Da quando un’opposizione sociale forte e anche violenta non esiste più, periodicamente alcuni populisti improvvisati provano a parlare di “fucili pronti”- L’aevva fatto il Bossi ante-ictus, ruspante guida suprema della Lega secessionista. Ci prova oggi anche Beppe Grillo, ululante guida suprema di un movimento senza progetto.
Per poter parlare di fucili senza essere arrestati, pare, bisogna essere guide supreme di movimenti comunque ben presenti in Parlamento, che accettano quindi fino in fondo il gioco (il processo elettorale) di cui paventano la fine. È il confine sottile, ma nemmeno poi tanto, tra l’azzardo politico che consente di fare scandalo senza spaventare nessuno, di attirare voti rabbiosi che non diventeranno mai braccia combattenti, di farsi insomma pubblicità in un contesto politico doroteo e sonnacchioso.
C’è una differenze comunque tra il Bossi di venti anni fa e il Grillo di oggi. Quello s’atteggiava a guerrigliero che restava pacifico soltanto per calcolo politico; Grillo si descrive come un pompiere del conflitto, l’ultima spiaggia prima dello scarrucolamento finale di un assetto sociale altamente instabile. La differenza dipende dal clima economico generale. Bossi strepitava in una situazione di discreto sviluppo, anche se si addensavano all’orizzonte le nubi dell’unione monetaria europea col suo carico di regole “intollerabili” per chi non aveva mai rispettata una (ricordate la “guerra delle quote latte”?), con la fine – per l’Italia, mica per il Giappone o gli Usa – delle “svalutazioni competitive” e della spesa pubblica sia clientelare che sociale (finora la prima ha resistito assai meglio della seconda, segno chiaro di quali interessi stiano difendendo le attuali forze politiche, tutte insieme). Le “sparate” di Bossi puntavano a recintare un campo di interessi “nordisti” e da “piccola impresa”, da contoterzisti della produzione tedesca o da “smanettoni produttivi” con l’orizzonte corto.
Grillo parla invece in piena crisi sistemica, col paese che effettivamente sta perdendo la propria capacità produttiva, maree di disoccupati che non trovano ancora una spinta e una forma organizzativa, una visione credibile di un futuro decente possibile.
L’eleco delle sue esternazioni di ieri pomeriggio, dopo l’incontro con Giorgio Napolitano, sono un campionario di frasi ad affetto senza un punto di caduta.
“I politici stanno chiusi nei palazzi a fare annunci e rinviare decisioni”. E intanto “la gente vuole prendere i fucili, i bastoni e sono io a dire proviamo ancora con la democrazia. Noi vogliamo buttare fuori i partiti con metodi democratici, però poi ci stuferemo”.
“Napolitano è diventato uno scudo, un parafulmine dei partiti che non sono capaci di fare scelte. Doveva e poteva dire no al secondo mandato”.
“Chi oggi è al governo del paese è responsabile dello sfacelo. Sono gli stessi che hanno distrutto l’economia. Il governo delle larghe intese è stato voluto fortemente dal capo dello Stato e tutela solo lo status quo e gli interessi di Silvio Berlusconi”.
“Dovreste vergognarvi (voi giornalisti, ndr) perchè parte dello sfacelo è colpa vostra. Se siamo un Paese semilibero è anche colpa della vostra informazione. Uno dei problemi maggiori dell’Italia è la stampa. La Rai. Siete complici del sistema. Ma siete i primi precari che pagherete questa situazione perché i vostri giornali e le vostre tv chiuderanno”.
“Il paese è in macerie è una pentola pronta a scoppiare. Occorrono misure urgenti e straordinarie pari a quelle di un’economia di guerra. Non si può aspettare oltre, neppure un giorno. Non abbiamo più tempo”.
“Ho detto a Napolitano che si deve abrogare l’attuale legge elettorale, che è incostituzionale. Gli ho chiesto di sciogliere le Camere e tornare al voto se necessario. E gli ho suggerito di andare in tv, a reti unificate, e dire la verità al Paese. L’autunno è vicino, e lì i problemi politici diventeranno sociali. Non c’è più tempo”.
“Il debito ci sta divorando. Possiamo rimanere nell’euro solo se ricontrattiamo le condizioni o attraverso gli eurobond che è una storia già vecchia o, in alternativa, con la ristrutturazione del debito pubblico”.
“Con questo Parlamento non si possono realizzare davvero dei cambiamenti e se le cose restano così noi usciremo, continueremo a lavorare fuori: nelle carceri, nei cantieri della Tav o davanti all’Ilva. Vogliamo portare il Parlamento dove serve perchè dentro i palazzi l’operato dei nostri eletti è snobbato”.
I temi centrali (euro, crisi, disoccupazione, legge elettorale, struttura istituzionale della democrazia) ci sono quai tutti. Espressi in forma confusa, ma ci sono.
È evidente anche lo “spirito pompieristico”, tipico di chi sa di non avere alcuna soluzione credibile all’altezza di questi problemi. Non può proporre l’uscita dall’euro, ma solo citarne i danni. Non può prendersela con l’ignobile imprenditoria italiana, in fuga dalla propria funzione economica e dal paese, perché vorrebbe invece rappresentarne gli umoti. Non può incitare alla rivolta, ma solo sperare di esser portato dall’onda di un sentiment ribellistico che si fermi però sul bordo della partecipazione popolare diretta. Un po’ come durante le votazioni per il nuovo presidente della Repubblica, quando in piazza Montecitorio qualcuno dalla folla provava a gridare “entriamo” (in Parlamento), ma gli stessi proponenti restavano ben fermi al di qua delle transenne.
Grillo oggi, come Bossi allora, esprime dunque la crisi dell’attuale sistema politico e il suo distacco dalla società nel suo complesso. Si candida a far da cerniera, con la vaga consapevolezza – qualcuno deve avergli spiegato che il fattore tempo ha una fottutissima importanza, in politica e nel sommovimento sociale – che questo suo ruolo “pacificatore” è giocabile fino a un certo punto. Se la crisi diventa davvero seria, e con il fiscal compact alle porte non può che diventarlo, non ci sarà più posto per i giullari in costume da arruffapopolo.
Il mondo di chi lavora o vorrebbe farlo per vivere merita qualcosa di meglio, non credete?
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carmine
Invece la sinistra “antagonista” ha le polveri asciutte.
Daniele
Tutto il “movimento” grillesco è una farsa, una pantomima di presunta democrazia verticistica senza arte nè parte, Grillo lo trovo fastidioso, quando non ridicolo veramente, prima finirà questa sciocca rappresentazione meglio sarà, potremo trovare più forze per costruire una vera alternativa comunista, come diceva De André “…ci fate solo perdere tempo”.