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Chi si oppone alla controriforma?

La crtica a Susanna Camusso, vera “garante” del governo e di Confindustria per lasciar passarae una serie di norme che distruggono la possibilità di fare sindacato, non potrebbe essere più forte. Visto anche da chi proviene. Ci auguriamo naturalmente che alle parole seguano anche i fatti.

 

Chi si oppone alla controriforma?
Gianni Rinaldini
Nel silenzio più assoluto la Commissione lavoro del Senato ha dato il via libera e inizia così il percorso in aula del disegno di legge su precarietà, art.18 e ammortizzatori sociali.
Non si hanno notizie del movimento sindacale, ad esclusione della Fiom, se non che è prevista una manifestazione nazionale Cgil, Cisl e Uil il 2 giugno, festa della Repubblica, sul fisco. La concomitanza dell’annuncio della manifestazione unitaria sul fisco con i lavori parlamentari sulla controriforma del lavoro è stupefacente.
I lavori della Commissione, che ha completato il disegno di legge sulla base dei vari emendamenti presentati dalle forze politiche, si sono svolti come se il sindacato non esistesse, in assenza di una reale iniziativa di contrasto.
È sempre più forte la sensazione e la forte preoccupazione con il crescere del disagio sociale della irrilevanza del sindacato di una delega alle forze politiche e agli equilibri politici esistenti della ridefinizione dell’assetto sociale e democratico della condizione lavorativa, contrattuale e legislativa. Nel migliore dei casi, una pura articolazione della dinamica tra i partiti politici.
Questo è ciò che è avvenuto con una riforma delle pensioni, non soltanto socialmente ingiusta, ma che disegna un futuro dove le lavoratrici e i lavoratori sempre più precari che nel migliore dei casi dovranno fare ricorso ad enti assicurativi e fondi previdenziali per sperare di avere una pensione decente. Le roboanti dichiarazioni come «i 40 anni di anzianità sono il numero magico» sono servite soltanto a coprire mediaticamente l’assenza di una reale mobilitazione di massa.
Questo sta avvenendo oggi, con un disegno di legge che recepisce e peggiora il piano Maroni del 2001, che fu bloccato dalla iniziativa della Cgil costruita nei territori e nelle categorie fino ad arrivare alla manifestazione nazionale dei tre milioni di persone.
Dice la ministra Fornero: «La riforma del governo mira a rendere più stabili i rapporti di lavoro rendendo più facili i licenziamenti per ragioni economiche e disciplinari». Precarietà, cancellazione delle tutele nel lavoro, superamento dei contratti nazionali di Lavoro, in un contesto di crescita delle fasce sociali colpite dalla povertà.
Queste sono le condizioni sociali e democratiche delle riforme strutturali del governo su cui costruire la fantomatica crescita del Paese. Adesso il disegno di legge è stato completato con la condivisione e il contributo di tutte le forze politiche che sostengono il governo Monti. Il sindacato, in particolare la Cgil, deve dire se condivide o meno quel disegno di legge.
Se lo condivide lo dica esplicitamente, in modo tale che i lavoratori e le lavoratrici possano valutare questa posizione. Se non lo condivide deve aprire una fase -di mobilitazione in tutto il Paese, compresa la proclamazione dello sciopero generale che si deve svolgere prima e non dopo la discussione parlamentare. Per fare questo bisogna essere credibili, nel senso che la nostra gente deve percepire che abbiamo scelto di fare sul serio e non una pura testimonianza come avvenuto per la riforma delle pensioni.
La cosa peggiore sarebbe la solita litania del giudizio articolato, «ci sono luci ed ombre», con qualche iniziativa identitaria, per superare le ombre e via di questo passo. Non funziona, sarebbe un modo per tentare di coprire furbescamente quello che sta succedendo. Rispetto nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici vuole dire trasparenza e democrazia. Rispetto nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici vuole dire per esempio sapere se la posizione della Cgil sull’articolo che sostituisce l’art. 18 è quella espressa dalla Segreteria di sostanziale consenso o quella degli emendamenti presentati dalla Cgil nell’audizione parlamentare che chiedono modifiche sostanziali e decisive del testo.
Oggi si usa dire «un passo in avanti» per coprire il tutto, ma quando si chiamano lavoratori, lavoratrici, precari a scioperare, essi hanno il diritto di sapere per che cosa e per quali obiettivi.

 
da “il manifesto”

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