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Qualche spunto dal Marxism Festival di Londra 2013

I risultati sono necessariamente molto differenti, per ora. Ci si può entusiasmare per un brandello di teoria che spiega qualcosa dimenticando molto altro, oppure prendere una determinata “composizione organica” (per esempio quella dei paesi avanzati, Gran Bretagna in testa) e provare a trarne conclusioni teoriche (in quanto tali universali) difficili da sostenere quando di cambia la composizione organica di riferimento.
Il nostro modesto consiglio metodologico è di provare a osservare il capitalismo gobale come un tutto, quale in effetti è. L’estrazione del plusvalore, in questo caso, può essere riguardata nella sua fosca complessità, area monetaria per area monetaria, paese per paese, filiera per filiera, distinguendo la prevalenza qui del plusvalore relativo e là quella del plusvalore assoluto, ma scoprendo anche – come in effetti avviene – che queste due modalità “estrattive” convivono magari fianco a fianco (ma non nelle stesse figure sociali), in proporzioni ovviamente diverse, sia nella metropoli imperialista che nelle – sempre meno – “periferie manifatturiere”. E che quindi, l’aumento numerico della “classe operaia” (delle “tute blu”, per chi ama concentrarsi sull’icona anziché sui sulle forme categoriali) non solo non è in contraddizione con la loro “scomparsa” in alcune zone della metropoli imerialista, ma è addirittura “necessaria” perché possa esplodere altrove (tipicamente in Cina, India, Brasile, ecc).
Sempre ricordando, per aiutare il lettore ad orizzontarsi, che il buon Marx (non i suoi noventeschi o neomillenari esegeti), invitava esplicitamente a non accettare la distinzione tra una fabbrica di istruzione e una fabbrica di salsicce. Perché lo sfruttamento del lavoro consiste nel rapporto che si stabilisce tra imprenditore e lavoratore salariato, non nella mansione espletata (manuale o intellettuale o, come si pasticcia soprattutto in una certa Italia, “cognitivo”).
Questo breve report sul Marxism Festival è dunque stimolante per accenna a una complessità di temi e al problema fondamentale di “interpretare il mondo” con gli attrezzi della teoria marxia, che sono anche il nostro problema.

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Si è concluso oggi quello che nei prossimi mesi sarà probabilmente archiviato come il più partecipato appuntamento sul marxismo di questo 2013. Un evento realmente gigantesco ed impressionante, soprattutto se lo rapportiamo a quanto siamo soliti vedere alle nostre latitudini. Il Marxism festival, magistralmente e puntigliosamente organizzato dal britannico Socialist Workers Party (SWP), ha infatti permesso per cinque lunghi giorni a migliaia di attivisti, studiosi, appassionati e semplici curiosi di approfondire, discutere e spiegare quello che il sottotitolo dell’evento definiva “un mondo in agitazione”. Oltre 150 incontri di grande qualità teorica, organizzati in cinque sessioni giornaliere, dove il compito più difficile per lo spettatore era scegliere tra una pletora così vasta di eventi e studiosi: da Samir Amin a Alex Callinicos, da Gilbert Achcar a Paul Le Blanc. L’ambientazione scelta, e consentiteci di aggiungere che non poteva essere diversamente, è quella londinese. Città nella quale Karl Marx visse per un lungo periodo, soprattutto nella oggi super-turistica Soho, e dove è possibile visitare la sua tomba, sita sulle lussureggianti e bucoliche colline che dominano a Nord la metropoli, nello spettrale cimitero di Highgate. Ironia della sorte ha inoltre voluto che l’ultimo giaciglio del pensatore di Treviri fosse beffardamente sito proprio di fronte a quello di Herbert Spencer, noto paladino locale della vulgata anti-socialista. Tuttavia, non vi sono solamente ragioni di ordine storico per valutare rilevante la location scelta. L’evento infatti, svoltosi a pochi passi dalla centralissima Russell Square, nella left-oriented SOAS (Scuola di Studi Orientali ed Africani), suona come un ammonimento per i tanti sinistroidi di casa nostra, inestricabilmente legati ad una visione novecentesca del capitalismo.

Consentiteci al riguardo una rapida digressione.

Sono molte le cose ad impressionare quando si allungano i primi passi fuori da Victoria Station. Come sempre però, la maggior parte di noi riesce solamente a cogliere gli aspetti più superficiali della realtà. Al ritorno da una loro esperienza londinese, molti amici ci hanno parlato della frenesia individuale che regna in questa città, dell’efficienza dei suoi servizi pubblici, oppure della sbornia collettiva che immancabilmente accompagna ogni venerdì sera. Molti meno hanno colto qualche sfumatura più sottile. Nella città-simbolo della finanza europea e mondiale, dove oltre 300.000 persone lavorano nella City, dove tutto si può indossare senza incappare in sguardi ostili, non provate a cercare una tuta blu: potreste infatti perdere tutta la vostra preziosa giornata senza neanche riuscire nell’impresa. Proprio da questa apparente difficoltà della teoria marxista, ovvero spiegare il sostanziale benessere, per quanto stratificato, di una città che non produce direttamente valore, ha mosso le prime considerazioni Alex Callinicos nell’incontro Marx’s method in Capital, svoltosi nella tarda mattinata di sabato. Poggiando in gran parte sulle idee sviluppate anche da David Harvey, incentrate sulla convinzione che, per quanto la produzione di plusvalore si possa avere solamente all’interno di attività direttamente produttive la sua realizzazione possa avvenire anche altrove, lo studioso ed attivista del SWP ha fornito una breve ricostruzione diacronica delle tematiche affrontate da Marx nella sua opera più famosa. Fornendo la triade interpretativa produzione-circolazione-profitto per introdurre rispettivamente ad ognuno dei tre tomi che compongono il Capitale, Callinicos ha prima rigettato con forza la tesi che vorrebbe genuinamente marxiano solamente il primo libro, per poi fornire la dicotomia metodo empirico-empirismo. Marx infatti all’interno del Capitale utilizza un metodo strettamente empirico, nel tentativo di decriptare il modo di produzione capitalistico, ma si mantiene ben lontano dall’empirismo, ovvero da una semplice descrizione della realtà. Questa non assume mai forme assolutamente genuine e reali, ma neanche completamente fittizie. Marxianamente parlando è il feticismo. Una particolare forma di parziale astrazione dal reale che per essere interpretato richiede non solamente concetti, ma anche e soprattutto una critica di questi.

Lasciando Callinicos e tornando al nostro amico entusiasta per i servizi pubblici londinesi vediamo adesso come il suo sguardo colga semplicemente una parte rispetto al tutto. La frequenza, la velocità, la puntualità della metro di Londra non possono non sorprendere. Queste caratteristiche esistono realmente e possono essere oggettivamente provate. Tuttavia la Tube è anche, ed essenzialmente, lo strumento necessario per accedere ad un mercato di forza-lavoro gigantesco, consentendo rapidi spostamenti in una città sviluppatasi in ampiezza. La metro non migliora la vita ai londinesi.

Questi mediamente spendono più tempo di un fiorentino per recarsi a lavoro. Rende semplicemente possibile ad un lavoratore della City vivere in periferia. Detto altrimenti, mostra ancora una volta come il saggio di sfruttamento dei lavoratori nei Paesi capitalisticamente più avanzati sia maggiore rispetto a quello riscontrabile nei paesi più arretrati. Tale concetto, che non deve essere assolutamente confuso con la povertà assoluta e relativa, ma che risiede semplicemente nella quantità di plusvalore estratto dal lavoratore, può anche essere applicato al tempo di vita. Paradossalmente, ma solo per chi non è familiare con l’opera marxiana, minore dove tutto funziona alla perfezione. L’efficiente Tube contribuisce quindi a questa ulteriore schiavitù.

Arrivederci al prossimo Marxism Festival.

15/07/2013

da http://www.inventati.org/cortocircuito/

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