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Sollevazione e assedio. Per accorciare le distanze

L’idea di costruire una mobilitazione nazionale per il 19 ottobre prossimo nasce dentro le lotte per il diritto all’abitare, contro il consumo di suolo e le devastazioni ambientali. È un’esigenza che si manifesta soprattutto dentro il conflitto contro la rendita e contro la precarietà. Rappresenta le centinaia di effervescenze territoriali che si battono contro gli sfratti, il caro affitti e l’invasività dei signori del mattone, noncuranti di un’emergenza abitativa in continua crescita e solo interessati a fare ancora profitto con i processi di valorizzazione della terra.

I signori del cemento e le banche sono stati premiati da leggi e provvedimenti che continuano ad immaginare l’uscita dalla crisi dentro una logica sviluppista e devastante per i territori. Le grandi opere come i grandi eventi, il Tav, l’Expo, le Olimpiadi 2024, insieme con politiche abitative che cancellano l’edilizia residenziale pubblica e investono sulla truffa dell’housing sociale sono il trionfo osceno di chi non sa nemmeno concepire che uno spazio possa rimanere vuoto, libero, attraversabile e respirabile.

L’idea che un’area ha valore solo se sopra di essa si consuma un profitto è ciò che si sta affermando, a danno dell’esercizio di sovranità che ogni singolo abitante intende far prevalere.

In Val di Susa come a Niscemi, nella gestione dell’acqua come nella definizione dei “piani casa”, nella vendita del patrimonio pubblico come nella cancellazione di nuovi e vecchi diritti di cittadinanza, il valore di scambio diventa l’unico faro di riferimento e il valore d’uso sparisce e viene cancellato.
La precarizzazione della società sta tutta dentro questo paradigma. Il conflitto reddito contro rendita diventa insanabile e non offre nessuno spazio di mediazione.

O si cambia rotta, senza concepire nessuna riduzione del danno come via di fuga, o si accetta la catastrofe. L’assoluta consegna dei territori nelle mani di coloro che li concepiscono solo come strumenti utili a far cassa, siano essi amministratori, banchieri, costruttori, imprenditori.

Affermare il nostro diritto ad un “ius soli generalizzato”, che sviluppi quel contropotere necessario per sostenere le pratiche di riappropriazione di reddito e di spazi che sempre più con forza si stanno incrementando nei territori da nord a sud, è il senso della manifestazione di Roma del 19 ottobre prossimo venturo.

La sollevazione e l’assedio sono le armi non convenzionali che i movimenti e il sindacalismo conflittuale intendono usare, consapevoli che la simulazione del conflitto è lo strumento più inutile che oggi si possa mettere in campo.

Qualunque trattativa alla quale si intende alludere per il blocco generalizzato degli sfratti, contro l’uso dei soldi pubblici per un’opera devastante come il Tav invece che per scuole, case, presidi medici e per un reddito di base incondizionato, contro lo sfruttamento lavorativo, avversa alla militarizzazione del territorio come a Niscemi, per l’uso pubblico dell’acqua partirà dalla strada, dalle piazze che ci riprenderemo, dai presidi di lotta, dal sabotaggio e dall’occupazione di spazi e case. Non più un centimetro può essere lasciato a chi precarizza le nostre vite e devasta i nostri territori e le nostre città.

Per questo il 19 ottobre il tavolo è rovesciato. Questa mobilitazione avrà senso se sarà la messa in movimento dei territori che intendono accorciare le distanze con chi, chiuso dentro i palazzi di Roma, decide come usare i soldi pubblici, cosa costruire e a quale lobby dare ascolto.

Insieme migranti e No Tav, occupanti di case e inquilinato resistente, lavoratori e lavoratrici, precari e studenti, assedieremo i ministeri dell’Economia e delle Infrastrutture e la Cassa depositi e prestiti, decisi a non tornare a casa senza passaggi tangibili, materiali, concreti.

Non sarà una passeggiata ma nemmeno un parco giochi, la sollevazione è una cosa seria e così si rappresenterà. Andremo dove vogliamo andare, faremo ciò che abbiamo deciso di fare.

Ci vediamo in città!

dall’Huffington Post

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