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Post-democrazia, governabilità, rappresentanza

Compare, nelle pagine culturali di “Repubblica” un’ampia recensione di Giulio Azzolini riguardante quattro testi usciti recentemente sul tema della democrazia: Ilvo Diamanti, Democrazia Ibrida; Leonardo Morlino, Democrazia e mutamenti; Stefano Petrucciani, Democrazia e Nadia Urbinati, Democrazia sfigurata.

La recensione di Azzolini si apre con una citazione di Colin Crouch nel merito della “post-democrazia”: ed è questo, del post, il filo rosso che accompagna tutto il ragionamento di merito.

Siamo entrati, infatti, in una terza fase della democrazia: la prima fase era quella della democrazia dei partiti, capaci di ottenere un consenso di massa intorno alla propria ideologia; la seconda fase è stata quella della “democrazia del pubblico” con i leader che prevalgono sui partiti e il rapporto di fiducia personale tra il Capo e il pubblico della TV generalista scalza le ideologie. La terza fase è quella (definizione di Ilvo Diamanti) “ibrida” realizzata attraverso l’ingresso sulla scena di Internet che ha finito con il miscelare democrazia diretta e democrazia rappresentativa.

In base all’analisi di questi cambiamenti può prefigurarsi una deformazione della democrazia, nel senso di uno smarrimento dei tratti identitari, pur conservando intatte le forme della democrazia novecentesca.

Il risultato sarebbe quello di uno svuotamento di senso progressivo e di depotenziamento.

Si aprirebbero (anzi si sono già aperti) varchi per avventure autoritarie e per lo strapotere delle lobbie in quadro di tecnocrazia dominante retta attraverso l’idea (fagocitante) dell’uomo solo al comando.

Si verificherebbe, in sostanza, l’affermarsi di tre negative condizioni: quella tecnocratica, quella populista, quella plebiscitaria, riducendo la cittadinanza ad audience passiva del capo carismatico.

Si otterrebbe così il risultato di una sorta di riunificazione tra rappresentanza e governabilità in una sorta di “simbiosi” del potere con l’estinzione dei corpi intermedi tra la società e la politica.

Da dove partire, allora, per modificare questo tipo di pericolosa prospettiva?

Prima di tutto sarà necessario stabilire i punti sui quali attestare una vera e propria “resistenza”partendo dalla diffusione del dibattito culturale sul tema della democrazia.

I soggetti politici residui devono attrezzarsi per riprendere quella funzione pedagogica abbandonata il tempo della trasformazione del partito di  massa.

In secondo luogo va recuperato il concetto pieno di “partito”, quale “parte” che si occupa presentemente dell’interesse di ceti sociali ben precisi e, nello stesso tempo, offre al dibattito collettivo un’idea di una società alternativa, fondata sul recupero dei principi andati smarriti nel percorso tra democrazia del pubblico e democrazia ibrida.

Non si deve avere timore, a questo proposito. di rialzare anche qualche bandiera lasciata cadere nel fango dalla borghesia, purché si abbia saldo l’orizzonte che abbiamo davanti: in questo senso  dovrà verificarsi anche il recupero di un’ideologia che si contrapponga all’ideologia dominante dell’individualismo, del  corporativismo, del governo separato completamente dalle istanza sociali.

Agire in questo modo all’interno della società attuale potrebbe apparire uno sforzo inutile, circondati come siamo da un dominante “pensiero unico”.

Il nostro motto deve essere per davvero “Resistenza” avendo consapevolezza delle grandi difficoltà nelle quali ci troviamo: allora se “Resistenza” deve essere vale la pena di rimettere assieme una visione del futuro del mondo, una capacità di cogliere l’emergenza delle contraddizioni sociali, la strutturazione di una forma di intervento politico fondato essenzialmente sulla partecipazione e la militanza.Avendo occhio, in conclusione, a un risvolto di grande importanza come quello della legge elettorale, proponendo e sostenendo da subito una proposta di sistema  elettorale proporzionale che fornirebbe un primo risultato: quello di una presenza politico – istituzionale per una pluralità di opzioni e di sensibilità già in campo, ponendo così il tema del funzionamento dei consessi elettivi e la ripresa di un confronto aperto sul piano culturale e su quello politico.

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