Mattinata di passione, quella che è andata in scena ieri, venerdì 22 febbraio, tra le vie della città di Roma, così come in molte altre città italiane. Studenti e studentesse da ogni dove sono infatti scesi in piazza per protestare contro le ultime riforme messe in piedi dal governo gialloverde e incarnate nella figura del Ministro dell’istruzione Marco Bussetti.
Quello che, per intenderci, per colmare il gap che gli istituti, professori e studenti del sud hanno accumulato nei confronti di quelli del nord (come se poi fosse “solo” una questione geografica, e non di prospettiva di classe), chiama in causa non gli investimenti, quanto piuttosto la mancanza, nei primi, di quel sacrificio necessario alla conquista degli obiettivi raggiunti invece da quelli, i secondi, più virtuosi.
E passione ce n’era molta nelle centinaia di ragazzi che hanno sfilato nel corteo partito da piazzale Ostiense, e che attraverso via della Marmolada, passando per il ponte di Porta Portese (Sublicio), è andato a finire sulle scalinate sotto al Miur (Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca). Un corteo che è stato caratterizzato da quella carica tipica delle frange più giovani dei movimenti sociali, senza però che questa si trasformasse in momenti di tensione di con le forze dell’ordine dispiegate per l’occasione, comunque mai totalmente “inattive” quando si tratta di controllare una mobilitazione “antagonista”.
Neanche a dirlo, Matteo Salvini e la Lega sono stati l’oggetto di scherno preferito dai cori letteralmente strillati dai presenti in piazza, ma non sono stati risparmiati neanche l’altro vice-premier, Luigi Di Maio, e il già citato ministro Bussetti: «Bocciamo il governo», recitava uno slogan della giornata del Fgc, tra i promotori della mobilitazione.
In particolare, a far montare la rabbia tra gli studenti è stata la recente riforma della maturità, partorita a pochi mesi dall’effettivo svolgimento della stessa, che prevede la riduzione delle prove scritte da 3 a 2. Ma questa riduzione, più che una semplificazione, sembra piuttosto l’accorpamento disorganico di un quantitativo enorme di materiale didattico che renderà necessaria, come spiegato nei giorni scorsi su queste pagine dagli studenti e dalle studentesse di Osa, una preparazione prettamente nozionistica, e cioè priva di quella coscienza che sola, assieme a dei tempi di apprendimento inevitabilmente più lunghi di quelli (già precari) pre-riforma, può consentire l’effettiva comprensione dell’argomento trattato.
Come se non bastasse, viene abolita la possibilità di pescare la prove di storia – a nostro avviso, ennesimo attacco a tutto un portato politico-culturale che fa della memoria e dell’insegnamento delle esperienze passate, l’arma più potente per poter stabilire un percorso di progresso nel presente (trattare il presente come storia, avrebbe scritto Lukács) –, la tesina di presentazione viene sostituita da una relazione sull’alternanza scuola-lavoro – capolavoro del governo Renzi, applaudita non a caso da tutta Confindustria –, mentre rimangono al palo quelle voci della spesa pubblica che sarebbero urgenti per rimettere in sicurezza gli edifici scolastici, regolarizzare gli insegnati precari e ridare dignità a un’istruzione, quella pubblica appunto, sempre più soggetta dell’attacco dei privati.
A questo proposito, va sottolineato come proprio i militanti dell’Opposizione studentesca d’alternativa abbiano colto un elemento determinante per la buona riuscita di una battaglia politica: quello dell’unione con gli altri pezzi della società in movimento. E così, poco dopo il ponte che conduce a Trastevere è apparso uno striscione di solidarietà ai lavoratori Usb della logistica in sciopero davanti al Mise, gesto apprezzato a rigirato sui social network dal sindacato di via dell’Aeroporto.
La giornata è terminata con una serie di interventi, tutti infuocati e applauditissimi, dalle scale del Miur, da cui la necessità di proseguire nel percorso arrivato alla tappa di ieri, si è materializzata nella proposta di un momento di confronto collettivo per il prossimo 16 marzo, lanciato dalla campagna BastAlternanza, per la creazione di un coordinamento nazionale, inclusivo e partecipato, che sappia però mettere al centro della propria proposta politica una rottura decisa con tutto ciò che ha ridotto, o che vorrebbe ridurre, le future generazioni a degli «schiavi silenti»: la logica elettoralistica della vecchia “sinistra”, comprese tutte le maschere dietro cui si cela ancora oggigiorno; l’attacco al mondo del lavoro, specialmente quello femminile, sempre coadiuvato dai sindacati confederali; la gabbia dell’Unione europea.
E per farlo, come recita uno striscione presente nel corteo, la “ricetta” è una sola: organizzare la rabbia.
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