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Autoriduciamo le bollette per rispettare il referendum

Sarà obbedienza civile perché proponiamo a tutte le donne e gli uomini del Paese di obbedire al voto espresso nel giugno scorso dal popolo italiano, attivandosi in prima persona e collettivamente per contrastare l’illegittimità delle tariffe applicate da tutti i gestori e pretendere il giusto pagamento della tariffa sull’acqua.

Spiegare di cosa si tratti è molto semplice. Lo scorso giugno, oltre 26 milioni di donne e uomini di questo Paese, attraverso un doppio sì al voto referendario, hanno aperto la strada alla ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico e, abolendo dalla tariffa la cosiddetta “adeguata remunerazione del capitale investito”, hanno stabilito che sull’acqua non possano essere fatti profitti. Su questo punto la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 26/2011 di ammissione del quesito referendario, ha stabilito come l’esito positivo del pronunciamento popolare fosse immediatamente applicabile. Tuttavia, utilizzando le motivazioni più stravaganti, a otto mesi dal referendum, nessuna istituzione locale e nessun ente gestore ha ancora applicato la riduzione della tariffa (per una percentuale che varia tra il 12 e il 25% da territorio a territorio), come previsto dal voto della maggioranza assoluta del popolo italiano.

Si tratta di un gravissimo attacco alla democrazia che, al pari delle normative approvate dal precedente governo Berlusconi e dall’attuale governo Monti in tema di liberalizzazione dei servizi pubblici locali, vuole affossare nei fatti la volontà popolare, che da sempre afferma l’acqua come bene comune e diritto umano universale e reclama una gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico integrato.

Dopo aver per decenni propagandato il mantra “privato è bello”, oggi i poteri forti dei grandi capitali finanziari, resisi drammaticamente conto della perdita di consenso alle politiche liberiste, giocano la carta del “privato è ineluttabile”, facendosi scudo della crisi e delle cosiddette esigenze dei mercati. Temono in realtà la fine di un business garantito, legato al fatto che l’acqua è un bene essenziale alla vita stessa delle persone e dunque con un consumo mai comprimibile, anche in tempi di drastico abbattimento dei redditi e delle condizioni di vita delle persone.

Di fronte ad istituzioni pubbliche a tutti i livelli succubi degli interessi delle multinazionali e del sistema finanziario, il popolo dell’acqua ha deciso di lanciare questa nuova mobilitazione per il rispetto del voto referendario e per la riappropriazione sociale dei beni comuni e della democrazia. La campagna, già partita con successo in alcune città (Arezzo, Genova, Roma etc.), chiederà a tutti i cittadini, utenti singoli o condominiali, di restituire al mittente le bollette che non prevedano la decurtazione della quota relativa alla remunerazione del capitale investito (i profitti), dichiarando la propria volontà di ricalcolare la tariffa e di pagarne solo la parte legittima, nonché chiedendo il rimborso di quanto sinora versato in eccesso. Per poter fare questo, verranno attivati in ogni paese, quartiere, municipio, città, sportelli di consulenza e di supporto legale da parte dei comitati per l’acqua, mentre ogni informazione è già oggi accessibile sul sito www.acquabenecomune.org.

Sarà una nuova campagna dal basso, cui tutte le donne e gli uomini del Paese potranno partecipare direttamente per dire ancora una volta a lor signori che il nostro voto va rispettato, che l’acqua e i beni comuni non sono un debito e che la democrazia è affare troppo serio per lasciarla in mano a un gruppo di professori con laurea in pensiero unico del mercato.

* Attac Italia – Forum italiano dei movimenti per l’acqua

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