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Crisi di governo. Il prezzo da pagare

Non è purtroppo il nostro caso. Anche avendo a disposizione una potenza di calcolo fantascientifica, l’imprevedibilità politica italiana, o meglio, il ripetersi di schemi politici ritenuti erroneamente irripetibili, perché impresentabili, è in grado di far dubitare anche della propria esistenza.
Prendiamo, ad esempio, quanto avvenuto alla Camera dei Deputati l’8 novembre 2011.

 
Il Governo presenta il rendiconto finanziario ed il voto diventa il banco di prova per la tenuta della maggioranza che sostiene Berlusconi.
A questo punto uno si aspetta che le opposizioni votino contro.
E invece no: il rendiconto va in ogni caso approvato, altrimenti “i mercati chi li sente?”.
Senza quindi mettere in pericolo l’approvazione del rendiconto, con una logica da Prima Repubblica e da fondamentalismo bipolare malato, l’idea è quella di mostrare che il Governo non ha i numeri per essere autosufficiente.
Dato che alla Camera vige un regolamento diverso dal Senato, ci si astiene, per cui il provvedimento passa lo stesso, ma i numeri dell’approvazione stanno lì a dimostrare che, per l’appunto, i numeri della maggioranza non sarebbero stati sufficienti.
Costituzionalmente parlando, ma anche facendo i conti del contadino, si scusi l’espressione, siamo di fronte ad una stronzata come poche.
O meglio, siamo di fronte ad un giochino della politica che fa dell’irresponsabilità politica una dote.
Manca, infatti, la controprova: cosa sarebbe successo se, invece dell’astensione, si fosse deciso di votare contro e, quindi, l’approvazione del rendiconto fosse stata a rischio?
Ovviamente non possiamo saperlo.
Sappiamo, però, che di riforme in riforme,  nessuno si è mai sognato di introdurre seriamente l’Istituto tedesco della sfiducia costruttiva. Se anche in Italia, infatti, vigesse questa banalissima soluzione parlamentare delle crisi di Governo, con le forze politiche costrette a dover dimostrare di essere maggioranza con i fatti e non permettendo l’approvazione di un atto del Governo attraverso l’astensione, ci saremmo risparmiati un’inutile giornata di passione quale è quella che in molti hanno creduto di vivere.
Ma non è finita qui.
Con un colpo di teatro, ed anche se, costituzionalmente parlando, non doveva (come e perché un Governo dovrebbe dimettersi dopo che il Parlamento ha votato favorevolmente un suo atto?), Berlusconi ha annunciato le proprie dimissioni; non prima, però, di aver approvato la Legge di Stabilità.
Ed è qui che i bit del nostro povero Neo iniziano a mischiarsi pericolosamente.
L’obiettivo di Berlusconi è sin troppo chiaro: serve l’approvazione della Legge di Stabilità per calmare i mercati? Bene, eccomi qui pronto a recepire le indicazioni “sovrane” che provengono dall’Europa. Chi ci sta?
Se l’opposizione non ci sta è evidente che mancherebbe quell’alternativa di Governo in grado di accontentare i “sovrani” all’estero; se l’opposizione, invece, così come ha fatto con il rendiconto finanziario, è disposta a consentire una veloce approvazione della legge di stabilità, finita l’emergenza non ci sarebbe più alcun motivo per rinviare il ricorso alle urne.
L’opposizione, da parte sua, convinta anche di poterla tirare ancora un po’ per le lunghe con un bel Governo di tutti e di nessuno (Governo tecnico del Presidente), al quale affidare eventuali ulteriori provvedimenti impopolari (e di queste ore la nomina di Monti a senatore a vita da parte del Presidente Napolitano), ha dato il via libero alla legge di stabilità. Ci si è riservati, ovviamente, il diritto di critica. In ogni caso, per domenica 13 novembre la legge verrà approvata per il “bene”, dicono tutti, del Paese.
In altre parole, mentre logica vorrebbe che dalle opposizioni giungesse un’alternativa, con la scusa dell’emergenza vengono lasciate le mani libere al Governo morente del Cavaliere.
Anche se fosse, quindi, una schifezza, tutti insieme, appassionatamente, per approvare quanto prima la Legge di stabilità
Questo il prezzo da pagare per liberarsi di Berlusconi … tenendosi però la macelleria sociale che altrimenti non sarebbe riuscito a realizzare.
Il tutto con il bene placido, o meglio, con lo stimolo del Presidente Napolitano.
Povero Neo, convinto di aver compreso appieno il diritto costituzionale italiano.
Molto meglio noi, comuni mortali, completamente digiuni e pronti ad entusiasmarci anche quando, per far dispetto alla moglie, per il nostro bene ci convincono che è bene tagliarsi gli attributi.

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