Io l’avevo amaramente predetto da molti anni. Non saranno le ridicole previsioni di aumento del traffico ferroviario di merci — smentite da tutte le realtà — a cancellare il TAV Torino-Lione. Non saranno nemmeno gli impatti ambientali assolutamente ingiustificati rispetto ai benefici. Non sarà neppure una gestione fallimentare di un progetto pessimo e pluridecennale, che ha finora prodotto montagne di carta ed un buco di prova di qualche centinaio di metri, a fermare questa costosissima, inutile farsa.
Nonostante i vari paladini del TAV, preoccupatissimi per il lauto affare che sta scappando loro dalle mani, e sul quale hanno basato la loro scommessa politica o economica, continuino a far la voce grossa, tentando di spostare l’attenzione sul dito che indica la Luna (il cosiddetto “ordine pubblico”) invece che sulla Luna stessa.
Le stentorea voce di Sergio Chiamparino, con elmetto giallo in testa, tesse le lodi del buco di prova di Chiomonte, uno scandalo di lentezza, inefficienza, militarizzazione, devastazione di un habitat naturale come la Val Clarea, costi, polveri che pervadono tutto e che iniziano a instillare dubbi anche nei più beceri. Il compitino SITAV, svolto con qualche riluttanza ben visibile negli occhi e nei toni, è costato al “Chiampa” un calo vertiginoso nei sondaggi in Piemonte nella sua corsa per diventare Presidente della Regione, che appare ora — dopo le trionfali previsioni iniziali — in forte bilico. Los pettro di Bresso che perse le elezioni per le alzate sprezzanti di sopracciglia contro i valsusini si aggira minaccioso. Ma se davvero, grazie al TAV, i piemontesi potessero evitare — dopo la signora Bresso — anche il signor Chiamparino, forse al TAV occorrerebbe ereggere davvero un monumento. E stavolta, fortunatamente, non c’è il pericolo di cadere nelle amorevoli mani del signor Cota, che — certo — ha fatto rimpiangere se alla presidenza della Regione fosse andato chiunque altro.
Il ministro Lupi, esemplare per la sua imparzialità di uomo di governo, scaverebbe lui stesso il buco con le mani, pur di non trovarsi a perdere la faccia.
Un architetto vicino alla settantina, tal Mario Virano, che ancora si fregia del titolo di “Presidente dell’Osservatorio sulla Torino — Lione”, dimostra altrettanta imparizialità “osservando” a gran voce che “Il TAV è irreversibile, indietro non si torna”.
Scene di giubilo, qualche settimana fa, nel Parlamento da parte del PD, alleato come sempre al PdL: viene approvato un trattato sul TAV coi francesi che reca all’Articolo 1 la dicitura “questo accordo non ha come oggetto di permettere l’avvio di lavori della parte comune italo-francese”. Ma i senatori PD esultano e fanno marameo, dicono “Il TAV è ora Legge!”: in modo non dissimile da quando, nel giugno 1944, viene approvato dal Consiglio dei Ministri della Repubblica Sociale Italiana l’entrata in vigore del Decreto Legge sulla socializzazione.
I giornali di regime continuano nell’opera di disinformazione, attirando abilmente l’attenzione sui fatti “notiziabili”.
Altre voci sono così parziali e scontate che non val neppur la pena di nominarle.
Matteo Renzi dice di non avere una particolare passione per quel TAV, ma visto che i predecessori tanto impegno ci hanno messo, cercherà di proseguire nell’avventura. A meno che qualcosa non gli dia il destro di uscirne senza perdere la faccia.
Sta succedendo ora. Sta iniziando inesorabilmente LA FINE DEL TAV. Ma non per tutti i validi motivi che ho elencato finora. Quello sarebbe successo in uno stato normale, con governanti decenti, e boiardi di stato decenti. Invece, qui, abbiamo dovuto aspettare che mancassero i soldi. Questo epilogo non dà troppa gioia: pensare che le cose dettate dal buon senso succedano NONOSTANTE l’impegno spasmodico dei nostri governanti e politici, non riempie certo di fiducia nel futuro.
Sono nel Comitato Scientifico di ProNatura Torino, ed ho ricevuto il Comunicato Stampa redatto dal nostro Presidente, Mario Cavargna, piccolo Maestro Ambientalista. Lo riporto qui e lo leggiamo insieme.
TAV Torino-Lione: la decisione dell’Unione Europea rende possibili altri usi per 450 milioni di euro già impegnati per il TAV nel Bilancio dell’anno 2015 dello Stato italiano.
Per i prossimi 7 anni l’Unione Europea darà all’Italia un finanziamento pari a meno della metà del precedente.
La decisione della Commissione Europea in data 5 marzo 2013, in merito agli accordi per il contributo finanziario alla linea TAV Torino-Lione, lungamente tenuta nascosta, e resa pubblica dal Movimento No TAV la scorsa settimana, scopre un vaso di Pandora.
1. I contributi futuri dell’Unione Europea per il periodo 2014–2020 (o 2022 considerando la proroga) ci sono ora anticipati dall’Annex to Multi-Annual Work Programme 2014 for financial assistance in the field of Connecting Europe Facility (CEF) – Transport sector for period 2014–2020”. Questo documento, che farà da base al bando europeo analogamente a quanto è stato fatto per quello del 2007, ne ripercorre molte parti ma introduce due varianti essenziali. Il “Total amount of financial support for Trans European transport network” (pag. 1–5) è di 11 miliardi di euro e il documento introduce il criterio innovativo della ripartizione tra i 28 Stati membri dell’Unione Europea, a seconda del numero di progetti presentati. Chi ha presentato 3 o 4 progetti (come l’Italia) potrà ricevere al massimo 616 milioni di euro per tutti e quattro i progetti presentati. Quindi, tenendo conto che la Torino-Lione e il previsto nuovo traforo del Brennero faranno la parte del leone, si può prevedere che per la linea Torino-Lione saranno disponibili al massimo 250 milioni di euro per il periodo 2014–2020 (oppure 2022)
cioè meno della metà di quel che non ha utilizzato nel periodo 2007–2013 (2015 con la proroga). In pratica avrà un contributo di soli circa 30 milioni all’anno.
Certamente non è con questi contributi che si può realizzare un progetto il cui costo a preventivo è di 20 miliardi di euro, soprattutto con le condizioni poste dal premier francese Hollande.
2. L’Unione Europea conferma il contributo massimo al 40% della spesa totale, ma su questo qualcuno in Italia ha equivocato. Nella realtà, fermo restando il contributo medio annuo di 30 milioni da parte dell’Unione Europea, se l’Italia spende per la Torino-Lione una media di 75 milioni l’anno su questa cifra avrà un contributo pari al 40%, cioè 30 milioni; ma se spende 100 o più milioni di euro, tutta la spesa che supera i 75 milioni sarà senza contributi.
3. Per quanto riguarda le somme stanziate, come è noto il Governo Monti nell’ottobre 2012 ha inserito nel bilancio dello Stato per la Torino-Lione, per il periodo 2013–2015, la somma di 790 milioni di euro. A giugno 2013 il Governo Letta aveva ridotto lo stanziamento di 96+143 milioni di euro, lasciando inalterata la cifra di 530 milioni di euro nel bilancio di previsione del 2015.
Ora la decisione dell’Unione Europea del 5 marzo 2013 stabilisce che per il 2015 possono essere spesi solo 227 milioni di euro in totale: tenendo conto che il contributo dell’Unione Europea è del 45% perchè si tratta di studi, la quota che resta a carico dell’Italia è quasi la metà del restante (150 milioni di euro). In pratica nel 2015 l’Italia avrà la possibilità di spendere solo 75 milioni di euro, a fronte dei 530 milioni di euro impegnati per quell’anno in base al vecchio accordo con l’Unione Europea. E’ assolutamente necessario che lo Stato italiano rifaccia i conti in base alla Decisione del 5 marzo 2013, assegnando ad ogni anno la somma che può effettivamente essere spesa e destinando a altri impieghi la somma rimanente.
4. Infine dal documento ora reso pubblico emergono i dati di un colossale insuccesso di LTF, reso ancor più attuale considerando che, su “La Stampa” del 14 maggio, Rettighieri, l’ex direttore dei lavori per la Torino-Lione e da poco nuovo direttore dei lavori della Expo 2015, compare sotto il titolo “Ce la faremo come per il cantiere TAV”.
L’accordo di finanziamento tra l’Unione Europea e l’Italia e la Francia prevedeva per i 7 anni 2007–2013 la spesa di 2 miliardi e 91 milioni di euro, con un contributo europeo di 671 milioni. Se non consideriamo la generosa proroga di due anni concessa dall’Unione Europea, dal documento della cui esistenza siamo venuti a conoscenza oltre un anno dopo (essendo sempre stato tenuto nascosto) apprendiamo che, al termine originario del 31 dicembre 2013,
nei 7 anni prescritti sono stati spesi circa 300 milioni di euro; quindi meno del 15% di quanto previsto. Il contributo dell’Unione Europea utilizzato è di soli 140 milioni di euro rispetto ai 671 milioni messi a disposizione dall’Europa.
Siamo in grado di fare delle valutazioni attendibili alla data prorogata al 31 dicembre 2015 sulla base della situazione al maggio 2014. La decurtazione del finanziamento a 395 milioni di euro, che emerge dalla predetta decisione del 5 marzo 2013, è sicuramente ancora inferiore a quanto sarà effettivamente al termine del periodo. Infatti, da un’analisi dettagliata, si può prevedere che nel periodo 2014–2015 le spese non supereranno i 200 milioni di euro. Quindi alla fine del 2015 il contributo europeo utilizzato sarà pari a 140 + 85 = 225 milioni di euro,
cioè circa 450 milioni di euro in meno rispetto a quanto concesso dall’Unione Europea con la decisione del 5 dicembre 2008. Una perdita del 66% dei fondi utilizzati rispetto a quelli originariamente assegnati.
5. Il documento del 5 marzo 2013, reso noto solo recentemente, dice anche che la galleria esplorativa scavata dalla discenderia di St Martin La Porte in direzione di quella di La Praz (attività 5, pag. 6 della Decisione) “in ogni caso non potrà superare i 3 chilometri”. Vengono quindi smentite le dichiarazioni fatte dal Commissario straordinario sul fatto che in Francia partirà una galleria di collegamento da St. Martin La Porte a La Praz di circa 10 chilometri, che costituirebbe di fatto l’inizio del tunnel di base.
Quindi i lavori della galleria di base della Torino-Lione non iniziano.
La va male.
Forse, nemmeno l’apporto decisivo di Primo Greganti, il compagno G. qui sotto ritratto lo scorso 29 marzo 2014 nelle prime file, in occasione del lancio della candidatura dell’ex sindaco, avrebbe potuto fare il miracolo. Adesso, poi, è finito di nuovo in galera.
Scandalo infuria
Il soldo manca
Convien sventolar bandiera bianca.
dal blog su ilmanifesto.it
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