Nel 1992 il governo Amato cancellò la scala mobile e l’anno successivo il governo tecnico guidato da Ciampi, con un accordo che formalizzò la concertazione sindacale, confermò quella scelta. Ora l’Istat ci comunica che dal 1993 al 2011 i salari sono rimasti fermi, neppure un centesimo di aumento di potere d’acquisto.
Non ci vorranno vent’anni per capire che la controriforma del lavoro che distrugge l’articolo 18 e rende più stabile la precarietà, avrà gli stessi effetti distruttivi. Già oggi infatti è chiaro che quella controriforma colpirà solo il potere contrattuale e i diritti, quindi anche il salario delle lavoratrici e dei lavoratori. Nel 1992-93 Cgil Cisl e Uil accettarono colpevolmente la cancellazione della scala mobile e quindi la devastazione del salario, così oggi le tre principali confederazioni accettano la cancellazione dell’articolo 18.
Questa è la differenza che c’è oggi tra l’Italia e altri paesi europei, sottoposti alle stesse terribili medicine della Banca centrale europea. In Italia i grandi sindacati confederali non reagiscono ma, anzi, subiscono o accettano le ricette del governo Monti.
A tutto questo bisogna provare a reagire. Sappiamo che le forze che hanno contrastato o contrastano l’attacco ai lavoratori sono articolate e divise. La Fiom, che in questi anni è stata il principale baluardo di resistenza contro Marchionne e l’attacco ai diritti, oggi è in evidente difficoltà e non definisce una prospettiva chiara. Il sindacalismo di base, che pure ha realizzato diverse mobilitazioni, non ha più la forza di alcuni anni fa. Possiamo rassegnarci a questa situazione? Possiamo aspettare ventanni, come sulla scala mobile?
Direi di no, direi che sull’articolo 18 bisogna cogliere l’occasione per costruire una controffensiva sociale contro il governo e il grande padronato. I risultati delle elezioni amministrative mostrano il totale sfaldamento, sia della destra, sia del quadro politico che sostiene Monti. E possibile usare questo nuovo quadro per costruire una controffensiva sociale? Per farlo bisogna superare barriere e diffidenze, bisogna non avere settarismi di organizzazione.
Per questo consideriamo un primo passo di grande importanza l’assemblea autoconvocata a Roma il 26 maggio. Delegati e militanti sindacali, sia della Cgil, sia del sindacalismo di base, assieme a militanti sindacali e lavoratori che non sono riconducibili a nessuna sigla, hanno convocato un incontro per provare a organizzare una risposta comune all’aggressione ai diritti dei lavoratori. Ci saremo perché dobbiamo esserci, perché non possiamo permetterci, in un momento come questo, di disperdere le forze e di continuare ognuno nel proprio orticello a vangare la crisi. Quest’assemblea può essere un punto di partenza e dobbiamo lavorare perché lo sia. Senza farci illusioni, senza sopravvalutarci, ma anche avendo la consapevolezza che nell’attuale crisi sociale e politica chi si dà da fare davvero può raggiungere successi insperati.
E evidente che la crisi politica in Italia è anche oggi profonda crisi del sindacalismo confederale. Per questo l’assemblea del 26 deve diventare un momento di rilancio del protagonismo, dell’iniziativa di chi, nei luoghi di lavoro così come nei quartieri e nelle città disastrate dalla crisi, non intende arrendersi. Cominciamo il 26 e poi andiamo avanti, i risultati arriveranno.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa