Oggi ci sarà la convention arancione con Ingroia con Di Pietro e De Magistris (e lo zampino dei Diliberto del PdCI), domani l’assemblea di “Cambiare si può” sulla quale converge il Prc. Dalle due iniziative dovrebbe o potrebbe nascere una convergenza per un “quarto polo” indipendente nelle prossime elezioni. Ma i problemi di fondo di una strategia anticapitalista – qui ed ora – vengono ormai piegati alle necessità contingenti e tutto diventa solo un problema di alleanze, di soglie, di quorum, di candidature. Questo rischio lo hanno descritto ieri e ieri l’altro gli interventi di Giorgio Cremaschi e Franco Russo – esponenti del Comitato No Debito – che abbiamo ospitato sul nostro giornale.
In questi anni ci siamo sforzati di mettere in campo un modello e una funzione diversa per la sinistra di classe. Per tanti compagni i risultati elettorali sono quelli decisivi per l’accumulazione delle forze ed a quelli vanno piegate tutte le scelte tattiche. Per noi l’accumulazione delle forze nasce e cresce dentro i conflitti e i settori sociali e poi si misura anche sul piano elettorale per rafforzare una rappresentanza politica indipendente di interessi di classe definiti. Rimettere insieme i cocci di una sinistra che molto spesso ha “perso dentro di sè” prima ancora che in parlamento, non ci sembra l’opzione sulla quale ricostruire percorsi che possano reggere nel tempo e soprattutto nel tempo necessario.
Rappresentanza politica, a nostro avviso, significa qualcosa di diverso, di coerente con il proprio radicamento sociale e con la propria funzione nel conflitto di classe. Unità della sinistra e rappresentanza del blocco sociale antagonista sono due terreni piuttosto diversi, ma il secondo è quello decisivo, prioritario e semmai propedeutico alla prima. Anche in questa occasione, almeno fino ad ora, sta accadendo tutto il contrario, anche se qui e là ci sono energie più nuove e piccoli segnali di rottura verso un ceto politico “della sinistra” che porta la piena responsabilità della sconfitta e della disgregazione avvenuta in questi anni.
L’idea che si possa uscire da questa situazione ripetendo i rituali che hanno determinato la crisi della sinistra radicale nel nostro paese è per molti aspetti desolante. Ma oggi, rispetto, al 2008, c’è una realtà determinata dalla crisi capitalistica e dal suo riversarsi sul terreno sociale che cambia alcuni fattori. E’ da questa, dalle sue contraddizioni e dalla sua capacità di coglierne il carattere conflittuale ed emancipatore che a nostro avviso occorre partire. E’ questa che spinge o può spingere in avanti i processi. Al contrario ci sembra che si sia ancora impantanati dentro una rappresentazione che non è ancora rappresentanza né conflitto.
Seguiremo con attenzione gli sviluppi dell’opzione di un possibile quarto polo alternativo all’asse tra Monti e il Pd – dunque a centro-destra e centro-sinistra – ma soprattutto se sarà alternativo ai diktat della troika Bce-Ue-Fmi, anche perchè abbiamo imparato a dismettere vocazioni settarie e minoritarie. La situazione negli altri paesi europei, soprattutto in Grecia, Spagna, Portogallo, dimostra che esiste uno spazio politico – maggiore o minore – anche per liste di sinistra dichiaratamente contro la troika e l’austerità. Uno spazio che potrebbe essere riempito dai fascisti e dalle opzioni reazionarie che usano strumentalmente l’antieuropeismo deprivandolo di ogni segno anticapitalista.
Daremo il nostro contributo al dibattito sulle e nelle elezioni e all’iniziativa contro l’austerità e i diktat dell’Unione Europea nei prossimi mesi, ma senza fare sconti a nessuno. Stanno maturando, a nostro avviso, condizioni interessanti per la messa in campo di una proposta generale di fuoriuscita dalla gabbia imposta dai vincoli europei (economici, monetari, politici) fondata su un programma credibile che parla anche di ripudio del debito pubblico, di nazionalizzazione di banche e risorse strategiche, di alleanza con i movimenti degli altri paesi Pigs, di dimensione euromediterranea della fuoriuscita dal vicolo cieco del capitalismo. Su questa andremo al confronto e incalzeremo la discussione a tutto campo. Siano convinti che non saremo i soli.
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renato sellitto
Le preoccupazioni espresse sono più che condivisibili,considerati i limiti oggettivi delle forze che concorrono alla costruzione del quarto polo,sia per l’influenza della borghesia progressiva sia per la debolezza dei partiti comunisti tradizionali,prigionieri della deriva governista;hanno rimosso la teoria del conflitto dalla loro prassi; l’assenza della ricerca,della formazione hanno determinato un processo di stagnazione e burocratizzazione che ha impedito il coinvolgimento di massa di operai,precari,studenti e disoccupati per determinare il rinnovamento. Questo è lo stato dell’arte dal quale non si può prescindere,esso giustifica è non ha torto, le diffidenze che chiedono ai partiti un passo indietro. L’insistere sulla questione programmatica è un distinguo essenziale che deve sortire una possibile convergenza dei comunisti in senso ampio, come elemento di partenza di un processo che faccia avanzare proprio nella pratica del conflitto le scelte programmatiche che imporranno le scelte organizzative necessarie d’ove inevitabilmente dovrà affrontarsi la Questione sindacale, elemento dal quale non si potrà prescindere,per tradurre con obiettivi concreti le grandi scelte. Bisogna cogliere con un certo pragmatismo questa occasione,tentare di indicare anche nella rappresentanza, nuovi protagonisti che dalle fabbriche al territorio possono rappresentare degnamente la volontà di lotta,rimuovendo lo stato di isolamento cui hanno sofferto tanti giovani e lavoratori. Dunque un treno da non perdere per conquistare una possibile rappresentanza rinnovata, che può aiutare anche in Italia un protagonismo delle masse asssieme all’EUROPA che lotta contro le vecchie e nuove ricette del Capitale.
Luciano
condivido pienamente l’analisi e voglio sottolineare un elemento accennato da Cararo, che è di grande importanza politica. Come in Francia, come in Grecia, i fascisti o la destra populista potrebbero cavalcare (anzi lo faranno certamente!) l’antieuropeismo e per loro, una volta accesa la miccia, sarà facile mietere consensi rapidissimamente anche e soprattutto nella classe operaia. E’ questo il pericolo che i comunisti devono fronteggiare sul piano politico! invece si prospettano alleanze e coalizioni fragilissime, che invece di opporsi radicalmente alla Troika, evocano “un’altra Europa” , mentre bisognerebbe sviluppare da un lato l’internazionalismo classico (ce lo impone l’imperialismo straripante) e dall’altro rivendicare l’assoluta sovranità nazionale in campo economico, finanziario e militare. E’ demagogia? e chissenefrega!