“Vendola ascolti la città prima di parlare” ha sentenziato il neo sindaco di Milano Pisapia in una intervista che il Corriere della Sera di mercoledì ha sapientemente condotto sul dove voleva arrivare il giornale della grande borghesia milanese. “A molti non è piaciuta la kermesse di Nichi Vendola sul palco di piazza del Duomo che ha voluto mettere il cappello sull’elezione dell’avvocato. Particolarmente arrabbiati gli uomini di Rifondazione. Ma anche il Pd non l’ha presa bene, soprattutto perché mentre Vendola arringava la platea, Piero Fassino, neosindaco di Torino, era relegato sotto il palco” ha scritto il Corriere della Sera soffiando sul fuoco.
Una volta vinte le elezioni, infatti, Pisapia si appresta ora a dover pagare le cambiali maturate con una buona parte della borghesia meneghina che ha dato il suo “goodbye” a Berlusconi, che ha sostenuto per questo Pisapia, ma che adesso non vuole certo impropri tribuni del popolo come Vendola tra le scatole. Quello di Vendola è “l’estetismo distruttivo, cioè il contrario dell’estetica costruttiva, che può tradursi in buona politica”, scrive oggi in un commento Federico Orlando sul quotidiano del Pd “Europa”.
Dalla serata decisamente “no” ad Annozero al processo nel salotto di Gad Lerner, la sera stessa della vittoria elettorale di Pisapia a Milano, a Nichi Vendola fischiano ormai le orecchie, sembra capire l’ aria che tira e dunque smorza i toni. “Nel centrosinistra non ci deve essere il tempo ora per beghe personali. Significherebbe bruciare al volo l’apertura di credito di un pezzo d’Italia”. Il leader di Sel Nichi Vendola, intervistato oggi da Repubblica, ha lanciato un esplicito invito al centrosinistra: “Mettiamo da parte personalismi miseri e ridicoli, rendiamoci conto dei reciproci limiti per aiutarci a superarli e soprattutto da oggi, anzi da ieri, lavoriamo per i referendum”.
Vendola imbrocca così la strada del leader pragmatico che sente sfuggirgli tra le mani la rendita di posizione accumulata in questi mesi ma che proprio le elezioni amministrative hanno visto sfaldarsi con risultati non certo confortanti per Sel e con l’affievolimento evidente del feeling tra Vendola e il variegato, variegatissimo, popolo della sinistra, tra l’altro niente affatto entusiasta dell’entusiasmo di Vendola per Israele.
Il risultato di queste elezioni, secondo Loredana Fraleone della segreteria del PRC:“ha sfatato la previsione del “big bang” del PD a favore di SEL, che rimane ben al di sotto dei sondaggi e fruisce solo in parte della straordinaria visibilità fornitale dai media”. Sulla base dei risultati, nei giorni scorsi lo stesso segretario del Prc Fererro – insidiato dall’interno dai fautori di un nuovo abbraccio con Vendola – aveva mandato a dire al leader di Sel di abbassare un po’ le penne e di ricominciare a discutere senza supponenza, visto che il divario tra i risultati della FdS e quelli di Sel si è ridotto di parecchio. Il risultato di Napoli – dove Sel aveva scelto di appoggiare il candidato del Pd Morcone e non De Magistris – è stato poi una vera e propria Caporetto per le scelte del leader di Sel.
“Stiamo sulle cose, non parliamo di formule – sostiene Vendola a La Repubblica – Casini vuol venire con noi? Magnifico. Ma se il prezzo è rinunciare alle proposte sul precariato, a costo di farci sorpassare a sinistra da Ratzinger e Mario Draghi, allora no, grazie”. Per il governatore della Puglia dopo i ballottaggi “un fatto è certo: la sindrome di Zelig della sinistra è finita, il riformismo come pratica del compromesso universale su tutto, perfino sulle ronde, è morto. Dai referendum in poi il gioco diventa: questo proponiamo noi, questo vogliono loro e i cittadini scelgano”.
Ma è proprio sulle proposte che la realtà incalza senza fare sconti a nessuno, neanche a Nichi Vendola. Infatti diventano più salate le tasse locali anche in Puglia. Da oggi, e a valere su tutto il periodo di imposta 2011, aumenta l’addizionale regionale sull’Irpef. La manovra fiscale serve a colmare la parte non coperta del disavanzo sanitario maturato nel 2010. Il provvedimento, grazie all’insistenza dei sindacati, sarà modulato e non farà gravare l’inasprimento fiscale su tutte le fasce di reddito. In particolare: l’aumento sarà dello 0,30% per i redditi fino a 28mila euro; sarà dello 0,50% sui redditi superiori. Considerata la base ordinaria dello 0,90 prevista dalle norme statali, in definitiva l’addizionale Irpef risulterà dell’1,20% per i redditi fino a 28mila e dell’1,40 per quelli superiori. Qualche esempio concreto. Chi ha un reddito da 15mila euro annui passa da un’addizionale di 135 a 180 euro. A 28mila euro si passa da 252 a 336. A 50mila euro da 450 a 644 euro annui.
Si dirà che la scelta era inevitabile, che non si poteva fare altrimenti, che è meglio pagare più tasse che chiudere altri ospedali. Ma il problema resta sempre quello: se alla fine le giunte di centro-sinistra e gli uomini di governo della sinistra radicale devono piegarsi e fare le stesse scelte delle giunte di centro-destra quando e dove nascerà mai l’alternativa che viene invocata nelle piazze?
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Per opportunismo politico qualcuno come chi scrive questo articolo, sarebbe pronto a rinnegare tutto quello per cui varrebbe ancora la pena di sentirsi comunisti. Calcando sulle polemiche di Milano quasi esprimendo soddisfazione per le critiche (tra l’altro già ritirate) sulle affermazioni di fratellanza verso rom e mussulmani di Vendola, calcando sull’incontro con l’ambasciatore israeliano come se a distanza di giorni Vendola non avesse programmato prima e tenuto poi, un incontro con la delegazione palestinese (ovviamente non citata nell’articolo), per finire poi con il dispiacere sornione per la vicenda delle tasse, decontestualizzando la questione e arrivando ad un atteggiamento palesemente compiaciuto (sempre meglio che chiudere ospedali ma ora sono cavoli tuoi). Sarebbe comprensiva la critica se costruttiva ma in quest’articolo, di crepuscolare io vedo solo l’entusiasmo e la voglia di dare una mano a quella parte del paese che finalmente si da una mossa! Trovo triste che si possa barattare quell’entusiasmo e quella partecipazione con il freddo opportunismo politico.