Nessuno si faccia trarre in inganno dallo stop and go delle esternazioni di Monti. Il meccanismo che si è messo in moto punta a consolidare la continuità delle misure antipopolari decise dall’Unione Europea. Un nuovo governo Monti, indipendentemente dai risultati delle prossime elezioni, appare dunque la più “rassicurante” delle soluzioni per le esigenze del capitalismo.
Vorremmo che tutti colgano appieno la gravità di questo scenario. Non solo sul piano delle conseguenze sociali, ma anche per quanto incide sui residui di democrazia rappresentativa nel nostro paese. In altri contesti, quel che sta montando verrebbe definito un autentico golpe.
L’occasione è stata voluta e cercata come una riedizione di Tangentopoli. Lo spettacolo osceno della regione Lazio in mano alla destra non rivela nulla di sostanzialmente nuovo, né quantifica “sprechi” superiori a quelli dei decenni scorsi. Ma è arrivato nel momento migliore per rendere lo smantellamento dei partiti un obiettivo in qualche modo “popolare”.
L’indignazione, la rabbia, lo scontento, la preoccupazione per il futuro vengono dirottati contro un bersaglio “facile”, nella speranza che si tramutino in consenso per l’opposta “serietà” del governo.
Lo sconquasso dei “partiti” usciti tritati e reimpastati prima da Tangentopoli e ora dalla nuova campagna contro “la corruzione e i costi della politica”, è causa e conseguenza di una centralizzazione autoritaria dei poteri decisionali a livello europeo. La loro funzione come corpo sociale intermedio, in grado di mediare e rappresentareinteressi diversi viene considerata ormai esaurita. Roba del passato, come la mediazione sociale incarnata dal welfare ormai in via di smentellamento.
I partiti non contano più nulla. Conta solo la condivisione o no “dell’agenda Monti”. Ma questo apre il problema della democrazia e della partecipazione, fin dalle ormai imminenti elezioni. Sarebbe impossibile infatti presentare in campagna elettorale un programma socialmente così sanguinoso come quello che deriva dal Fiscal Compact.
La soluzione costituzionalmente “innovativa” consiste dunque nel celebrare elezioni il cui risultato “deve” essere auto-bloccante. Ovvero senza alcuna maggioranza stabile possibile. Per “evitare l’ingovernabilità”, che scatenerebbe la violenta reazione dei mercati e il decollo verticale dello spread, il Parlamento “eletto dal popolo” deve nominare un non eletto – anzi: uno che rifiuta programmaticamente di sottoporsi all’approvazione o meno del popolo – come garante verso poteri estranei, inafferrabili, incondizionabili come quello dei “mercati”, degli investitori o dell’Unione Europea.
Un intreccio di interessi riassunti e assicurati da una borghesia europea che colpisce in modo spietato i paesi più deboli, i lavoratori e i settori popolari; ma che a questo punto deve emarginare anche settori (imprenditoriali, politici, sindacali) ritenuti inservibili per misurarsi con la competizione globale.
Questa supremazia degli interessi del capitale sul lavoro, sulla società, sulla salute, intende quindi creare una struttura “costituzionale” di tipo nuovo, che liquida la democrazia rappresentativa e affida il comando o a formazioni politiche “di scopo” o a coalizioni che ingabbiano ogni possibile dialettica e non ostacolano il alcun modo “il manovratore”.
L’emergenza democratica in Italia è quindi all’ordine del giorno quanto quella sociale.
Il governo Monti e la borghesia europea ritengono ormai che le procedure democratiche siano “lacci e lacciuoli” di cui liberarsi; mantenendo in vita solo un suo pallido surrogato chiamato elegantemente “governance”.
Il problema non riguarda solo l’Italia, ma anche gli altri paesi europei. In Spagna si protesta non solo contro i tagli e le misure antisociali; si chiede democrazia, sistema elettorale proporzionale, una nuova assemblea costituente. In Francia si chiede che i trattati europei vengano sottoposti a referendum popolare prima di essere approvati e applicati.
Chiamiamo dunque tutte le forze politiche e sociali e i democratici alla mobilitazione immediata contro lo smantellamento della democrazia nel nostro paese e a difendere i diritti sociali e dei lavoratori.
Una prima occasione sarà quella del No Monti Day, la manifestazione nazionale del prossimo 27 ottobre a Roma. Ma è chiaro che la partita in corso richiede una mobilitazione costante e determinata che non può limitarsi ad una giornata e richiede una più ampia articolazione e generalizzazione. Occorre mettere in campo una opzione di società alternativa a quella delineata da Monti e dai suoi sostenitori. Seria, fattibile, basata sugli interessi della maggioranza, quella che viene indicata dal 99% anziché quelli dell’1% rappresentati dalle oligarchie dominanti, in Italia e nell’Unione Europea.
La segreteria nazionale della Rete dei Comunisti
3 ottobre 2012
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MaxVinella
Il PD sta preparando una regola anti-Renzi, poi in accordo con gli altri compari faranno una legge elettorale anti-Grillo e per far fuori anche i pochi comunisti rimasti !!
A quel punto la strada al Monti-bis è già spianata !!
A quel punto però non saremo più in un sistema democratico e con la scheda elettorale potremo pulirci il culo !!