Quelle menzionate da Bush nel suo discorso furono Iraq, Iran e Corea del Nord, a cui in seguito furono aggiunte Libia, Siria e Cuba. Più tardi vennero aggiunti altri quattro Stati: Bielorussia, Myanmar, Sudan e Zimbabwe e in più di un’occasione si fece allusione esplicita a Cina e Russia.
La globalizzazione neoliberale condotta dagli Stati Uniti richiedeva il chiaro dominio della cultura occidentale su tutto il pianeta. Solo da questo punto di vista è possibile comprendere meglio le tesi di Samuel Huntington. In presenza del dissenso di alcune nazioni, si sarebbe prodotto uno scontro di civiltà. L’assimilazione e l’adesione di tutti i popoli e le culture al nuovo ordine statunitense venne elaborata dal suo amico Zbigniew Brzezinski, il grande stratega militare e mediatico, che alla fine della Guerra Fredda aveva stabilito le priorità per l’egemonia globale statunitense. Si doveva estendere a tutte le nazioni, indipendentemente dalla civiltà di provenienza, il modello di democrazia e diritti umani occidentale allo scopo di ottenere un mondo ordinato, omogeneo e di pensiero unico. Questa era in sintesi l’aspirazione espressa da Francis Fukuyama nel suo famoso scritto “La fine della Storia”.
Degli undici paesi della lista, gli USA hanno distrutto, da allora, tre di loro, Iraq, Afghanistan e Libia, con più di centomila morti nei primi due e più di 50.000 nel terzo.
Non hanno potuto farlo con la Bielorussia per la ferma opposizione della Russia su cui non poterono contare dopo la contrarietà manifestata da Putin all’inizio del 2005. Non sono riusciti a farlo neppure con lo Zimbabwe, né con Myanmar né con la Corea del Nord per l’opposizione ferma che la Cina ha attuato per impedirlo, una Cina che, senza dubbio, ha accelerato la sua entrata nella scena mondiale, dopo i disastri delle economie degli USA e dell’Unione Europea.
Dopo avere distrutto la Libia ora cercano la devastazione della Siria e già si annuncia quella dell’Iran subito dopo. Come si può constatare il piano era già stato chiaramente prestabilito, sebbene la Grande Recessione abbia accelerato la sua realizzazione a marce forzate. Tunisia ed Egitto non erano nella lista, erano paesi sottomessi al dominio dell’Occidente e come è dimostrato ricevevano un trattamento ben diverso, lo stesso del Bahrein e del Marocco. L’esplosione della ribellione popolare ha colto di sorpresa Francia, Gran Bretagna e USA, che continuano ad esercitare un grande controllo sul loro commercio e ancora di più sui loro eserciti e servizi di sicurezza.
In Libia è avvenuto tutto il contrario. Si è distrutto uno Stato, si sono devastate le città con diverse migliaia di operazioni di bombardamento, impiegando i droni (aerei senza pilota) statunitensi e centinaia di cacciabombardieri con l’appoggio di sottomarini, fregate e i più sofisticati mezzi di guerra di distruzione di massa. Tutte queste operazioni sono state censurate e nascoste ai telespettatori, per non provocare reazioni da parte dei sentimenti umanitari dei cittadini, in uno spettacolo mediatico con immagini prefabbricate e notizie modulate secondo il copione del conduttore. Ora cominciano ad arrivare testimonianze di giornalisti indipendenti che erano presenti e che ci lasciano sgomenti.
Mentre, di giorno in giorno, si conosce sempre di più ciò che è successo nei paesi arabi, approfondendo l’analisi delle notizie, mettendole in relazione una con l’altra, si arriva all’inevitabile conclusione che la cosiddetta “primavera araba” ha rappresentato il capolavoro di alcuni servizi di intelligence occidentali strettamente coordinati con il predominio mediatico per incidere sulle contraddizioni tribali di questi popoli di religione islamica. In quei paesi come la Libia e la Siria, i cui vertici statali non sono stati sottomessi al potere commerciale, finanziario e militare degli USA, di Israele e dei loro alleati, come è stato nel caso di Tunisia ed Egitto, la destabilizzazione sociale dovrà completarsi con il rovesciamento del regime per mezzo della guerra.
Servizi di sicurezza, diplomazia, pressione militare, finanziamento massiccio, compera delle volontà, cospirazioni di palazzo, ecc., tutto un intreccio che ha richiesto tre elementi fondamentali: il dollaro, la tecnologia e le armi. Ora se ne è aggiunto un altro: il controllo mediatico dell’opinione delle popolazioni occidentali, con la manipolazione dei loro sentimenti e valori, come la democrazia e i diritti umani, per dare la sponda a questa campagna bellica di distruzione di massa di collettività e popoli che fino a poco tempo fa erano soggetti della Cooperazione internazionale allo sviluppo e dell’Alleanza delle civiltà. Una magistrale operazione di manipolazione mediatica per realizzare il piano di ordinamento del mondo promosso da George Bush.
Si tratta della stessa tattica impiegata nella Guerra Fredda ma perfezionata, grazie ai grandi progressi tecnici delle telecomunicazioni e al loro trasferimento sul campo operato negli anni 90. Si comperano le dissidenze nazionali, rifugiate nelle capitali occidentali, fornendo loro potere economico e politico, si mette in piedi e si organizza un esercito di nativi scontenti del paese e si fa cadere su di loro una pioggia di dollari e armi tecnologicamente di punta. Gli si promette un bottino, nel caso raggiungano i loro obiettivi. Saranno la nuova classe dirigente e le forze mercenarie il nucleo del nuovo esercito nazionale. E’ il piano di sempre del conquistatore.
Questa manipolazione si ottiene per magia grazie alla televisione capace di offrire l’immagine in tempo reale di ciò che vogliono far vedere, prefabbricando le sequenze. Non importa dove venga elaborato il prodotto, le immagini mobili possono essere perfettamente prodotte e trasmesse da uno studio da esperti, che compiono la profezia orwelliana. Con tale predominio qualsiasi paese può essere destabilizzato.
James Petras, stupito per la passività della sinistra europea, ha dichiarato, in un’intervista realizzata il giorno dopo l’entrata delle forze ribelli a Tripoli:
“Dobbiamo prima di tutto qualificare questa guerra contro la Libia e il suo popolo come uno dei grandi crimini del nuovo millennio. Il fatto è che da 188 giorni la NATO, le forze di Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna stanno tirando bombe. Sono stati 188 giorni di terrore, di distruzione e a partire dalle azioni distruttive hanno preso il controllo del terreno i loro mercenari, nella lotta terrestre […] abbiamo un’altra grande tragedia poiché in nessuno dei paesi d’Europa e negli USA è apparsa una sola protesta. Tutte le personalità intellettuali francesi che pubblicano nei giornali di sinistra in Brasile, in Uruguay, in Argentina, personalità ben note come figure marxiste, fanno parte del partito che appoggia la sollevazione diretta e finanziata dalla NATO. Questa è una delle grandi tragedie, perché mentre ci rendiamo conto che l’imperialismo e i suoi mezzi di comunicazione stanno appoggiando questo atto criminale, la sinistra – nel migliore dei casi – sta in silenzio quando non si unisce al coro contro il presunto tiranno. Ma chi è il tiranno? Una forza coloniale che ha tirato migliaia e migliaia, centinaia di migliaia di missili per quasi 6 mesi o un governo legittimo nel suo paese e appoggiato dal suo popolo prima che essa facesse il suo ingresso a Tripoli? E ora, tutta la popolazione fa quello che può per salvare la vita e per evitare persecuzioni e assassini, scendendo in piazza a celebrare l’occupazione”.
A Madrid non è stato possibile organizzare una mobilitazione di massa di rifiuto del coinvolgimento militare della Spagna nella guerra della NATO, perché prima occorreva processare Gheddafi accusato di crimini che non erano dimostrati e che non si è potuto dimostrare. Si è contribuito a un massacro che ha ormai superato le 50.000 vittime e si è nascosto che la sollevazione contro il regime sociale in Libia è stata progressivamente auspicata, finanziata, armata e raccontata all’estero. E ora nel caso della Siria si va a ripetere la stessa perversione paralizzante dell’opinione pubblica.
La vera aggressione contro il popolo libico è l’autentica mattanza indiscriminata compiuta dalla forza della NATO e dai suoi ribelli armati, che hanno messo a ferro e fuoco città intere e che stanno imponendo brutalmente il loro dominio e la regressione sociale e culturale che rappresentano. E disgraziatamente neanche la catastrofe libica è conclusa. Ma non importa, perché gli affari della ricostruzione rappresenteranno un aiuto alla riattivazione delle economie dei paesi aggressori, dal momento che la Libia può pagare il costo data la sua ricca produzione energetica.
SOLIDARIETA’ CON IL POPOLO SIRIANO!! Ma la solidarietà non deve dimenticare che la Siria da anni si trova nella lista nera della guerra imperialista che si propone di piegarla o devastarla, aprendo la porta all’espansione territoriale di Israele. Che se non fosse per il veto di Cina e Russia e l’atteggiamento negativo di Brasile e Sudafrica al Consiglio di Sicurezza, la NATO starebbe già distruggendo militarmente lo Stato. Solidarietà con il popolo siriano e maledizione e condanna per gli aggressori che cospirano per impossessarsi del paese, una volta che Bashar Al Assad sia rovesciato e arda per i quattro lati in un’interminabile guerra civile. Gli artefici di questa pazzesca avventura sono i neoconservatori che hanno elaborato e fabbricato il grande marchingegno della punizione indirizzata ad annientare, uno per uno, tutti quelli che fanno parte della lista dell’Asse del male. E’ la strada verso la guerra mondiale, perché in fondo alla lista si trovano Cina e Russia.
La Siria è ora la quarta della lista e l’Iran è al quinto posto. Non si possono ignorare questi elementi strategici nel momento in cui esprimiamo la nostra solidarietà con il popolo siriano. Si sentono discorsi demagogici pieni di umanesimo astratto. Se la NATO è riuscita ad apparire come elemento civilizzatore, esportatore della democrazia e della cultura, non lo si deve anche ad una sinistra anticapitalista che sembra entrata in competizione con questo fascismo benemerito? Quando in realtà l’aggressione alla Libia, i bombardamenti delle sue città da parte della NATO e la repressione sociale per mano dei ribelli dopo la vittoria della NATO hanno rappresentato l’ultima rilevante azione del terrorismo occidentale e la solidarietà verso una nuova sollevazione coronerebbe il successo del fascismo neoconservatore.
Una parte della sinistra ci dice che migliaia di manifestanti pacifici sono stati assassinati dalle forze di sicurezza del regime di Bashar Al Assad e si lamenta dell’inerzia internazionale. Ma, ciò a cui stiamo assistendo in Siria è la sollevazione armata di settori tribali, ben equipaggiati dalle forze occidentali, nel contesto di una strategia già sperimentata in Libia. E come non erano stati documentati i presunti bombardamenti di città da parte del legittimo governo libico – mentre, in cambio, sono stati documentati quelli della NATO – non è stato neppure documentato il bombardamento di città in Siria che questa sinistra denuncia. Ciò che si sta verificando sono gravi scontri militari con centinaia di morti di entrambe le parti.
Non è forse che la grande operazione della NATO si è allargata al punto tale da annichilire la sinistra europea riducendola al ruolo di comparsa?
Perciò, dalla nostra umile posizione personale, vogliamo manifestare:
1°. – Il nostro totale accordo con la valutazione che su tali massacri esprime la sinistra latinoamericana. Ci rallegra che i partiti politici latinoamericani di radice popolare e trasformatrice, e i suoi governi, a Cuba, in Venezuela, Ecuador, Bolivia, Nicaragua, Brasile, abbiano concluso che ci troviamo di fronte ad una delle più scaltre manovre dell’imperialismo, i cui sviluppi ci avvicinano all’abisso della guerra mondiale.
2°. – Auspichiamo che la sinistra, senza esclusione di forze, si risvegli spiegando ai suoi elettori e all’opinione pubblica, la perversa irrazionalità racchiusa in tutta l’azione bellica presunta salvatrice. In tal senso, le iniziative realmente solidali devono essere indirizzate a promuovere la pacificazione e l’armistizio e non la criminalizzazione di una delle parti.
3°. – Che non si può parlare di popolo in termini generici quando i suoi cittadini sono immersi in una guerra civile. In Siria ci sono grandi manifestazioni popolari che appoggiano il regime, la stessa cosa che succedeva in Libia. Perché i media non informano di ciò? Non staranno agendo questi media in complicità con la dottrina dell’asse del male?
4°. – Esortiamo tutte le sfere del potere a sollecitare soluzioni di riconciliazione tra le parti. Durante la guerra di Libia ci sono stati ripetuti tentativi di favorire un armistizio, come quelli dei governi di Venezuela, Turchia, dell’Unione Africana e del Sudafrica, di Russia, Brasile e altri, ma le potenze aggressore hanno fatto finta di non sentire. Ci pronunciamo per questa soluzione IN SOLIDARIETA’ CON IL POPOLO SIRIANO. Recentemente la Lega Araba ha concordato un piano con il governo siriano, ma non si potrà realizzare in un solo giorno. Risulta inaccettabile e condannabile che certi giornali rifiutino ipocritamente la pacificazione perché una delle parti cerca di boicottarla. Invece occorrerebbe convocare una conferenza internazionale per questo obiettivo. I nostri governi dell’UE devono astenersi dall’impiego della forza militare come soluzione del conflitto. Ci rallegriamo che Cina e Russia stiano lavorando per la riconciliazione, insieme ad altri paesi vicini.
5°. – Dichiariamo che i diritti umani sono violati in primo luogo dalle potenze, dalle organizzazioni e dai mezzi di comunicazione che incitano o appoggiano la lotta armata per una presunta liberazione o conquista della democrazia, quando non si sa neppure quale sia il presunto programma politico liberatore. Se le potenze straniere non rispettano le istituzioni di uno Stato legittimamente costituito e Washington non rinuncia alla sua politica di Scontro delle Civiltà, è contro di esse che deve indirizzarsi in primo luogo la condanna.
6°. – Esigiamo che Israele rinunci al traffico di armi attraverso le frontiere.
7°. – Facciamo appello per la costituzione di un Foro per la Pace Mondiale e contro la guerra imperialista che di fronte alla depressione economica dell’Occidente corre il rischio di ampliarsi sempre più verso una scalata di portata globale.
* Presidente della Fondazione Rubén Darío- Campo Ciudad
**Presidente della Fondazione HIJOS DEL MAIZ
e altri firmatari
su www.rebelion.org, Traduzione a cura di Marx21.it
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