Il solito tentativo di costruire un “ponte” tra ciò che non è più rappresentato nell’arco politico del centrosinistra (lavoro, costituzione, rappresentanza, ecc) e quanti sperano di esserlo ha trovato ancora una volta il suo “contenitore” in Maurizio Landini e Stefano Rodotà, che chiamano a “difendere la Costituzione” dimenticando cosa hanno fin qui fatto i maggiorenti del centrosinistra e della Cgil.
L’opportuno richiamo alla serietà delle parole, in questo intervento di Giorgio Cremaschi per ROSS@.
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Mi rivolgo a tutti i promotori dell’appello per una mobilitazione a difesa della Costituzione, sperando di essere ascoltato.
La Via Maestra, come titola l’appello, ci propone un percorso che va subito illuminato dalla luce del rigore, per allontanare quelle ombre di incertezza e ambiguità che proprio nel nostro campo, come voi avete ben detto, sono sinora state corresponsabili del degrado della nostra democrazia.
È giusto scendere in piazza per provare a fermare la controriforma costituzionale con la quale lo schieramento delle larghe intese vuol cambiare le stesse regole che presidiano i cambiamenti costituzionali.
Cambiare le regole cambiando le stesse regole per cambiare è da sempre il motivo dominante del berlusconismo. È gravissimo quindi che si voglia scardinare l’articolo 138 della Costituzione, per di più da parte di una maggioranza parlamentare che oggi si divide sul ruolo di un pregiudicato per reati fiscali, al quale però si è chiesto di sostenere in ogni caso il governo.
Questo è già un attentato alle nostre libertà e ai nostri diritti E per questo è giusto manifestare, anche sui tetti di Montecitorio.
Ma l’appello va oltre, propone la costruzione di un nuovo spazio politico e qui bisogna proprio chiarire.
La ricerca di un nuovo spazio politico è qualcosa di più di una mobilitazione, vuol dire che si pensa che lo spazio attuale è coperto da altro, per capirci dal sistema PD-PDL. Vuol dire, come sosteniamo noi che siamo scesi in piazza contro Monti e ora vogliamo farlo contro Letta e le larghe intese, che si vuol rompere la gabbia che imprigiona la politica italiana tra due schieramenti che confliggono tantissimo, ma condividono le scelte di fondo.
La controriforma costituzionale non nasce oggi. E non nasce solo dalla destra berlusconiana, oggi impegnata a cercare di salvare il suo leader più di qualsiasi altra cosa.
Diciamo la verità: la controriforma costituzionale avanza anche nelle intenzioni e nelle opere del Partito Democratico e del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Se si mette in ombra questo dato di fatto si inciampa presto, quale che sia la via che si voglia percorrere.
Due sono i fattori che fanno sì che i principali esponenti politici ed istituzionali del centrosinistra siano attori della controriforma.
Il primo è il cosiddetto “vincolo europeo”. I trattati che impongono e regolano l’austerità liberista, il fiscal compact e tutti i patti ad esso connessi, sono un attentato permanente alla nostra Costituzione. Il pareggio di bilancio come obbligo costituzionale recepisce ed aggrava questi vincoli mettendo fuori legge, come ha detto il primo ministro britannico Cameron, il keynesismo.
Se si accettano e sostengono questi vincoli e trattati, come fanno PD e Napolitano, diventa inevitabile cambiare la Costituzione per adattarla a ciò che quei patti impongono. Se invece si vuol difendere la Costituzione quei patti vanno stracciati. In mezzo a queste due scelte non c’è nessuna terza via.
La seconda ragione sta invece tutta nella crisi italiana. Dall’epoca di Craxi rafforzare la governabilità, cioè il potere di chi comanda, è diventato il motivo fondante del confronto politico. Il sistema elettorale maggioritario, al posto di quello proporzionale voluto dai costituenti, ha progressivamente accentuato questa spinta.
Ora voi oggi giustamente denunciate i rischi autoritari del presidenzialismo o del premierato assoluto, che sono le due alternative su cui Pd e PDL stanno discutendo. Ma il percorso che porta a questi sbocchi è cominciato più di venti anni fa, quando si affermava come innovazione finalmente democratica la possibilità che i cittadini potessero eleggere il sindaco d’Italia. Che ora rischia di essere il suo podestà.
L’attuale attacco alla Costituzione viene da lontano, e riguarda sia la democrazia rappresentativa sia i diritti sociali.
Il parlamento è stato svuotato dai suoi poteri decisionali attraverso l’uso smodato dei decreti leggi omnibus, mentre il Patto di Stabilità e poi il Semestre Europeo e il Fiscal compact hanno trasferito nelle mani della troika europea le decisioni sulle politiche pubbliche.
I diritti sociali sono stati messi in discussione dalle leggi che hanno introdotto e legittimato la precarietà del lavoro, dalle privatizzazioni dei beni comuni, dallo smantellamento dello stato sociale, sanità e pensioni pubbliche in primo luogo, dalla aziendalizzazione della scuola e della università. E le leggi e le decisioni che hanno prodotto o agevolato tutto questo sono del centrosinistra come del centrodestra.
E d’altra parte forse che la violazione ripetuta dell’articolo 11, dall’Afghanistan al Kosovo, non è stata bipartisan?
E non è bipartisan oggi lo scempio del territorio e della democrazia che si sta facendo in Valle Susa, con la criminalizzazione di una lotta civile e popolare di valore straordinario, con l’accostamento vergognoso della protesta al terrorismo?
E la distruzione della democrazia sindacale, del diritto dei lavoratori a scegliere liberamente i propri rappresentanti avviene solo nella Fiat di quel Marchionne a lungo amato da tanto centrosinistra, oppure si legittima anche con la cosiddetta concertazione sindacale, il cui ultimo accordo il 31 maggio lega il diritto alla rappresentanza alla rinuncia allo sciopero?
Per questo impegnarsi a difendere la Costituzione dalle aggressioni delle controriforme liberiste e autoritarie, richiede verità nell’analisi per individuare avversari e sostenitori della Costituzione.
Sia ben chiaro, avete totalmente ragione quando affermate di non voler riproporre soluzioni abborracciate e per questo fallite, come l’Arcobaleno o Rivoluzione Civile. Ma questo non vuol dire rassegnarsi ad essere l’anima buona del centrosinistra.
Bisogna stare fuori e contro i due poli che han guidato il paese in questi venti anni. Con tutto ciò che ha portato alla crisi democratica attuale bisogna rompere, per costruire un’alternativa nella quale si collochi l’attuazione della Costituzione.
E bisogna unire le forze che lottano davvero contro l’austerità autoritaria e la sua costituzionalizzazione. Basta davvero con la politica del male minore che ci sta precipitando nei danni maggiori.
Sarebbe così un segnale positivo se la manifestazione che avete convocato il 12 ottobre dialogasse con le mobilitazioni che movimenti sociali e le forze del sindacalismo critico e di base intraprenderanno proprio a partire da quella data. Sarebbe un segnale positivo e nuovo se il 12 ottobre dialogasse con le mobilitazioni sui beni comuni, con le iniziative di sciopero del 18 ottobre, con la manifestazione nazionale del 19 ottobre dei movimenti e delle sinistre sindacali.
Sarebbe un segnale positivo e nuovo se radicalità civile e radicalità sociale si dessero la mano.
Sarebbe davvero un segnale positivo se tutte e tutti coloro che vogliono costruire uno spazio politico fuori e contro il sistema attuale, discutessero e si riconoscessero senza voler imporre egemonie o nuove scorciatoie mediatiche.
Spero sinceramente che queste mie riflessioni ricevano attenzione e magari anche risposta.
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