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Roma. Una piazza meticcia contro i furbetti con la bandierina italiana

Su una sola data, il 18 dicembre, si sono addensate molte considerazioni, aspettative ed inquietudini. A due mesi dalla sollevazione e dall’assedio del 18/19 ottobre, un’altra giornata romana piena di incognite, dove si muoveranno migliaia di persone che con diverse caratteristiche rappresentano una pancia del paese in evidente disagio.

Dopo l’estate numerose mobilitazioni hanno attraversato le città e i territori in un crescendo di tensione e rabbia diffusa. Un magma composito e fortemente meticcio sia culturalmente che socialmente sta spingendo sull’acceleratore di una vertenza spesso scomposta e rivoltosa. Comunque fortemente distante dai palazzi dove si amministrano soldi e potere.

Chiaramente il gioco è sempre quello: chi mette le mani su tutto ciò? I cosiddetti “forconi” sono diventati così molto utili, sia per agitare le acque sia per confonderle. E l’entrismo di Casapound e camerati vari completa il marasma. Tanta confusione sotto al cielo riesce a non mettere in difficoltà le controparti di governo, molto operose nel guardare benevolmente la contestazione generica e pronte ad elargire nuove piccole prebende utili a calmare le acque, mentre mostrano i muscoli di fronte a richieste precise e chiare con al centro la difesa del diritto alla casa e al reddito.

Questo meticciato che caratterizza le manifestazioni ci parla di nuovi soggetti come i migranti e di un ceto medio impoverito, dentro una miscela chiaramente esplosiva che già la piazza del 19 ottobre aveva evidenziato: la precarietà di vita che attraversa più generazioni, generata da una crisi destinata ad approfondirsi, sta producendo il consolidarsi di un contesto sociale dove le differenze si incontrano e preparano la rivolta, anche senza consapevolezza, piene della propria forza.

Questa potenza non può essere ingabbiata e deve avere libertà di movimento. Deve potersi esprimere dentro la rottura con le istituzioni garanti di uno stato sociale distrutto, che sta lasciando morti e feriti sul campo. Le forze politiche di governo e non, sono assolutamente inadeguate a rappresentare questo fermento ancora senza uno spazio organizzato definito. Le formule proposte da Berlusconi a Grillo, passando per Renzi, non sono utili a recuperare consensi ma si contendono una parte minoritaria del paese ancora garantito, mentre milioni di persone sono sull’orlo della catastrofe. Dentro una condizione drammatica molti possono provare a dire la loro e a rappresentare un punto di riferimento, usando vecchi arnesi come la bandiera italiana, il nazionalismo e lo spauracchio dell’immigrato di turno, compresa la demagogia populista del forcone.

Oggi a Roma si muove un corteo che nasce dentro il disagio sociale diffuso e che prosegue nella sollevazione iniziata ad ottobre, in un processo divenuto permanente e virale dove decine di migliaia di studenti, precari, disoccupati, lavoratori, uomini e donne di molti colori e tante lingue diverse reclamano il diritto alla casa, al reddito, allo studio, alla salute, all’accoglienza. Solidali tra loro dialogano ogni giorno con chi subisce sfratti, chi viene licenziato, chi subisce il ricatto di un lavoro precario, chi deve scegliere tra pagare l’affitto o iscriversi all’università e comprare i libri per studiare, chi deve vivere in casa con i propri genitori perché il mercato della casa è inaccessibile. Insieme dentro un presente dove le pratiche di riappropriazione e il rifiuto di un modello di sviluppo omicida sono convintamente sostenute.

Questa piazza meticcia è anche anticorpo contro l’impostazione “prima gli italiani” sostenuta da un mondo che recupera valori sepolti dalla storia e portatori di odio e divisioni inaccettabili. Per questo oggi il valore rappresentato dalle manifestazioni dentro la giornata di azione globale in difesa dei diritti dei migranti e dei rifugiati è enorme. Soprattutto a Roma dove si sono dati appuntamento i cosiddetti “forconi”.

Lo spazio pubblico aperto il 19 ottobre con l’acampada a Porta Pia ora deve assumersi la responsabilità di individuare la “rotta meticcia” e di predisporre la bussola e il calendario dei prossimi mesi. Il prezioso lavoro svolto nei territori, dentro le lotte e a stretto contatto con la pancia del paese, deve creare le condizioni affinché la sollevazione diventi esondazione e nel fiume che rompe gli argini, che non accetta limitazioni o barriere, trovi posto il meticciato sociale che sta dando numeri alle proteste di questi giorni. C’è già qualcosa che sta entrando in rotta di collisione con questo movimento ed è il vertice europeo sulla disoccupazione giovanile previsto ad aprile. Questo impatto sarà sostenibile solo se il disagio sociale saprà organizzarsi ed emanciparsi dalla demagogia dei furbetti della bandierina, italiana in questo caso.

* Blocchi Precari Metropolitani

(questo intervento è stato pubblicato anche su Huffington Post)

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