendere come i diversi elementi si influenzino a vicenda all’interno di un sistema complesso.
Attraverso questo concetto Marx materializza il general intellect nei mezzi di produzione, trasformando il modo in cui il lavoro viene percepito: le macchine non sono più estensioni del lavoro umano, ma sembra che possano diventare portatrici di una forma di sapere collettivo, portando ad una situazione dove il lavoro umano può anche apparire superfluo.

Proprio in questa considerazione si palesa il genio di Marx, il suo sguardo lungimirante che ha saputo carpire ciò che si sarebbe verificato duecento anni a seguire, nei giorni nostri, con l’intelligenza artificiale.
Noi diciamo, senza superamento delle classi e della divisione del lavoro, non ha senso parlare di macchine ne ‘ di intelligenza artificiale . I negriani ci dicono invece che la dimensione cognitiva del lavoro cambierà questa società. Quindi non c’è più bisogno di lotta di classe?
Contrariamente alla prospettiva che enfatizza principalmente la dimensione intellettuale del lavoro e la valorizzazione del General Intellect, per noi si riconosce che anche la dimensione intellettuale del lavoro costituisce la nuova forma di operaio. Ne è un esempio l’attuale generazione di studenti universitari, considerati la nuova classe operaia.

L’accento è posto sul fatto che, nonostante le differenze nel tipo di lavoro e nelle competenze richieste, la dimensione intellettuale del lavoro è centrale nel contesto contemporaneo. Infatti, all’interno del MPC da un lato, il sistema sembra richiedere un lavoro degradato, in cui gli operai sono considerati come semplici esecutori di compiti senza la necessità di un’elevata intelligenza o flessibilità. Si tratta di una visione dei lavoratori come gorilla addestrati pronti ad eseguire gli ordini senza porre domande.

Dall’altro lato, emerge la richiesta di una forza lavoro altamente educata e versatile, capace di svolgere una gamma più ampia di compiti e di adattarsi con flessibilità alle mutevoli condizioni del mercato. Questa contraddizione sottolinea una tensione intrinseca nel sistema capitalistico, che da un lato cerca di semplificare e standardizzare il lavoro per massimizzare l’efficienza e ridurre i costi, e dall’altro necessita di una forza lavoro in grado di innovare, adattarsi e mantenere una qualificazione elevata.

Questa ambivalenza può portare a un conflitto tra l’aspirazione del capitalismo di ridurre i lavoratori a semplici esecutori e la necessità di una forza lavoro istruita e flessibile per competere efficacemente in un ambiente economico in rapido cambiamento.
Non si può, quindi, trascurare la trasformazione delle relazioni di produzione e la redistribuzione del potere economico nel contesto della ricerca di una società più equa. Si sottolinea la critica nei confronti degli utopisti che aspirano a un cambiamento sociale all’interno delle dinamiche del sistema capitalistico, sostenendo che una sostenibilità tecnologica senza una vera rivoluzione sociale non è accettabile.

La prospettiva di Geymonat, che rifiuta l’idealismo e preferisce la dialettica oggettivista sovietica, ribadisce l’importanza del materialismo dialettico nel ricostruire il marxismo ortodosso. Questo approccio si basa sulla comprensione della natura in continua evoluzione della realtà e sottolinea il ruolo delle contraddizioni interne come motore del cambiamento storico.

Il concetto di prassi di Geymonat, in linea con la visione leniniana sulla verità oggettiva e soggettiva, enfatizza che la correttezza di una teoria o proposizione deve essere valutata attraverso la sua efficacia nella pratica. La prassi diventa quindi il criterio cruciale per giudicare la validità di una teoria scientifica, in particolare nel contesto del processo di produzione del sapere scientifico.
La critica alla neutralità della scienza si basa sull’idea che la produzione del sapere scientifico e universitario è intrinsecamente radicata in una società specifica, con le sue strutture, relazioni di potere e contesto storico. Tale posizione mira a superare la presunta neutralità della scienza, riconoscendo che le condizioni sociali, politiche ed economiche influenzano profondamente la produzione del sapere.

La realtà è in continua evoluzione, e il sistema capitalistico, considerato un modello di progresso storico, sviluppa contraddizioni interne sempre più evidenti. La visione scientifica della società dovrebbe essere basata sulla comprensione delle leggi che governano il modo di produzione capitalistico, cioè il modo in cui le persone producono e si riproducono materialmente. La natura sociale è complessa e mutevole, richiedendo un approccio dinamico alla comprensione scientifica.

La riflessione sulla scienza e sulle scienze sociali solleva interrogativi critici: il concetto di scienza e di scienza sociale si esaurisce nel giudizio sull’utilizzo socialmente possibile di una scienza o nella probabilità di una sottomissione indefinita della natura a un ordinamento sociale? La risposta potrebbe richiedere un’articolazione della questione della scienza nell’ambito di un progresso generale della teoria marxista, nonché un perfezionamento dell’azione politica.
Il lento sviluppo della critica politica, delle istituzioni e della critica scientifico-ideologica negli ultimi decenni ha posto un problema di limite storico, sollevando la questione della scienza e del suo ruolo nella società contemporanea. La riflessione su questi temi è essenziale per affrontare le sfide del presente e contribuire a un progresso più consapevole e equo.

Tale questione può essere affrontata con la conversione filosofica, cioè quel processo mediante il quale una conoscenza scientifica, pur avendo raggiunto già inquisiti minimi di teoria scientifica, deve estendersi e strutturarsi rispetto a quelle che sono le metodiche della filosofia della prassi.

Ritorniamo a Gramsci e a due punti focali della nostra analisi.
1. Uno è la Dialettica della natura di Engels e quindi il materialismo dialettico applicato alla natura.
2. L’altro è il materialismo dialettico nell’ambito sovietico.
Quindi due tentativi di applicare il metodo dialettico marxista al campo della scienza. Il metodo sovietico si è sviluppato ed adattato all’interno dei bisogni della società socialista dell’epoca. Il primo, ovviamente dell’essere sociale e delle condizioni materiali, come il determinante delle relazioni sociali nel contesto sovietico.Questo approccio filosofico è stato utilizzato anche per dare un senso al progresso scientifico e tecnologico e per dare anche una base ideologica del sistema socialista. Se il problema è nel rapporto tra ideologia e scienza, bisogna tornare a parlare dunque della teoria del riflesso nella filosofia marxiana. Questa teoria si riferisce alla conoscenza materialistica dialettica della relazione fra coscienza e realtà, fra realtà e apparenza, in particolare al modo in cui le idee e le rappresentazioni mentali si formano e si sviluppano in funzione in rapporto ai processi materiali.

Noi spesso percepiamo quello che il riflesso ci fa sussumere dalle questioni materiali. Marx affermava, già all’epoca, che la coscienza umana non è un’entità separata o autonoma, ma è collegata al mondo materiale circostante. La coscienza è il riflesso della realtà oggettiva delle menti umane.

Questo concetto è fondamentale per il materialismo storico, perché per noi le condizioni materiali e sociali, quindi anche la produzione economica, determinano la forma e il contenuto delle idee e delle concezioni mentali, come diceva Marx «Non è la coscienza che fa le condizioni sociali sono le condizioni sociali, le condizioni di sopravvivenza, che determinano la coscienza». Il termine riflesso significa che la coscienza non crea realtà, ma piuttosto la riflette, la interpreta, la rappresenta nella sfera delle idee.
Esattamente, la teoria marxista sottolinea il legame indissolubile tra la base materiale di una società e la sua sovrastruttura ideologica. Le idee e le concezioni mentali sono fortemente influenzate e plasmate dalle condizioni materiali sociali in cui si sviluppano.

Affrontare il problema della scienza implica un’esplorazione approfondita della sua natura duplice: da un lato, la produzione della forma della scienza, cioè la sua specificità, e, dall’altro lato, la produzione della scienza in sé.
La critica marxiana prima che marxista della scienza si confronta con la teoria scientifica, cercando di evitare trappole di circoli viziosi attraverso l’applicazione della dialettica, come proposto anche da Engels, per affrontare le relazioni anti-scientifiche.

Nel contesto contemporaneo, la teoria del riflesso risulta ancora più valida, specialmente nel capitalismo attuale, dominato dalla sorveglianza digitale. La classe manageriale utilizza una vasta gamma di strumenti per monitorare i dipendenti, l’analisi del loro contributo sui social media, la valutazione delle risposte alle e-mail e l’osservazione della partecipazione alle riunioni, fornendo suggerimenti ai dipendenti per lavorare più velocemente ed efficientemente. I dati dei dipendenti vengono sfruttati per prevedere chi ha maggiori probabilità di successo, basandosi su parametri ristretti e quantificabili, chi potrebbe allontanarsi dagli obiettivi aziendali e chi potrebbe organizzare altri lavoratori. Con la diffusione dell’intelligenza artificiale nei luoghi di lavoro, molti dei sistemi di monitoraggio di base vengono potenziati con nuove capacità predittive, trasformandosi in meccanismi di gestione dei lavoratori sempre più invasivi.

La prospettiva qui esposta rimette al centro le capacità collettive come chiave per superare la divisione del lavoro. Questo implica una valorizzazione del General Intellect, comprendendo la conoscenza, la creatività e le capacità individuali. L’attenzione è focalizzata sulla necessità di concentrarsi sull’urgenza di superare la divisione del lavoro e trasformare le relazioni sociali.

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