La retata anti-NO TAV di questa mattina porta con sé un chiaro messaggio repressivo: lo Stato individua nei comitati NO TAV il nemico da abbattere e reprimere. Ciò fa il paio con la militarizzazione pervasiva di un territorio – la Val di Susa – strenuamente difeso, con ogni mezzo necessario, da chi ci abita. Una vera e propria occupazione militare, efficacemente condotta da forze dell’ordine in costante assetto antisommossa, che va avanti e andrà avanti a tempo indeterminato. Messaggio chiarissimo: lo Stato tutela tutti coloro che intorno al malaffare della Tav si arricchiscono e traggono vantaggi politici, senza contare le forti infiltrazioni della criminalità organizzata: mafia, ‘ndrangheta e camorra.
Ricordiamolo cos’è l’Alta Velocità:
“Ad Afragola e nella zona di Napoli e del casertano, gli investimenti hanno arricchito le imprese legate alla camorra che hanno ricevuto subappalti prima dalla FIAT celata sotto il nome di Cogefar Impresit e poi da Impregilo, il mostro edilizio a tre teste controllato da Ligresti, Gavio e Benetton. In Campania, i subappaltori hanno aperto cave abusive poi riempite di rifiuti, hanno devastato un territorio già provato per non lasciarvi niente, costruendo anche il consenso (e voti) attraverso le assunzioni di lavoratori nei cantieri. Nella zona di Roma dove sono passati i cantieri, Tor Sapienza in particolare, i binari sono passati in mezzo alle case, rovinando la vita di parecchie persone, come il signor De Giusti che ha lavorato una vita e si è ritrovato con la casa che trema ad ogni passaggio di treno e due infarti. Per alcuni costruttori e politici è un male necessario in nome del progresso. In Toscana, il Mugello è stato devastato. Sorgenti d`acqua prosciugate, montagne fatte a brandelli. E poi morti, morti sul lavoro [v.: Claudio Metallo sul sito “Terrelibere”]”.
La ‘ndrangheta in Piemonte è l’anima nera di questa colossale quanto inutile e devastante “Grande opera”. Il giudice Ferdinando Imposimato è stato il primo, nel 2004 a delineare l’alleanza di ferro tra ceto politico e grandi imprese, in un sistema dominato da oligarchie finanziarie di ogni estrazione e provenienza:
“Lo scandalo del TAV è l’emblema della degenerazione globale del sistema politico; esso ha coinvolto maggioranza ed opposizione in egual misura. Dopo Tangentopoli non è scaturita una Repubblica rinnovata, ma una riedizione peggiore del vecchio sistema di potere. Si è organicamente strutturata l’alleanza tra ceto politico e forze dominanti del potere economico delle grandi imprese sia private che pubbliche, alle quali è demandato il controllo della totalità degli appalti delle grandi opere pubbliche. Ancora oggi entrambe sono sempre più dipendenti dallo Stato. Più che nel passato esse manovrano l’informazione e la formazione del consenso con metodi spregiudicati e contrari alla verità: coprono i mosfatti e le violazioni delle regole del mercato e esaltano i personaggi politici che agiscono all’insegna di una becera antipartitocrazia e del più demagogico populismo, anticamera di scelte illiberali. Le oligarchie finanziarie e tecnocratiche, sopravvissute all’ondata di tangentopoli, sono riuscite a ridimensionare la presenza dei partiti, divenendo esse arbitre esclusive del sistema di spartizione delle commesse pubbliche, per decine di migliaia di miliardi, con una sistematica violazione delle norme interne e internazionali sulle gare di appalto. Altri gruppi finanziari antagonisti hanno optato per accordi diretti con Cosa Nostra, nuovo soggetto politico-finanziario, accettato e riconosciuto dallo Stato, tanto da monopolizzare quasi tutte le commesse per le grandi infrastrutture. Cosicché nelle grandi opere pubbliche, come l’Alta Velocità e le autostrade, coesistono, in perfetta armonia, i protagonisti di sempre: i boiardi di stato, i grandi mediatori-corruttori, le imprese cooperative, Cosa Nostra, la Camorra, alcuni magistrati collaudatori e i grandi gruppi finanziari [v. libro: Corruzione ad alta velocità – Viaggio nel Governo Invisibile]”.
Parole da scolpire nel tempo in modo indelebile, da cogliere nella loro enorme gravità. Troppo fitti gli intrecci, troppo grandi gli interessi, per consentire che legittime forme di protesta li intacchino. La retata di oggi è un giro di vite davvero inedito, un attacco frontale che ha precedenti soltanto nella disastrosa e corrottissima gestione giudiziaria del dopo-G8. Alle polizie di tutta Italia, è demandato il compito di difendere a oltranza un sistema così strutturato con cariche violente, arresti, retate, pestaggi. Il tutto condito da quella perfetta triade di capi d’accusa; quella che spunta sempre, in ogni occasione, nei contesti di piazza, negli stadi, nelle strade, persino dentro le nostre case: violenze, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. Che vuol dire tutto e niente. Può voler dire che manifestare anche in modo acceso implichi resistere a un pubblico ufficiale. Può voler dire che rispondere a un lacrimogeno sparato ad altezza uomo significhi commettere atti di violenza contro l’ordine costituito. Può significare tutto e niente. Stefano Gugliotta era stato catturato per strada con queste accuse. Federico Aldrovandi è stato ucciso perché avrebbe posto in essere atti di resistenza e violenza. E come loro tutti gli altri che ben conosciamo.
Lesioni, violenza e resistenza a P.U.: le parole dei pubblici ufficiali contro quelle di individui liberi.
Il cappio intorno alle libertà personali e collettive si stringe sempre di più, e la retata di questa mattina lo dimostra in modo esemplare. Bisogna stare molto attenti, perché le notizie di questa mattina rappresentano il superamento di un limite che sembrava inviolato ormai da tempo; queste notizie ci parlano di uno Stato che macina tutto e tutti, delegittima ogni forma di dissenso, con lo scopo di salvaguardare forme evidenti di malaffare, devianza istituzionale, ibridazioni varie tra Stato, criminalità e affarismo da squali.
Allo stato attuale, sei mesi di indagini hanno portato a 26 arresti in tutta Italia, da nord a sud: a queste ragazze, a questi ragazzi, a questi militanti senza pace, va tutta la nostra solidarietà. Completa e incondizionata.
* Autore del libro “Malapolizia”
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