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Lettera o testamento? L’ultimatum dell’UE e la risposta italiana

L’UE dice, ordina, prescrive, e l’Italia fa, procede; in mezzo c’è la lettera scritta da un Berlusconi in grossa difficoltà. Una lettera che in realtà sembra più un testamento, del suo Governo, della sua carriera politica, ma una lettera che prova a mettere la parola “fine” anche sui diritti dei lavoratori e su quel poco di garanzie sociali che ci erano rimaste. Un testamento che lascia in eredità al capitale ed agli speculatori aziende di stato, palazzi, ricchezze pubbliche mentre alle classi subalterne nega tutto. Si tratta delle ultime volontà di un paese ormai commissariato e destinato alla catastrofe. D’altronde, se ricordate quel gioco di bambini, per “testamento” si intendeva sempre una serie di botte con un calcio in culo finale. Più o meno quello che ci sta succedendo.

Proviamo quindi a buttare giù qualche riflessione a caldo sulla “lettera”, consapevoli che si tratta solo di spunti, e che probabilmente le cose evolveranno in tempi rapidissimi, consapevoli però che è bene che tutti, lavoratori, studenti, compagni, sappiano e si tengano pronti al peggio. Perché il peggio sta per arrivare. Da questo punto di vista aveva ragione il premier greco Papandreu quando disse che questa crisi del debito è paragonabile ad una “guerra”, con devastazione sociale e massacri di massa annessi. Il fatto che l’Italia abbia ricevuto un vero e proprio ultimatum lo dimostra. Ed in prima linea verranno mandati ancora una volta i lavoratori, che dovranno fare sacrifici, rinunciare ai diritti, rendersi disponibili a tutto…

Ma vediamo meglio. La prima cosa da notare è che la lettera non è chiarissima, dice cose molto generiche, non entra nel dettaglio. In molti punti è utilizzato un linguaggio volutamente oscuro perché, a differenza di come si vuol far credere, molte sono le cose ancora da decidere. Si tratta insomma di una lettera di intenti che vale relativamente poco, perché la maggior parte delle misure verranno integrate con altre suggerite dall’UE e da Draghi, e forse portate avanti da un altro Governo. Ma, ed è questa la cosa che colpisce, nonostante le descrizioni vaghe dei provvedimenti vengono date scadenze precise, molte delle quali anche abbastanza ravvicinate. Come dire: ormai il tempo è scaduto, dobbiamo intervenire, ed anche se non abbiamo idee chiare ed accordi di merito dobbiamo dare un segnale di discontinuità, mostrando la totale remissività alle esigenze dei mercati e dell’Unione Europea. Non sanno bene che fare, ma lo faranno, anche perché sanno con chi prendersela.

Così, la primissima parte della lettera è retorica pura, ripercorre le misure già prese dal Governo con la manovra correttiva, misure che è evidente non siano servite a tranquillizzare i mercati. Le abbiamo già analizzate qui, alludono a quel passaggio del “sistema-Italia” ad una fase neocorporativa già preconizzato a maggio da Draghi. La seconda parte della lettera invece entra nel vivo, ed inizia a toccare quella “ciccia” su cui da mesi si vuole arrivare a mettere le mani.

Vediamo le proposte in dettaglio, ripercorrendole dall’inizio:

entro due mesi, “la rimozione di vincoli e restrizioni alla concorrenza e all’attività economica, così da consentire, in particolare nei servizi, livelli produttivi maggiori e costi e prezzi inferiori”, ed entro 4 mesi, “la definizione di un contesto istituzionale, amministrativo e regolatorio che favorisca il dinamismo delle imprese”. In sostanza stanno dicendo che interverranno su tutte le norme ed i regolamenti che oggi tutelano il lavoro (come lo Statuto dei lavoratori, o l’articolo 41 – quello che dice “l’iniziativa economica privata… non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”), al fine di rendere sempre più precario il mercato del lavoro, sempre più veloci i tempi di produzione, mettendo sempre più in competizione i lavoratori e le ditte, in una corsa al ribasso delle tutele e dei salari.

entro sei mesi “l’adozione di misure che favoriscano l’accumulazione di capitale fisico e di capitale umano e ne accrescano l’efficacia”. Una formula criptica, che potrebbe alludere a provvedimenti di carattere fiscale che servano a favorire il superamento della piccola impresa, cercando una dimensione di fabbrica più grossa, federando le piccole aziende, procedendo a concentrazioni, invertendo la rotta rispetto alla frammentazione del tessuto produttivo, in linea con il modello della Germania. Insomma, è la fine del mito del Nord-Est e del “piccolo è bello”. Per competere sullo scenario internazionale la fabbrichetta del padre-padrone potrebbe non funzionare più.

entro quattro mesi si prevede poi nientemeno che la soluzione della questione meridionale! E come? In buona sostanza sfruttando tutti i fondi comunitari del 2007/2013 destinati al Mezzogiorno e attualmente non utilizzati a causa delle guerre intestine fra i vari enti locali e le varie clientele che non si accordano su chi deve mangiare di più. Così il Governo pensa di coinvolgere direttamente le istituzioni europee e gestire le risorse a livello centrale: in pratica è una specie di commissariamento, o come dicono loro “una regia rafforzata”, che dall’alto deciderà dei nostri territori. E come pensano di gestire questi fondi? Aprendo ovunque cantieri, sia di grandi opere che di opere inutili, purché si dia fiato alle imprese di costruzioni. Basta vedere cosa si scrive dopo, parlando di “alcune opere immediatamente cantierabili, che potranno beneficiare, a titolo di contributo al finanziamento, della defiscalizzazione (IRAP, IRES) a vantaggio dei concessionari dell’opera stessa”. Ovvero queste imprese non pagheranno le tasse – mentre ai lavoratori si spreme ogni centesimo – e “inoltre sono previste una serie di semplificazioni e velocizzazioni nelle procedure di approvazione dei progetti”. Insomma: devastazione ambientale garantita. E le mafie che già se la ridono aspettando i bandi di gara per qualche autostrada nel deserto.  

La lettera entra poi nel merito di alcune proposte:

– rispetto a Scuola ed Università si parla di “promozione e valorizzazione del capitale umano”: in sostanza vuol dire che queste si devono modellare secondo criteri di impresa, creando futuri dipendenti completamente disciplinati e sottomessi alle esigenze del profitto. Si pensa ad un “programma di ristrutturazione per le scuole” (leggi: taglio di fondi, altri licenziamenti), si “amplieranno autonomia e competizione tra Università” (ovvero si smette di dare fondi ed ogni ateneo deve reperire le sue risorse, ricorrendo ai “trucchi” più disparati). I pochi finanziamenti saranno legati alle valutazioni dell’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca), ovvero ad un organo centrale che valuterà per criteri astratti, in base a parametri “produttivi” alquanto dubbi, seguendo logiche fintamente “meritocratiche”, probabilmente abbandonando certi atenei, soprattutto al Sud, e dando risorse a quelli gestiti da “amici degli amici”, magari trasformati in fondazioni private frequentate dagli studenti più danarosi. Poi “si accresceranno i margini di manovra nella fissazione delle rette di iscrizione”: vuol dire che il Governo dà un indirizzo di aumento delle tasse universitarie, ed introduce i prestiti d’onore, ovvero un meccanismo di indebitamento per gli studenti meno abbienti, che per studiare dovranno farsi prestare i soldi dalle università e restituirli di anno in anno una volta trovato lavoro. Infine, la riforma Gelmini, di cui pochi decreti sono finora diventati attuativi, verrà approvata in toto entro il 31 dicembre 2011, gettando un colpo di spugna sulle mobilitazioni studentesche di questi anni.

– si parla poi di “efficientamento del mercato del lavoro”. Si punta cioè a rendere più facili i licenziamenti, dicendo che le imprese non assumono perché le norme sono troppo “rigide”! Per il Governo è infatti necessaria “una riforma della legislazione del lavoro funzionale alla maggiore propensione ad assumere e alle esigenze di efficienza dell’impresa anche attraverso una nuova regolazione dei licenziamenti per motivi economici nei contratti di lavoro a tempo indeterminato”. In realtà nell’ordinamento giuridico italiano già oggi è previsto il licenziamento per i lavoratori a tempo indeterminato, in particolare in tre casi di “giustificato motivo”: per sospensione dell’attività, per chiusura dello stabilimento, per introduzione dell’automazione. Solo che oggi bisogna dimostrare che il lavoratore non ti permette di fare utili e che non può essere ricollocato in altro modo nell’azienda. Il Governo, spinto dal padronato e dalla logica Marchionne, punta invece ad ottenere che i lavoratori possano essere cacciati in ogni momento, al primo segnale di crisi, in un breve momento di inversione di tendenza dei mercati, per favorire operazioni speculative sulla vendita delle aziende etc.
Si parla poi di “limitazione del lavoro parasubordinato”, ma che si intende? Non che da oggi avremo contratti in regola, ma che c’è una piccola questione interna al padronato: alcuni dei settori più grandi e forti si sono stancati del fatto che i loro colleghi più piccoli o di settori “particolari” non paghino le tasse sui contratti, e quindi impongono una razionalizzazione del mercato del lavoro favorendo quei contratti che già nella pratica sono più utilizzati degli altri: apprendistato, inserimento e tempo determinato. Quindi niente paura: per noi non cambia nulla, continueranno a sfruttarci tale e quale!

– veniamo all'”apertura dei mercati in c hiave concorrenziale”. Questo è l’aspetto più interessante della lettera. In sostanza vuol dire smantellare quel poco che resta del pubblico, fare entrare ovunque le logiche speculative del privato. Ma vuol dire anche che entro due mesi si promettono al mercato le liberalizzazioni e dunque affari d’oro. Sia sul piano di settori energetici quali ad esempio il gas o i trasporti (vuol dire la fine del trasporto pubblico, perché sulle nostre linee ferroviarie cominceranno a girare treni privati, magari quelli di Montezemolo), sia sul piano degli ordini professionali. Si attacca alla radice il sistema corporativo italiano, per cercare consenso fra i giovani professionisti, ma probabilmente minando alla radice il sostegno del blocco sociale berlusconiano: le tariffe per gli ordini professionali non saranno più fisse, ma “di riferimento”. Avvocati e notai potranno dunque, se vogliono, abbassare i loro onorari e farsi concorrenza fra loro. È forse questo il provvedimento che segnerà la rivolta degli ordini professionali e la fine del Governo Berlusconi. Infine, verrà anche generalizzata la liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali: si lavorerà fino a tardi, e forse anche la domenica, durante le feste come il primo maggio e venticinque aprile etc.

– entro quattro mesi sono anche previste “semplificazioni amministrative per favorire l’impresa”, ovvero “lo snellimento in materia di vigilanza delle società di capitali e degli organi di controllo”. Vuol dire che si potranno più facilmente aprire imprese, con meno controlli e meno vincoli, con effetti disastrosi per la sicurezza sui posti di lavoro (in Italia abbiamo già più di mille “omicidi bianchi” all’anno!).  
 
– per quanto riguarda la pubblica amministrazione ed il pubblico impiego siamo di fronte all’introduzione di logiche di impresa, con “meccanismi cogenti/sanzionatori” come “la mobilità obbligatoria del personale”, ovvero i licenziamenti, e “la messa a disposizione (Cassa Integrazione Guadagni) con conseguente riduzione salariale e del personale”, cioè il posto fisso non è più garantito, si può essere mandati a casa dallo Stato!
Contemporaneamente si parla di altri tagli di tipo istituzionale, con riduzione dei fondi agli enti locali, la sparizione delle province, e più avanti di “riforma in senso federale dello Stato, maggiore efficienza dei meccanismi decisionali e rafforzamento del ruolo dell’esecutivo e della maggioranza”: insomma di un’architettura istituzionale più frammentata e razzista, tenuta in piedi dalla dittatura del Governo.  

Infine la lettera si chiude con quelle che sono vere e proprie bordate.

– è prevista la dismissione del patrimonio pubblico almeno per cinque miliardi. Vuol dire che i palazzi di proprietà degli enti pubblici saranno venduti, come già successo in passato, a prezzi stracciati a cordate di palazzinari che magari li riaffitteranno agli stessi enti con locazioni esose. Vuol dire che scaricano sui lavoratori dipendenti il costo delle loro speculazioni, e puntano a fare cassa subito indebitando il nostro futuro.

– è prevista anche dismissione delle partecipate, ovvero la privatizzazione delle aziende controllate dagli enti territoriali. Con le privatizzazioni arrivano licenziamenti e peggioramento della condizione lavorativa.

la pensione in Italia si innalzerà fino a 67 anni, rendendo così il nostro paese quello dove si va in pensione più tardi in assoluto.

– un’altra misura disastrosa per i lavoratori in materia di delega fiscale assistenziale è la “riduzione automatica delle agevolazioni fiscali”. Tutte le detrazioni che i lavoratori integrano nella dichiarazione dei redditi saranno eliminate: qui i tagli saranno lineari, si punterà a spremere ogni centesimo da chi paga già tasse altissime.

– infine l’assunzione del pareggio di bilancio come unico obbiettivo del Governo, da inserire persino nella Costituzione. Con la conseguenza di impedire ogni politica di crescita e di sviluppo e sancire il ritiro dello Stato da qualsiasi funzione di regolazione sociale che non siano i manganelli, i tribunali e la distribuzione di appalti e di poltrone.  

Se così stanno le cose, non ci restano molte altre valutazioni politiche da fare, se non che in questa lettera manca anche solo la promessa di una patrimoniale, che in questo momento di crisi faccia pagare fosse pure un pochino alle classi più abbienti. Non c’è nemmeno uno straccio di passaggio sul recupero dell’evasione fiscale che in questi dieci anni è cresciuta facendo fare affari d’oro a padroni e padroncini di tutte le taglie!
Insomma: il carattere antipopolare di tutta questa lettera-testamento è evidente. Forse Berlusconi stesso sa che tutte queste cose non si potranno realizzare nei tempi previsti: gli ordini professionali gli faranno la guerra, i sindacati pure. Già si avvertono scricchiolii nella sua maggioranza. Ma lo scenario che si apre, quello di un Governo tecnico che applichi questo programma e vada anche oltre, mettendo una pietra tombale sul futuro dei lavoratori, è ancora peggiore.
Questa lettera ha ormai scoperto le carte e la posta in gioco. Stiamo seguendo in parallelo lo schema della Grecia due anni fa: la caduta in un baratro da cui è difficile risalire. Sarebbe il caso di cominciare a muoversi con intelligenza e determinazione: la guerra non l’abbiamo voluta noi, ma ora la dobbiamo combattere. E sappiamo i nostri nemici chi sono…

Eat The Rich – Mangiamoci il padrone!

COLLETTIVO LAVORATORI DELLA METROPOLI IN LOTTA “CLASH CITY WORKERS” – NAPOLI
COLLETTIVO AUTORGANIZZATO UNIVERSITARIO (CAU)

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