Chi ha vinto e chi ha perso le elezioni? Ha vinto il sistema
di Christian CPN – PRC, Direttivo FIOM Roma Nord – Rete 28 Aprile.
Tutto è andato esattamente come doveva andare, altro che ingovernabilità.
Il risultato di queste elezioni conferma senza ombra di dubbio la vittoria del “sistema”.
L’italiano medio si conferma perfettamente addomesticato dal padrone americano e europeista, vota solo partiti conformi al moderno trend liberal-capitalista filo americani e filo UE, e rigorosamente “moderati”. Gli stessi centro destra e centro sinistra che hanno messo in ginocchio l’Italia con il governo dei tecnici (anzi DEL tecnico), grandi partiti composti da miscele eterogenee di ladri, corrotti, puttanieri, affaristi e soprattutto SERVI delle banche.
Il padrone, nell’addomesticare l’Italiano gli ha ben inculcato in testa i valori da seguire e soprattutto il fatto che gli “estremi”, i “rivoluzionari”, i “radicali”, possono solamente nuocere al paese. Si va verso un sistema più “moderno” di tipo americano, dove non c’è spazio per ideali e tradizioni e dove gli opposti schieramenti che si fronteggiano, dicono e fanno esattamente le stesse cose, appoggiano le stesse lobby, le stesse banche, le stesse guerre di aggressione imperialiste. Bersani, Berlusconi e Monti già lo fanno da sempre, anche se a volte fingono di litigare o di disprezzarsi, ma i grandi obbiettivi sono sempre comuni, mai penserebbero di fare un torto alla BCE nazionalizzando banche o uscendo dall’euro, mai farebbero torto agli USA non appoggiando una loro guerra. Qualunque sia “l’inciucio” per governare il paese, e “l’inciucio” ci sarà, Bersani, Berlusconi e Monti hanno vinto, non importa chi dei tre governerà perchè in fondo anche se con uno stile politico e obbiettivi diversi, tutti e tre obbediscono allo stesso padrone, seguono la stessa linea politica generale e mai morderanno la mano che li nutre.
E l’opposizione? Che fine ha fatto? Quella sociale e di piazza in Italia non è mai esistita, o comunque non ha mai decollato ne nuociuto nessuno e appurato che i partiti idealisti, quelli della cosiddetta estrema destra e estrema sinistra sono stati disintegrati, l’opposizione, nella sostanza di tutti gli italiani stanchi dei partiti, disgustati e incazzati, è stata completamente incanalata dal soggetto politico creato ad arte dal sistema per ingabbiare la protesta: Grillo.
Negli ultimi anni il Movimento 5 stelle è stato un efficiente difensore dell’esistente, è diventato improvvisamente il nuovo fenomeno politico perché qualcuno (dall’alto) lo ha permesso e voluto.
Mi riferisco, ad esempio, all’enorme spazio concesso a Grillo e al suo movimento proprio sulle emittenti televisive nazionali che essi stessi hanno deciso di disertare. Uno spazio che, guarda caso, non è stato concesso ad altri partiti o movimenti, e servirebbe interrogarsi seriamente sui perché.
Insomma, siamo di fronte quantomeno ad una nuova forma di conformismo politico di massa, incoraggiato e foraggiato apertamente dai mass-media.
E’ bene sempre ricordare che la stampa IGNORA il nemico, non lo combatte a viso aperto!
Una grossa quota di “indignazione” è stata quindi intercettata e organizzata da Grillo e Casaleggio – due ricchi sessantenni provenienti dalle industrie dell’entertainment e del marketing – in un franchise politico/aziendale con tanto di copyright e trademark, un “movimento” rigidamente controllato e mobilitato da un vertice, che raccatta e ripropone rivendicazioni e parole d’ordine dei movimenti sociali, ma le mescola ad apologie del capitalismo “sano” e a discorsi superficiali incentrati sull’onestà del singolo politico/amministratore, in un programma confusionista dove coesistono proposte liberiste e antiliberiste, centraliste e federaliste, libertarie e forcaiole.
Un programma passepartout della serie “dove prendo prendo”, tipico di un movimento diversivo che incanala e gestisce la rabbia e il malcontento.
Una forza che ha fatto da “tappo” e stabilizzato il sistema.
Per molti, si sono comportati da incendiari. Per altri, hanno avuto la funzione di pompieri. Personalmente propendo per la seconda.
Comunque, ora che il grillismo entra in parlamento, votato come extrema ratio da milioni di persone che giustamente hanno trovato a torto o a ragione disgustose o comunque irricevibili le altre offerte politiche, termina una fase e ne comincia un’altra.
Può un movimento nato come diversivo diventare un movimento radicale che punta a questioni cruciali e dirimenti e divide il “noi” dal “loro” lungo le giuste linee di frattura?
Difficile se non impossibile, ma comunque perché ciò accada, deve prima accadere altro.
Per adesso la protesta violenta, quella che fa paura, la guerra civile, la rivoluzione, non ci sarà, per il momento c’è Grillo e non ci sono i comunisti, i radicali, i rivoluzionari.
Non è il comunismo che è vecchio e desueto, sono i comunisti che sono inadeguati, sono “vecchi” ed usano un linguaggio antistorico non sono all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte, sono pavidi, incapaci e settari, mediocri e gruppettari.
Una massa mostruosa di italiani è stata neutralizzata e rinchiusa nella gabbia “Grillo”, che farà opposizione ai tre signori sopracitati, si, ma senza esagerare, senza nazionalizzare banche, senza uscire dalla UE e dalla NATO, senza stampare moneta a credito, insomma controllerà, sbraiterà contro la casta, ma senza mordere la mano che lo nutre, che guarda caso è sempre la stessa: poteri forti, massoneria, Bilderberg, Trilateral, ecc.
Una cosa per il momento è sicura: l’agenda Monti andrà avanti e la tirannia “democratica” dei mercati sarà sempre più forte, e violenta.
Un saluto a pugno chiuso
Christian CPN – PRC, Direttivo FIOM Roma Nord – Rete 28 Aprile.
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La replica di Giorgio Cremaschi
Caro Christian , capisco e condivido molto delle tue analisi, ma non ne condivido lo scoramento e lo spirito di sconfitta che le anima..
Diciamo la verità molte compagne e compagni con ingroia hanno preso una cantonata pazzesca e certo su questo dovrebbero interrogarsi. Ma considerare la crisi del sistema in atto, il patatrac elettorale montiano, il dissenso di massa su l’austerità, come una vittoria del sistema è un po’ troppo auto assolutorio per la sinistra comunista e di classe.
Se in Italia a differenza che in altri paesi il dissenso e la rottura popolare si esprimono nelle ambiguità del grillismo, se la protesta contro il governo monti non va alle forze tradizionali della estrema sinistra è colpa della gente che è reazionaria e un po’ stronza?… CosÌ ragiona quel mondo che ruota attorno a repubblica e al manifesto, veri distruttori del pensiero autonomo della sinistra.. Si deve emigrare da questa Italia come gira sul web?
No, noi che abbiamo convocato il no monti day non abbiamo perso, hanno perso tutti quelli che hanno impedito che da lì partisse una storia diversa da quella degli ultimi anni. Noi non abbiamo avuto allora la forza per contrastarli, ed è venuto questo risultato. Che non chiude, ma apre una fase nella quale per chi vuol cambiare sistema le occasioni saranno enormi…a condizione che si faccia piazza pulita dei piccoli gruppi dirigenti responsabili di questo disastro..
Non riesco a piangere di fronte ai primi segnali di crollo del sistema che ho sempre combattuto e mi pongo solo il problema di come ricostruire e far pesare il nostro punto di vista in modo credibile dentro questa grande occasione…
Un abbraccio
Giorgio Cremaschi
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Grillo, il Senato, e il modello siciliano che non sempre può funzionare
di Franco Ragusa
“Il modello Sicilia è meraviglioso” ha commentato Grillo. Si sta fuori dalla maggioranza e dalla Giunta, per poi decidere se appoggiare o meno i singoli provvedimenti.
A prima vista sembrerebbe un’apertura in grado di permettere la nascita di un governo di minoranza.
Un’apertura durata appena il tempo di ragionarci sopra, visto che, solo poche ore dopo, tra un insulto e l’altro a Bersani, Grillo ha anche aggiunto che non verranno stipulate alleanze o votata la fiducia a chicchessia, sempre per seguire con coerenza il modello siciliano.
Tutto perfetto, dal punto di vista (e di forza) del Movimento 5 Stelle, se non fosse che i numeri al Senato sono molto più complessi di quelli della Regione siciliana.
Da premettere che non solo al Senato, ma anche al Parlamento siciliano, non si è in presenza di una maggioranza autosufficiente da parte del Centrosinistra e che, quindi, in entrambi i casi, la fuoriuscita dall’aula da parte dei parlamentari penta stellati potrebbe determinare il venire meno del numero legale se lo stesso venisse fatto dal resto delle forze politiche all’opposizione.
Tanto è vero che il Movimento 5 Stelle siciliano non si fa scrupolo alcuno nell’utilizzare spesso questo strumento, la presenza o meno in Aula, per mettere sotto pressione la Giunta Crocetta.
Sostenere, pertanto, che il modello siciliano non potrebbe essere replicato anche a livello nazionale con il Senato, a causa del venir meno del numero legale, non è del tutto corretto.
A fare la differenza tra le due realtà è, invece, il diverso peso delle due maggioranze relative.
Mentre, infatti, una volta fuori dall’Aula i parlamentari del M5S, nel Parlamento siciliano prevarrebbe il Centrosinistra, al Senato vi sarebbe una prevalenza di voti a favore di PDL-Lega-Monti.
In altre parole, con il Movimento 5 Stelle fuori dall’Aula, al Senato l’opposizione non avrebbe alcun motivo per far mancare il numero legale, potendo facilmente mettere in minoranza il Centrosinistra.
Appurata l’esistenza di un diverso peso dei numeri da dover prendere in considerazione, quali gli scenari possibili per poter permettere la formazione di un governo, anche solo a tempo?
Ma soprattutto, un governo con una maggioranza stabile o un governo di minoranza?
Partiamo dalla prima ipotesi, quella che da molti potrebbe essere considerata la soluzione migliore.
Le combinazioni sono sostanzialmente tre: CSX-CDX-Monti, CSX-CDX, CSX-M5S
Considerato, però, che nessuna delle forze politiche ha scritto sulla fronte “sale e tabacchi”, in modo particolare pensando che a breve si potrebbe tornare davanti agli elettori, è evidente che si tratta di soluzioni, per quanto strumentalmente evocate, scarsamente credibili.
Nei primi due casi, infatti, si lascerebbe la strada spianata all’ulteriore scalata di Grillo; nell’ultimo caso se ne avvantaggerebbe, in termini di forte ed accattivante polemica elettorale, Berlusconi.
Per quanto riguarda, invece, la possibile formazione di un Governo di minoranza, le combinazioni si riducono a due: CSX da solo o CSX-Monti
In entrambi i casi, però, se il Movimento 5 Stelle va fuori dall’aula per non votare contro la fiducia, considerato che anche la sola astensione varrebbe come un voto contrario, potrebbe venir meno il numero legale laddove anche i senatori del Centrodestra decidessero di fare lo stesso.
Vi sarebbe la necessità, pertanto, al fine di garantire la presenza del numero legale, della presenza di un certo numero di senatori stellati.
Ma anche questo potrebbe non bastare per consentire la nascita di un Governo di minoranza.
Mentre, infatti, nell’ipotesi CSX-Monti 17 senatori del Movimento 5 Stelle potrebbero benissimo rimanere in aula e votare addirittura contro, numero legale e fiducia garantite, nell’ipotesi di un Governo di minoranza ristretto al solo centrosinistra, servirebbe la presenza ed il voto positivo di almeno 35 senatori penta stellati.
Vista, però, la determinazione con la quale Grillo ha escluso qualsiasi voto di fiducia, l’unica soluzione possibile rimarrebbe soltanto quella di appoggiare, pur votando contro ma garantendo la presenza di almeno 17 senatori, un Governo di minoranza con la presenza di Monti.
Ma è proprio qui che sta la difficoltà maggiore da dover superare e da spiegare ai tanti elettori che hanno votato per il cambiamento.
Un conto è permettere la nascita di un governo di minoranza PD-SEL maggiormente aperto alle istanze del Movimento 5 Stelle, un altro è accettare che Monti possa, al pari ed anche più del Movimento 5 Stelle, dettare l’agenda dei provvedimenti da approvare.
Pensare, infatti, che oltre al CSX anche Monti possa accettare di rimanere appeso alle scelte di volta in volta decise dai senatori a 5 stelle, non sembra un’ipotesi credibile.
Delle due l’una, quindi: per riuscire ad applicare il modello siciliano anche al Senato, o si va un po’ oltre la neutralità, votando la fiducia per avere a che fare con un governo più vicino ai temi del Movimento 5 Stelle, oppure si rimane neutrali sino in fondo, dovendo permettere anche, però, la piena funzionalità di un governo di minoranza Csx-Monti.
Insomma, un bel rebus che ha poche vie d’uscita e che non sono affatto quelle evocate da Beppe Grillo in queste ore, il meraviglioso modello siciliano, per l’appunto.
Un bel rebus che chi scrive spera non trovi vie d’uscita e che conduca al più presto a nuove elezioni, visto che all’ordine del giorno non vi sarebbe la riduzione dei privilegi, bensì tutta una serie di interventi in grado solo di ridurre gli spazi di democrazia: dal dimezzamento del numero dei parlamentari sino ad arrivare all’eliminazione degli enti locali più vicini ai cittadini, Province e piccoli Comuni, passando per il taglio del finanziamento della politica e dell’informazione (non correzione delle distorsioni contro gli abusi ed i privilegi, ma taglio) che avvantaggerebbe soltanto i poteri forti.
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Grillismo: un sommovimento oggettivamente anticapitalista.
Di Michele Castaldo
“I mercati sono spaventati!”, “gli investitori sono allarmati”, “i rischi di ingovernabilità sono una minaccia per la stabilità in tutta Europa” , “le borse vanno giù! ”, sono i titoloni che vanno per la maggiore, su tutti i mezzi di informazione, in queste ore immediatamente successive alle elezioni politiche del 24/25 febbraio 2013.
Calma signori, il bello è da venire .
Innanzitutto chi sono i ‘mercati’ e gli ‘investitori’? Sono quei pescecane famelici che si nascondono dietro sigle apparentemente neutre, di un meccanismo infame che drena dalle classi povere e dai paesi impoveriti, per accrescere la speculazione, ridare “fiato” alle banche, nel tentativo che tornino a finanziare l’accumulazione del Capitale, per quella tanto agognata quanto ipotetica ripresa produttiva. In tutto questo, lo stato gioca la parte del grigio ragioniere, che ha da mettere i conti in regola per aiutare questo meccanismo, a costo di camminare sui cadaveri. Un personaggio alla Monti, esprimeva – e vorrebbe continuare a esprimere – molto bene questo ruolo. Ma la storia non è fatta solo di desideri, o di grigiore, molto spesso si sviluppa per vie imprevedibili.
Succede così che balza all’improvviso – i più grandi traumi sociali avvengono improvvisamente – un sommovimento dal “nulla” e diviene il primo partito politico italiano.
Il caro Carletto da Treviri avrebbe detto, …scava vecchia talpa. Ed eccoci di fronte ad uno scenario nuovo. Il grido di dolore di lor signori è “ma è una situazione ingovernabile!”. E meno male! Era ora! Dunque una novità. Si tratta di un sommovimento che va analizzato per le cause che l’hanno generato più che per il programma che esprime.
Da una analisi sommaria ed abbastanza condivisa, ne viene fuori innanzitutto che si tratta di un movimento giovane, prevalentemente acculturato, di settori dalla piccola borghesia in giù, con aggregati di operai disillusi della sinistra e ceto medio produttivo disilluso dalla destra e dal leghismo. Insomma, dopo l’abbuffata degli anni ottanta e novanta, la crisi presenta il conto a neoliberismo. E si tratta di un conto abbastanza salato, visto che a ribellarsi non sono solo le ignoranti “plebi”, ma le nuove generazioni alle quali erano stati promessi mari e monti con la globalizzazione. Partiamo innanzitutto dal presupposto che ogni nuovo movimento sociale, è necessariamente confuso, ambiguo, disordinato, sconclusionato e cosi via. E se mi è consentita una brevissima parentesi, dico che ha fatto benissimo Beppe Grillo a tenere coeso il movimento per distinguerlo da tutto il resto, centralizzandolo al massimo su una sola parola d’ordine: “via tutti, via tutta la paccottiglia partitistica che ci ha portati a questo sfacelo”, insomma una premessa a ogni altro tipo di ragionamento. Antidemocratici Grillo e Casaleggio? Beh, detto da lor signori è veramente fuori luogo, in modo particolare da quella casta di giornalisti radiotelevisivi e della carta stampata sempre più venduta e ruffiana, tanto a destra quanto a “sinistra”.
Poteva essere intercettato dalla sinistra storica questo tipo di movimento? I fatti dicono di no, per una ragione molto semplice, perché ogni movimento non è mai la continuazione meccanica di quello precedente. Un Bersani, unitamente a tutto l’apparato di partito, del sindacato, delle cooperative, delle banche, delle assicurazioni, è il frutto marcio del vecchio ciclo del capitalismo, che facendo leva sul silenzio assenso della classe operaia ha costruito un potere che man mano si è separato dagli interessi di classe dei lavoratori. Tutte le altre molecole che si richiamano a quel filone storico – Rifondazione comunista, Pdci, Sel, Ingroia, De Magistris ecc. – hanno seguito a ruota, con qualche spicciolo di differenza, ma pur sempre legati a doppio filo con il sottobosco istituzionale, governativo, sindacale, cooperativistico, municipalizzato ecc. ecc.
Dunque il grillismo, è un movimento nuovo, che esprime nuovi contenuti, e necessariamente nuovi dirigenti. E’ il materialismo dialettico che si esplicita.
Quale la vera natura di classe di questo nuovo movimento? A mio avviso sarebbe sbagliato paragonarlo – come pure certuni fanno – all’Uomo Qualunque, tanto per fare un esempio, non fosse altro perché i contesti sono completamente differenti, allora c’era la prospettiva della ricostruzione post bellica, un rilancio dell’accumulazione capitalista e fiumi di dollari provenienti dagli Usa. Oggi siamo in presenza di una crisi dagli esiti imprevedibili. Ora, la natura di classe, non può essere vista da quel che le persone erano, ma da quel che sono diventate e a cosa aspirano. Se è vero che il 61,6% di quelli che hanno votato per il Movimento cinque stelle è motivato soprattutto tra i più giovani, dalla speranza che possa offrire una soluzione della crisi che attraversa il paese, vuol dire che siamo in presenza di un malcontento generazionale privo di prospettiva, al quale non si possono raccontare favole. Insomma il Sistema ha generato dal suo seno i fattori della sua stessa crisi. In questo senso il sommovimento grillista è anticapitalista, ovvero le ragioni che lo hanno prodotto, non possono trovare soluzione all’interno degli stessi equilibri di forza nel Sistema che lo ha generato, e che non è dato solo dall’aspetto effettuale, quali i partiti politici degli ultimi 30 anni, ma tutti quei rapporti economici che quei partiti hanno rappresentato.
Ora, la casta partitocratica contro cui giustamente il grillismo si è espresso, è il costo sproporzionato della democrazia di un paese imperialista, a cui le nuove generazioni spinte dalla crisi non sono più disposte a sostenere. Che si proponga di rinunciare ai finanziamenti pubblici e di usare il 75% dei propri compensi per un fondo comune da destinare al microcredito, è certamente una proposta programmatica di rottura rispetto allo squallore affaristico precedente. Con garbo e rispetto per quanti hanno votato per il Movimento Cinque Stelle, ritengo che si tratta di un pannicello caldo contro una brutta broncopolmonite. E’ giusto però che una nuova generazione impoverita e priva di prospettive all’interno di questo quadro economico e politico, si cimenti con delle proposte e bruci, se del caso, l’illusione alimentata.
C’è un tema molto caldo, rispetto al quale un certo mondo “marxista” storce la bocca, ed è quello della voglia di partecipazione, perché abituati al principio della rappresentanza. Si tratta di una più che legittima aspirazione, il voler contare per decidere sulle sorti comuni, di come si spendono per esempio i soldi “pubblici”, del perché costruire dei mostri faraonici come il Tav o il Ponte sullo stretto di Messina; si vuole discutere sui rifiuti e sulla Sanità; sulle questioni ambientali e dunque sull’Ilva e l’acqua pubblica. In maniera confusa e poco articolata, se si vuole, ma si chiede di essere in prima persona interpellati a discutere e decidere. E’ la democrazia di una parte degli oppressi, in un moderno paese imperialista che si esprime per come può.
A questa domanda di partecipazione democratica, il Sistema del Capitale, risponde con i ‘vincoli’ del mercato e fino ad oggi, per sostenerli, ha comprato la partitocrazia per porla al suo servizio. Il Movimento grillista, è un sommovimento che parte col contrastare l’aspetto effettuale – la partitocrazia – e dovrà arrivare a scontrarsi con l’aspetto causale, che sono le leggi del Sistema del Capitale, con tutto quello che ciò comporta. Ma sono i limiti di un movimento che è nella sua fase iniziale, e, se si vuole, è anche più in avanti di quanti – di “sinistra” – si proponevano sugli stessi temi ma arrancavano e si sono arenati di fronte alle grandi difficoltà che l’intero Sistema opponeva. In questo senso, le responsabilità vanno sempre addossate in primisis al corruttore, e molto in secondis al corrotto.
Certo, c’è una fascia consistente di piccoli imprenditori che hanno votato per il M5S, perché affogati dalla crisi e privi di prospettiva, disillusi dalla Lega, ai quali è molto difficile dire loro che non c’è nessuna possibilità di un ritorno al passato, ad uno status quo ante. Ma da sempre la sinistra storica ha ritenuto di doversi occupare della piccola imprenditoria; un conto era dirlo negli anni sessanta, settanta o ottanta, ben altra cosa è dirlo oggi. E’ una risposta possibile e credibile quella del microcredito? è da ritenersi di no, ma non è la stessa risposta che dava la Lega ai suoi albori. E’ un passaggio, se si vuole una illusione, che questi settori dovranno attraversare prima di sbattere con la testa nel muro e orientarsi diversamente, ma non si può anteporre il carro ai buoi. Ci sono nella storia della lotta delle classi passaggi obbligati, che non si possono in alcun modo by passare.
Il M5S è stato votato anche da molti operai disillusi tanto dalla sinistra che dai sindacati confederali, compresa e affatto esclusa la Cgil. Si tratta di un grido di allarme per essere stati lasciati soli contro la crisi. Si tratta anche in questo caso di una illusione, quella di ritenere che ‘qualcun altro’ ci risolva il problema. Si tratta di un vero e proprio dramma per lavoratori che erano stati abituati a vedere nel partito e nel sindacato il deus ex macchina, ovvero degli organi di rappresentanza politica e sindacale che “potevano” risolvere le questioni. In un risveglio generale, al momento fatto soltanto di opinioni e di pensiero, ma non ancora di mobilitazioni vere e proprie, si sono sentiti attratti e hanno votato.
Un altro settore certamente che ha voltato le spalle alla partitocrazia – a prevalenza di centrosinistra – sono i tanti dipendenti della Pubblica Amministrazione che avvertono il vento del liberismo e si sentono minacciati, hanno voluto in questo modo esprimere un voto di protesta, ritenendo il M5S capace di opporsi alle privatizzazioni nei proprio settori di appartenenza. Anche in questo caso, siamo in presenza di un tentativo illusorio, ovvero di fornire il minimo sforzo – il voto – per ottenere il massimo dei risultati, e sottrarsi alla necessità della lotta contro la incombente tagliola delle privatizzazioni e dei licenziamenti. Tanto dagli operai disillusi che da settori del Pubblico Impiego, arriva la critica di burocratismo dei vertici sindacali di cui si fa interprete Beppe Grillo. Infine esistono i cosiddetti cittadini, ovvero persone comuni, che trasversalmente, per un sentire comune di impoverimento, si orientano verso una nuova ventata. Dunque un movimento certamente composito, di opinione e di pensiero, al primo, primissimo scalino, quello del minimo sforzo, che contiene in sé esigenze e necessità vere, di natura interclassista, intese alla vecchia maniera, cioè della netta distinzione di borghesia, media borghesia, piccola borghesia, proletariato, semiproletariato, sottoproletariato, alle quali il Sistema del Capitale a questo stadio dell’accumulazione non può fornire le risposte che esso chiede. Da questo punto di vista si tratta di un movimento anticapitalista destinato a implodere, arrivare alle leggi di funzionamento e strada facendo selezionare programmaticamente gli obiettivi a seconda dei nuovi rapporti di forza che si saranno determinati. Pertanto, inviterei i compagni, quelli che si rifanno in un modo o in un’altro al marxismo, a non snobbare supponentemente quanto sta accadendo in questo periodo e in modo particolare a non guardare come i fessi il dito, che invece …indica la luna. La mia tesi ‘oggettivamente anticapitalista’ è la sintesi del derivato delle cause che hanno generato la crisi generale di cui il grillismo è un piccolo e locale segnale, se non vogliamo essere provinciali. Non serve insistere nel leggere ‘il programma’ di Calaleggio-Grillo per comprendere la tendenza alla decomposizione, ma soffermarsi innanzitutto sulle cause che stanno generando questo movimento non ancora movimento. Dunque una consequenzialità teorica, politica e ….visivamente pratica, nel senso che o il Capitalismo implode come Sistema sociale – e sta implodendo – oppure ci sarà una ripresa – nella quale non ci credono nemmeno i capitalisti – ed allora ci si ritrova ….in qualche bar a bere del wisky e chiacchierar. Per essere più esplicito, non possiamo stare su di un terreno che vede le classi esprimere un modo di produzione, piuttosto che vedere il modo di produzione che esprime le classi, componendole per poi scomporle. Va in crisi il modo di produzione, si decompongono le classi che quel modo di produzione aveva espresso. Insomma, le classi sono la conseguenza e non la causa del modo di produzione del Capitale. Detto altrimenti, il Capitalismo ad un certo stadio, genera l’anticapitalismo. Per questo bisogna saper pensare “in grande”, confrontandosi a fondo e a 360°, senza coazione a ripetere, con una situazione che si preannuncia quanto mai nuova e in movimento.
Michele Castaldo 28/2/13
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Claudio Ursella
Cari compagni
la botta è stata dura, di quelle che ti fanno pensare che forse una storia è conclusa. Ma anche se così fosse, prima di chiudere 22 anni di militanza politica in questo Partito, è necessario fare un ultimo tentativo. La nostra comunità, come giustamente dice il nostro segretario è “una cosa piccola, ma buona”, una delle poche cose buone in questo brutto paese; una comunità che rappresenta un piccolo patrimonio di solidarietà e voglia di partecipare, di onestà e volontà di capire, che anche se insignificante sul piano elettorale, può ancora essere politicamente importante. Appunto non voglio andarmene e chiedo a tutti voi, se è ancora possibile tentare di cambiare. E per questo vi sottopongo alcune mie riflessioni.
Non parlerò di come siamo giunti a Rivoluzione Civile: c’eravamo tutti e ognuno s’è fatto un’idea.
Non farò l’analisi del voto: non aggiungerei nulla a ciò che ha detto il compagno Ferrero, la sera di lunedì, nel suo spazio Facebook.
Voglio provare a parlare delle cose da fare e di quelle da non fare; o almeno di quelle che sono pronto a fare e di quelle che non sono più disposto a fare. Comincio da quelle da non fare:
-Non darò la colpa al gruppo dirigente: la sua unica colpa è quella di rappresentare il Partito, nelle sue qualità, la generosità e l’onestà, e nei suoi difetti, la mancanza di immaginazione, il timore del cambiamento;
-Non darò la colpa a Sel o al Pd: perseguono un altro progetto politico, e molti di loro lo fanno con onestà;
-Non darò la colpa all’oscuramento mediatico: i media sono parte del sistema di potere che combattiamo, da loro non mi aspetto ne correttezza, ne neutralità;
-Non darò la colpa agli elettori: 10.000.000 di loro, in un qualche modo confuso e approssimato, sono intervenuti sulla scena politica, e hanno dato un segnale di rottura, questo è un fatto da cui non si torna più indietro.
Queste sono le cose che non faccio oggi, poi ci sono quelle che non sono più disposto a fare domani:
-Non sono più disposto a inseguire il feticcio di una presenza istituzionale, come questa fosse la priorità prima e il fine ultimo dei comunisti: la presenza o l’assenza dei comunisti nelle istituzioni borghesi, è questione importante, ma non pregiudizievole dell’esistenza e della capacità di iniziativa di una forza politica di classe;
-Non sono più disposto a svenarmi in defatiganti campagne referendarie, in cui con l’attivismo propagandistico, copriamo il vuoto di strategia politica;
-Non sono più disposto ad assistere a rituali trattative su programmi, la cui effettiva realizzazione è una mera chimera;
-Non sono più disposto a investire la mia personale credibilità, in scelte elettorali la cui unica ragione è la possibilità di ottenere uno strapuntino nei palazzi del potere.
Queste cose non le faccio più.
E adesso passo alle cose che sono pronto a fare, e che anzi desidero fare. Sono cose che necessitano di elaborazione intellettuale e di lavoro. Comincio con quelle che necessitano di elaborazione intellettuale:
-Voglio riflettere collettivamente sulla natura e sulla condizione del soggetto di classe, di cui dovremmo essere espressione, nel quadro dei processi di globalizzazione e delocalizzazione;
-Voglio riflettere sul modo di essere di un partito rivoluzionario, collocando l’elaborazione leninista sul tema della direzione politica, nel quadro della complessità di una moderna società capitalistica, con particolare riferimeno al tema delle comunicazioni di massa;
-Voglio riflettere sul tema dell’attuale crisi capitalistica, come crisi di un modo di produzione e di consumo, e quindi sulle risposte in termini di modello economico e sociale, dopo la crisi del “socialimo reale” e e alla luce dell’incompatibilità economica delle mediazioni socialdemocratiche;
-Voglio riflettere sui temi della democrazia e della rappresentanza, nel contesto di una società
fondata sulle comunicazioni di massa e la spettacolarizzazione.
Mi fermo per il momento. Rilevo solo che quando i comunisti studiavano, discutevano e approfondivano temi di analoga rilevanza, non solo erano il punto di riferimento culturale dell’occidente, ma riuscivano anche a produrre strategie lungimiranti e soluzioni politiche originali e innovative.
Passo ora alle cose che necessitano di lavoro:
-Vorrei lavorare ad un partito finanziariamente autonomo. Sono pronto ad autotassarmi; risparmierò sulla benzina per partecipare a qualche riunione inutile. Ci sono anche altre ipotesi su cui lavorare; la finanza, ancorchè etica, è lo strumento con cui ogni “impresa”, si misura con il tema della liquidità. Chiedere soldi al sistema di potere, per poi poterlo abbattere è un po’ difficile da spiegare alle persone normali;
-Vorrei che il Partito si dotasse di una o più web TV locali; necessitano più di lavoro che di soldi, e ci permetterebbero di comunicare fra di noi e di mostrarci al mondo. Due minuti in più nel teatrino televisivo, servono solo a farci apparire parte del sistema… e ormai non ce li danno neanche più;
-Vorrei che i nostri circoli fossero centri di costruzione di pratiche di autorganizzazione, mutualismo e solidarietà. Dopo la sconfitta del 2008 discutemmo di come il Partito poteva mostrare una sua utilità sociale; vendemmo il pane e iniziammo alcuni percorsi interessanti. Poi dato che un chilo di pane non si traduceva in un voto, lasciammo perdere e ci dedicammo alle cose serie. La cosa più seria che possiamo fare è cercare di rispondere nella pratica alle necessità delle persone: ambulatori popolari, progetti di autorecupero edilizio, progetti di autogestione del lavoro, spacci popolari questo dovremmo tentare di costruire, con o senza deputati e consiglieri.
-Vorrei che i nostri compagni impegnati nelle varie organizzazioni sindacali, lavorassero utitariamente ad unica cassa di resistenza, per sostenere le lotte dei lavoratori. Magari già c’è e io non me ne sono accorto. Se è così non sono l’unico.
-Vorrei un Partito che formasse i quadri per fare tutto questo lavoro. Ma chi formerà i formatori?
-Soprattutto vorrei un Partito, che la prossima volta che si presenta ad una scadenza elettorale, foss’anche tra vent’anni, lo fa per mostrare la sua forza, non per nascondere la sua debolezza.
Vorrei anche altre cose, ma per il momento queste sarebbero più che sufficienti a farmi rimanere; non chiedo che si facciano, mi basterebbe sapere che vogliamo farle… così anche una sconfitta servirebbe a qualcosa.
Grazie
Claudio Ursella
P.S. Quando ero giovane vidi in televisione Carmelo Bene, che nel corso di uno spettacolo, stracciava una bandiera rossa, dichiarando: “Questo io posso farlo, Pannella no”. Cercai di capire quel gesto e pensai che intendesse dire, che solo chi ama veramente qualcosa, ha il diritto di rimetterla totalmente in discussione.
f
marco
Condivido l’analisi di Michele Castaldo nei contenuti e anche nei toni: è importante evitare di confezionare giudizi sul M5S correndo volta per volta ad ingrandire con la lente ogni singolo particolare o parola che compare nel traffico teso della rete per convalidare tesi e pre-giudizi, perdendo di vista il ‘generale’. Quando si corre alla velocità di un cambiamento stordente come quello in cui volenti o nolenti siamo imbarcati (la famosa talpa…), se si fissano i singoli punti e non si guarda oltre l’incidente è assicurato.
Il 23 marzo in val di susa saranno presenti alla manifestazione no tav (la madre di tutte le battaglie attualmente) tutti i 150 eletti dell’M5S, non ho memoria di un evento del genere… che facciamo?