* PRC Napoli
In fondo, il risultato delle elezioni politiche di Febbraio è chiaro nella sua eloquenza. Ed anche nella sua verità. Il Partito Democratico, accreditato alla vigilia di un 32% e di una maggioranza sicura alla Camera e conseguibile al Senato, crolla al 25%, per effetto di una campagna mediocre, in grado di “tenere” il voto di base ma non “sfondare” presso il voto di opinione, fiacca e per nulla mobilitante. Il Popolo della Libertà, dato solo tre mesi fa per spacciato, risale oltre il 21% e consegna alla coalizione di centro-destra un quasi pareggio col centro-sinistra, grazie all’ampiezza della sua coalizione e alla capacità di trascinamento della sua leadership, capace di ricompattare quelle pulsioni reazionarie di massa all’insegna delle quali si è svolta buona parte della “fu” Seconda Repubblica. Il vero successo arride a Grillo, forte di un risultato significativo presso insediamenti sociali i più diversi, solido nella sua tenuta elettorale soprattutto nelle città e nei luoghi simbolo della protesta popolare, attestato ben oltre quella soglia del 25% che fa del Movimento 5 Stelle il primo partito alla Camera.
Per la Sinistra, insomma, è stata una debacle. Immiserita ad un 2,2% alla Camera e ad un 1,8% al Senato, deve fare i conti sia con l’effetto della campagna del “voto utile” (al quale capitola circa il 20% del suo stesso elettorato), sia con la residualità del suo radicamento sociale e territoriale, come dimostra il risultato assai poco lusinghiero sia presso le realtà del conflitto sociale sia nelle città metropolitane che avrebbero dovuto costituire una delle basi del suo insediamento elettorale. Gli errori commessi si pagano tutti: l’incertezza del messaggio (attaccare un presunto “bersanismo” e ricordare ogni volta gli spasmodici tentativi fatti per stringere alleanze con la coalizione bersaniana); l’insistenza su temi poco incisivi nelle condizioni materiali (la legalità e l’anti-mafia piuttosto che il progetto industriale e i temi sociali a partire dall’art. 8 e dall’art. 18); l’insufficiente valorizzazione di candidature autorevoli a sostegno di campagne rilevanti (e il conseguente imbarazzo di dover ogni volta precisare il “destino” di Antonio Ingroia, fino all’ultimo incerto della sua stessa candidatura e ogni volta sospeso a mezzo tra l’Italia e il Guatemala, tra il Parlamento e la Procura della Repubblica).
Si tratta di un risultato epocale nella sua gravità e che impone una risposta almeno altrettanto convincente rispetto all’altezza della sfida. Non serve appellarsi all’oscuramento mediatico o alle defezioni dei movimenti. Non basta rifugiarsi nella comoda metafora dell’ultima spiaggia: una debacle era già stata subita nel 2008, con la Sinistra fuori dal Parlamento, ed era “questa” campagna elettorale l’ultima spiaggia. Un vero e proprio banco di prova che da un lato consegna al Movimento 5 Stelle le parole non dette con sufficiente forza dal Movimento Arancione e da Rivoluzione Civile, e dall’altro espelle i comunisti e la Sinistra dal campo del dibattito politico di livello nazionale. Il Movimento 5 Stelle esprime la protesta generale ed avanza delle proposte non organiche, non propone un programma di sistema, non si candida né al governo né all’opposizione, ma a fare da “controllore” del sistema, prende voti indifferentemente dalla Lega in Veneto e dagli Arancioni in Sicilia, si dichiara, cosa tipicamente di destra, “né di destra né di sinistra”, raccoglie l’appello al voto dai CARC e apre le porte delle sue liste al peggior fascismo (eversivo e violento) targato Casa Pound.
Non può essere la costellazione di mere proposte di “radicalismo civico” a rappresentare l’alternativa di società e di sistema per la quale si battono i comunisti e la Sinistra degna di questo nome. Per ciò è necessario rifondare questa Sinistra. A partire da un Congresso straordinario della sua formazione più strutturata, Rifondazione Comunista: un Congresso (aperto) alla partecipazione di tutti per un voto (libero) degli iscritti che definisca non solo una linea nuova ma anche un programma nuovo, di alternativa, di socializzazione e di transizione. Passando per la ri-organizzazione delle sue strutture, liberando risorse dell’apparato e mettendole al servizio dell’iniziativa, territorio per territorio, costruendo luoghi fisici e virtuali organizzati, funzionali e mobilitanti. Per finire con l’esplicita rivendicazione e la conseguente articolazione in termini di contenuto, programma e messaggio delle discriminanti: anti-capitalismo, anti-imperialismo, anti-fascismo, anti-razzismo, anti-sessismo. Con un solo e una miriade di obiettivi: il socialismo e tutto quanto necessario e adeguato alla costruzione di un “socialismo del XXI secolo”. La cronaca è piena di dimostrazioni della debolezza dei 5 Stelle su questi versanti. Ma la debolezza, a confronto con una debolezza ancor più grave, rischia facilmente di diventare una forza.
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